di Annamaria Gregorio
Sarà Napoli, capitale del Sud, ad ospitare, domani 8 e giovedì 9 febbraio, il Convegno delle Chiese meridionali, presso la Stazione Marittima, location alquanto simbolica, di arrivi e partenze, dove confluiranno le diocesi della Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, come unico “approdo”, per poi ripartire insieme verso una stessa meta. Le Chiese del Sud si interrogheranno, stavolta, sul futuro dei giovani.
Memori di un’antica tradizione religiosa, i Vescovi hanno sempre fatto sentire la loro voce, nei confronti di uno Stato spesso noncurante della centenaria cultura sociale della Chiesa, iniziata nel lontano 1891, con il monito “Ciascuno faccia la sua parte” nella Rerum Novarum di Leone XIII.
Attraverso le varie epoche storiche, dal 1944 in poi, i Presuli hanno dato spunti e direttive su riforma agraria, lotta all’analfabetismo, bonifica delle terre malariche, scorporo del latifondo, affiancando man mano nuove istanze, incentrate sul ruolo di sostegno e di stimolo dello Stato in funzione dello sviluppo del Sud.
Emblematica rimane la lettera collettiva dell’episcopato meridionale, del 25 gennaio 1948, intitolata “I problemi del Mezzogiorno”, ricordata in vari anniversari, per rilanciare la questione meridionale.
Infatti, dopo circa quaranta anni, il primo documento organico della Cei per il Sud, intitolato “Chiesa italiana e Mezzogiorno. Sviluppo nella solidarietà” è del 18 ottobre 1989, sostenuto anche da papa Giovanni Paolo II, con una vibrante denuncia del fenomeno della criminalità organizzata.
«Il Paese non crescerà se non insieme», l’esortazione che ha accompagnato l’impegno di una Chiesa unita e lungimirante, dal Nord al Sud, soprattutto nella solidarietà tra le diverse zone della Penisola.
Nel 2010, la Cei ripete con “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno”, documento frutto dell’incontro di studio di Napoli, nel 2009, nel ventennale del primo documento.
Denuncia, difesa della legalità, tutela dei più deboli, riscontro positivo anche nei gesti tangibili dei progetti della CEI, con oltre 500 aziende, migliaia di posti di lavoro, creati dove prima c’era solo disoccupazione e rassegnazione, con gemellaggi tra Regioni del Nord e del Sud per il trasferimento del know-how necessario alle start up e con affidamento di beni confiscati alle mafie.
Un appello, che perdura ancora oggi, perché, sempre più convinti, si continui ad osare il coraggio della speranza!