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Piedimonte Matese. Ricordando il Maestro Vincenzo Raccio

Lo scorso 31 marzo si è spento un misconosciuto Artista che per anni ha operato, con umiltà e talento, a Piedimonte Matese e dintorni. Uomo religioso e generoso, offriva la sua Arte senza chiedere tornaconto

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Il talento artistico, oltre ad emergere in scuole ed accademie, spesso fiorisce negli spazi più raccolti e riservati di un quartiere, come quelli in cui abitiamo. E’ in un contesto simile che si è conclusa, lo scorso 31 marzo, l’esperienza umana ed artistica di Vincenzo Raccio, pittore autodidatta misconosciuto, ma assai apprezzato a Piedimonte Matese, dove era nato e vissuto. Fedeli custodi della memoria di Mastr Vicienz (come in tantissimi lo chiamavano affettuosamente), restano la moglie Gabriella, la figlia Raffaella ed anche Don Domenico La Cerra, Parroco della Comunità di Ave Gratia Plena dal 1982 al 2002.
E’ la figlia ad iniziare un racconto lungo una vita, parlando dell’infanzia del padre “Aveva cominciato da piccolo, da solo. La prima volta che andò in treno a Napoli, lo fece per andare a comprare pennelli e pittura. Cominciò a dipingere abbellendo la sua casa natale. E nei suoi disegni, era capace di riprodurre qualsiasi cosa all’istante. Non aveva fatto nessuna scuola: si nasce così, non ci si diventa”.

Incredulità di Tommaso. Copia dell’originale, opera di Caravaggio

Mastr Vicienz e l’Arte sacra. La pittura di Vincenzo Raccio spaziava dal paesaggio alle riproduzioni di opere pregevoli, passando per le nature morte ed eccellendo nell’Arte sacra al punto tale, che quando nel 1999 vennero rubate le tele della Cappella di Madonna delle Grazie a Piedimonte, fu lui a riprodurle fedelmente. Racconta la moglie Gabriella “Quando Don Domenico (Parroco di Ave Gratia Plena dal 1982 al 2002) vide l’immagine che Vincenzo aveva riprodotto, rimase incantato perché non se l’aspettava così bella; successivamente eseguì gli altri due quadri (S.Francesco e S.Caterina), completando l’opera. Per quella immagine della Madonna lui donò anche una cornice, che gli era stata precedentemente regalata. Avrebbe dovuto dipingerci dentro qualcosa da tenere in casa. Mentre decidevamo il contenuto, successe il furto alla Cappella, lui eseguì la Madonna ma non mi accorsi che l’aveva messa in quella cornice. E quando gli chiesi che fine essa avesse fatto, lui mi rispose ‘Chesta è rà Maronna (‘Questa cornice appartiene alla Madonna’)!’ – ed esclama orgogliosa – Vincenzo era sorprendente, era una continua sorpresa.

repliche dei dipinti trafugati a Madonna delle Grazie in Piedimonte Matese

Qualche anno fa, l’Associazione degli Amici del Catozzo espresse il desiderio di donare un quadro di S.Antonio abate alla Chiesa omonima, lui accettò immediatamente la proposta, coinvolgendo anche me nella ricerca di un santino da cui ricavare l’immagine, che in poco tempo fu realizzata, benedetta e posta nella cappella, dove ancora la si può ammirare”. Ma il talento andava ben oltre la pittura. Gabriella aggiunge “Quando ci fu il restauro della vicina chiesa di San Filippo con la posa in opera delle maioliche del cupolino, Vincenzo era a letto, convalescente per un intervento chirurgico, ma poteva osservare i lavori dalla finestra. E si rendeva conto che gli operai non riuscivano nell’intento di posizionare le piastrelle, al punto che gli chiedevano di intervenire, mentre io cercavo di dissuaderlo. Per farla breve, ebbe la forza di rialzarsi ed andare sui ponteggi dove, sorretto dagli operai, mostrò loro cosa fare. Un lavoro simile lo aveva realizzato nei decenni precedenti, sia durante la posa dei Misteri del Rosario maiolicati lungo le strade di Piedimonte (a ricordo del Centenario dell’Incoronazione dell’Immacolata), sia durante i restauri della cupola e dei cornicioni della Chiesa delle Benedettine, grazie alla lunga collaborazione che ebbe con Suor Luigia Pacelli, per cui realizzò diverse opere di pittura e restauro”. Qui, si inserisce la breve e concisa testimonianza di Don Domenico La Cerra “Per Alife ha dipinto un ostensorio su tela, da esporre per le Quarantore, sul fac-simile che aveva dipinto per le suore Benedettine: lo promise e lo eseguì. E qui va ricordata non solo la disponibilità ma direi anche la collaborazione esplicita, specie quando ci furono i restauri in Ave Gratia Plena”.

Umiltà e Fede. Fin qui il racconto essenziale della esperienza artistica di Vincenzo Raccio, che sarebbe incompleto senza menzionarne l’esperienza umana e spirituale, vissuta all’insegna dell’umiltà. Racconta la moglie “Una volta, realizzò un’immagine della nostra Immacolata, con la città di Piedimonte ai piedi; era perfetta, ma lui la portò ad un suo amico architetto, Raffaele Grillo, chiedendogli di completarla con qualche altra pennellata; quest’ultimo gli rispose ‘Vincè, ma dove devo metterla, sta pennellata?’

Sant’Antonio Abate, nella omonima Cappella a Piedimonte Matese

E da persona generosa quale era, non voleva che i suoi quadri venissero pagati anzi, spessissimo li donava”. Ancora, la figlia puntualizza “Con i quadri che ha dipinto avrebbe potuto fare una fortuna, ma preferiva regalarli piuttosto che venderli. Ed era un uomo di parola: manteneva sempre quello che prometteva. Ciò che dipingeva, specialmente per le chiese, lo realizzava perché ci teneva, perché amava le cose belle e desiderava che esse, come le tradizioni, rimanessero nel tempo”. A testimonianza di questa tenacia, Gabriella dice “A Dragoni e perfino in provincia di Roma ha lasciato opere sue. In casa abbiamo addirittura una delle sue scenografie presepiali, perché anche quelle era in grado di preparare. Non temeva le sfide e non si fermava davanti alle difficoltà: quando non poteva procurarsi i colori, se li preparava da sé – e conclude – le immagini sacre che dipingeva, le considerava tali anche quando era stato lui a realizzarle. Pregava sempre, ma negli ultimi mesi, pregava costantemente, rivolto ad un’immagine del Crocifisso che lui aveva riprodotto.”

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