A cura di don Andrea De Vico
“Ed ecco una voce che diceva: ‘Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo’ ”
Nel cuore dell’episodio della Trasfigurazione troviamo l’imperativo proveniente da una voce dal cielo, che ingiunge ai tre discepoli l’ascolto di Gesù. Ascoltare è “ob-audire”, cioè porgere l’orecchio, dare attenzione, obbedire. Gesù è stato il primo ad ascoltare la voce del Padre: ora è il Padre che chiede ai discepoli di Gesù il medesimo … riguardo verso di Lui. In ogni famiglia in cui c’è ordine e amore, c’è la legge dell’ascolto reciproco, un tendere l’orecchio alle parole dell’altro. La corrispondenza tra la parola detta e quella ascoltata ha il potere di “legare” le persone, la loro volontà, i destini, le risorse … non per nulla la nostra è una “religione della Parola” (religione viene da “re-ligare”, che vuol dire “legare”).
Nella Scrittura è detto: “Dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra vi fu mai cosa più grande di questa, che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco e sia rimasto vivo?” (Dt 4, 32-33) Esperienza terribile, quella di ascoltare la Parola di Dio! Gli ebrei avevano addirittura la paura di morirne. E noi, quando la domenica dopo una lettura sentiamo dire: “Parola di Dio”, come sono le nostre orecchie? Sentono di aver sentito qualcosa di grande, o ci abbiamo fatto l’abitudine, ci siamo assuefatti? Abbiamo colto una presenza, in queste parole? Ci sentiamo cambiati in qualcosa, o siamo sempre gli stessi, la Messa è piatta, sempre uguale? Non si tratta di una percezione mistica o sentimentale, ma della capacità di leggere la volontà del Padre, quella di conformarci a Gesù. Se Lui è il Figlio, dobbiamo diventare come Lui: figli!
Tutte le Scritture ci parlano di Lui. Certo, ci sono anche pagine terribili piene di violenza, di odi e imbrogli, eppure siamo invitati a leggere con l’atteggiamento del figlio in ascolto. A scuola insegnano ai giovani la “lettura critica” di un autore, di un testo, di un periodo storico, e va bene. Ma in questa pagina di Vangelo il Padre stesso, Dio, vuole che prestiamo un “ascolto filiale”, certamente più intenso e interessante di qualsiasi altro tipo di lettura.
L’ascolto attento di questa Parola è qualcosa di tremendamente serio perché cambia la vita, trasforma la persona, giunge al cuore della sua vocazione. Normalmente, noi pensiamo che per avere fede non dobbiamo avere dubbi, come se la fede fosse composta di un soggetto, un predicato e un complemento. In realtà la fede non è un’affermazione esatta, ma si esprime in un affidamento della persona. Si tratta di una Parola che ci spoglia di ogni sicurezza. Abramo ascolta, e parte. Dio parla, e Mosè comincia l’esodo.
Col Vangelo di oggi siamo giunti anche noi sul monte della Trasfigurazione: l’esperienza di Pietro, Giacomo e Giovanni, è solo un “assaggio” di ciò che siamo destinati a diventare. Essi ne avevano bisogno per superare gli eventi imminenti della passione, noi per attraversare le difficoltà di questa vita. Pietro voleva rimanere lì, in quell’estasi indescrivibile, ma Gesù lo scuote e gli ricorda l’urgenza di tornare a valle.
Così è di ogni esperienza mistica: uno sprazzo di luce che giunge nei momenti cruciali, giusto quanto basta per darci la forza di continuare. I segnali ci sono, ma nelle parole di Gesù sembra anche di sentire avvertimento: diffidate della mistica a oltranza, astenetevi dalla ricerca dei fenomeni soprannaturali senza fine.