Il Santuario “Santa Maria del Castello” in Formicola, che si erge a 355 metri sul livello del mare, è da tempo immemore luogo di culto e meta di pellegrinaggi da parte di fedeli non solo formicolani ma provenienti anche da paesi vicini.
Ieri pomeriggio, in concomitanza con la Domenica delle Palme, sono stati in tanti a ritrovarsi sull’eremo per assistere alla presentazione dell’opuscolo Il Santuario di Santa Maria del Castello, scritto da Carmine Aurilio, già sindaco del capoluogo del Monte Maggiore.
A presenziare l’evento, che ha visto una partecipazione notevole non solo di persone del posto, oltre all’autore del libricino, il vescovo Valentino Di Cerbo; il Rettore, padre Raffaele Caso insieme al diacono Giovanni Ruotolo; il sindaco di Formicola, Michele Scirocco; i membri del Comitato amministrativo; alcuni esponenti della sezione di Capua dell’UCAI, associazione sensibile alla valorizzazione dell’arte religiosa di Terra di Lavoro.
La cerimonia ha dato all’autore l’occasione per ricordare il recente atto di elevazione a Santuario diocesano della chiesetta formicolana, ad opera di Mons. Di Cerbo, permettendole così di diventare componente effettiva della Diocesi di Alife-Caiazzo.
I contenuti dell’opuscolo
Nella pagine del libricino è racchiusa la storia del Santuario di S. Maria a Castello, a partire dalle sue origini che sono avvolte nella leggenda. Dopo alcuni cenni semantici sulle nozioni di “folclore”, “leggenda”, “fiaba” e “Favola”, Carmine Aurilio si sofferma sulla Leggenda del lupo, tramandata di generazione in generazione, a cui sarebbe legata la fondazione della chiesetta originaria. La prima notizia ufficiale della sua esistenza è presente nelle Rationes decimarum Italiae dell’anno 1326, su indicazione di don Giuseppe Rocereto, una delle fonti principali prese in considerazione da Carmine Aurilio per la sua analisi.
Certo è che la costruzione della chiesa fu opera di monaci Verginiani, com’è suggerito dal ciclo degli affreschi che ricoprono la cappella e rievocano scene della vita di San Nicola. Gli affreschi costituiscono il fulcro della riflessione di Aurilio, di evidente mano cassinese e longobarda. All’interno dell’opuscolo sono presenti fotografie che ritraggono i vari affreschi della cappella ipogea, oggetto di un recente restauro, corredate da descrizioni che ne riprendono i particolari iconografici.