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Pasqua comincia ora!

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A cura di don Andrea De Vico
Anno A – Pasqua – Messa del Giorno (Gv 20, 1-9)

“Allora entrò anche l’altro discepolo, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso le Scritture, che cioè egli doveva risorgere dai morti”.

Il mondo dell’informazione e dell’alta cultura considerano la fede cristiana come un insieme di regole e precetti che riguardano la morale, la sessualità, il matrimonio, la famiglia, l’aborto, il divorzio, le coppie di fatto, l’ingegneria genetica, l’omosessualità, l’eutanasia e via dicendo. Nel mondo cattolico, una buona maggioranza di persone si accontenta di una vaga credenza in Dio: “io credo in Dio, e quando posso fare il bene lo faccio”. Tutto qui. La fede si riduce a una scialba autocertificazione di buona condotta che tra l’altro risulta inutile e fastidiosa per l’interlocutore stesso, perché non reca nessuna novità, nessun contributo nei rapporti.

Il Vangelo di Pasqua ci invita a ritrovare il vero fondamento della nostra fede: la Resurrezione di Cristo! Non un codice morale! Non un vago sentimento di bontà! Gesù di Nazareth, figlio di Maria, che al tramonto del venerdì è stato deposto dalla croce e sepolto nel giardino di Giuseppe di Arimatea, ha attraversato il mare della morte, ha lasciato vittorioso la tomba, ha aperto una nuova via tra terra e cielo. “Pasqua” significa appunto “passaggio” dalla morte alla vita, un po’ come gli ebrei di tredici secoli prima che erano “passati” dalla schiavitù alla libertà, grazie al “passaggio” del mar Rosso, capeggiati da Mosè. Se tutto questo non fosse successo, noi non saremmo qui.

L’alternativa alla Resurrezione? Materialismo e nichilismo, quella visione del mondo che si chiude sul mondo e ripiega sconsolata su di un tragico sentimento del nulla, approdo definitivo dell’esistenza umana. Effettivamente, se Cristo non fosse risorto, il nulla avrebbe il sopravvento su di noi, e noi non avremmo via di scampo.

E noi cattolici, dopo duemila anni di predicazione, ci crediamo veramente alla Resurrezione? Quando c’è un defunto da seppellire, o delle botte da sparare in aria per festeggiare un Santo protettore, le Chiese si riempiono, mentre ogni domenica che si celebra l’evento nudo e crudo della Resurrezione, senza tanti condimenti, quasi nessuno sembra volgere lo sguardo al Vivente dei viventi. Al punto che il Concilio Lateranense IV, nel 1215, dovette rassegnarsi ad inventare il cosiddetto “precetto pasquale”, per obbligare i tiepidi a confessarsi e a comunicarsi almeno una volta all’anno, dando origine alla ininfluente e insignificante categoria dei “cristiani pasqualini”.

Persino gli amici intimi di Gesù, pur avendo vissuto per tre anni gomito a gomito insieme a Lui, stentavano a credere, non avendo capito la sostanza del suo messaggio, che preconizzava un destino di morte e resurrezione! Maria Maddalena, avendo scoperto il sepolcro vuoto, corre dagli altri e dice: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!” Pietro e Giovanni corrono sul posto, constatano la mancanza del cadavere, vedono le bende stranamente poste in ordine, il sudario piegato a parte, e si mettono a fare congetture (nessuno che va rubando cadaveri lascia le cose a posto), perché “… non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè gli doveva risorgere dai morti”. La Maddalena, all’esterno del sepolcro, incontra Gesù, non lo riconosce, lo scambia per il camposantaro: “… se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hanno posto e io andrò a prenderlo”. Si vede che a quel tempo già esisteva un “racket del caro estinto”, che speculava sul dolore dei parenti. Nessuna meraviglia, dunque, se anche noi stentiamo a credere …

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