Home I Sentieri della Parola Tutto il Mistero Pasquale. Il senso vero oltre i riti

Tutto il Mistero Pasquale. Il senso vero oltre i riti

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A cura di don Andrea De Vico
Riflessione introduttiva al Triduo Pasquale (Gv 12, 16)

“I suoi discepoli al momento non compresero queste cose; ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che di lui erano state scritte queste cose e che a lui essi le avevano fatte”

I discepoli non compresero il senso degli ultimi eventi che riguardarono Gesù, e anche noi, dopo tanti anni che celebriamo la Pasqua e duemila anni di storia, ci troviamo nella stessa posizione di non-comprensione. Passando per un paese abruzzese, un imponente striscione annuncia la “passione vivente” da tenersi questo Sabato Santo 2017, a cura della Pro-Loco. Guarda questi che cosa si sono andati ad inventare: una “passione vivente”, come se potesse esistere una “passione morta”. Forse avranno coniato questo orribile neologismo in analogia al “presepe vivente” che ogni anno si fa a Natale per richiamare un po’ di gente in paese. Sono cose che si fanno in omaggio alla tradizione, ma che scivolano facilmente nel folclore o in un meccanismo da sagra paesana. E’ facile constatare che chi partecipa a questo tipo di manifestazioni ne esce talmente commosso che non sentirà neppure il bisogno a accostarsi alla “Passione Vera”, quella cui noi veniamo “ripresentati” nella Liturgia. Mi auguro che i parroci e i vescovi del posto avvertano questo slittamento di significato.

In realtà il cristiano non celebra una “passione vivente”, ma il “Mistero Pasquale”. Il cristiano viene battezzato col “sangue vivo” di Cristo, e questo accade la notte di Pasqua in forma misterica, senza apparati folcloristici o commerciali, senza stucchi né trucchi. Paradossalmente, anche la tradizionale “Via Crucis” che si fa per le strade del paese il Venerdi Santo può fare da schermo al Mistero Pasquale. Le persone si contentano di venire in massa per ripetere un rituale o ammirare una scenografia, per sentirsi parte di un insieme commosso, ma quando viene il momento di avvicinarsi al Cristo e di attraversare insieme a Lui il mare della morte, sono pochi quelli che si azzardano. In effetti la Liturgia è anche un azzardo: potresti parteciparvi ad occhi aperti, ma senza capire un gran che. Potresti presentarti con troppi preconcetti, preoccupazioni o pensieri passionali che annebbiano la percezione di quanto nel mistero accade. Il cristiano di oggi, anche preti e vescovi, assomigliano un po’ a quei discepoli che al momento non compresero la portata degli eventi, pur avendo avuto a che fare con Gesù in persona. Solo “dopo” essi ricordarono il senso di quella Settimana tenebrosa e magnifica.

Per gli antichi cristiani la Domenica era il primo giorno dopo il sabato, simbolo dell’ottavo giorno della Resurrezione, quindi di un “nuovo inizio”. Oggi la Domenica, “giorno del Signore”, si è ridotta a un banale “fine settimana”, e noi, seguendo un nostro istinto di evasione, pensiamo ai “ponti” e alle “vacanze”. Lavoriamo come matti per cose che non servono. Ci indebitiamo per fare una vacanza esotica, e poi torniamo a casa più vuoti e più stressati di prima. Viviamo un tempo fine a sé stesso, senza centro, pieno di caos, un tempo anonimo, infecondo, alienante.

C’è troppa gente a Gerusalemme, troppa gente in queste manifestazioni paesane, troppa gente in Chiesa. Organizziamo tante di quelle cose, ma c’è da chiedersi se cerchiamo veramente il Regno di Dio, o siamo spinti da ben altri moventi. Lo vedremo nel corso della Settimana Santa: siamo disposti a servire, come ci chiede il Signore? Se siamo presenti e bene attenti, la Liturgia ci darà di volta in volta le risposte che cerchiamo: perché vivere e faticare? che senso dare al nascere, soffrire e morire? cosa c’è da sperare? cosa rimane di noi? Se poi qualcuno ci tiene allo spettacolo di una “Passione vivente”, che vada in Siria o in Egitto, per vedere che cosa stanno passando i cristiani.

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