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Antropos. La difficoltà dell’essere genitori

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genitori famigliaC’è stato un tempo in cui in famiglia bastava che un genitore alzasse la voce verso i figli per far calare un silenzio pieno di paura e rispetto, così pure a scuola quando gli insegnati entravano in classe ed i ragazzi si ammutolivano. Questo tempo non è più il nostro. Non basta più alzare la voce. I genitori spesso mi chiedono: ”Perché i miei figli chiassosi e disordinati non mi rispettano?”

Il nostro è un tempo in cui è molto difficile fare il genitore. Sigmund Freud aveva già sospettato ciò, e affermò che fare genitori è un mestiere impossibile, anzi i migliori genitori sono quelli consapevoli di essere impossibilitati ad essere dei bravi genitori. La ragione è che attualmente, da almeno 15 anni, fuori dalla famiglia è saltata completamente la dimensione etica e virtuosa del limite. Perché la società contemporanea è senza limiti, è esasperatamente capitalista, è massificante, è l’amplificazione tumultuosa e perniciosa dell’auto affermazione di sé che passa per il possesso delle cose. Tutto naviga nella dimensione del “perché no?” , “perché privarmi di quella cosa se è possibile ottenerla, con le buone o con le cattive maniere?”, “Perché non godere di tutto?”, “Chi me lo vieta?”, “ Tutto è possibile! “.

Questo delirio disordinato trasferito nel sistema familiare genera angoscia e inadeguatezza nei genitori. Negli ultimi 20 anni ci sono due angosce nuove nei cari genitori, la prima è che padri e madri oggi non sono sicuri di essere amati dai figli a differenza dell’angoscia dei figli di qualche decennio fa in cui l’interrogativo era ribaltato, e cioè erano i figli che si chiedevano “ma i miei genitori mi amano?”.

Oggi le domande sono invece “mio figlio mi ama?”, “sono un buon genitore agli occhi dei miei figli?”. Interrogativi impossibili da registrare nelle famiglie di 20/30 anni addietro, per non dire in quelle precedenti ancora.

La difficoltà di farsi odiare momentaneamente nella sopportazione dell’ostilità con un figlio è un parametro presente oggi nella dimensione genitoriale. Il genitore che vuole essere a tutti costi amabile fa fatica a resistere nella dimensione del conflitto, che seppur complicato, è essenziale. Questo atteggiamento è mosso dalla distruzione della differenza generazionale, perché oggi tra adulti e minori non c’è più tanta differenza: si vestono e vivono come i loro figli, parlano come i figli, ed i figli come i padri e le figlie come le madri e  le nonne come le nipoti. Mangiano le stesse cose, vanno negli stessi pub, frequentano Mc Donald’s (apoteosi del disordine alimentare contemporaneo), vanno nelle stesse discoteche. Padri che hanno relazioni con post-adolescenti, e madri che vestite da adolescenti frequentano coetanei dei loro figli. Tutti amici di tutti, tutti uguali a tutti! L’autorità simbolica generazionale è svanita.

La seconda angoscia è che non si sopporta che un figlio possa incontrare ostacoli nella sua vita. Ciò si evidenzia nella scuola, dove gli studenti sono dei narcisisti esasperati in cui non si tollera il giudizio negativo degli insegnati e subito si querela. C’è il sospetto dell’autorità, ed i genitori si alleano con i figli contro la scuola. Non si lascia il tempo ai figli di sbagliare. E gli insegnati sono soli, senza dimenticare che anche gli insegnanti sono genitori!

I figli di oggi sono robotizzati, senza anima, senza virtù, senza rispetto. Figli digitali, figli elettronici. Non c’è pausa, non c’è riflessione, i figli sono sempre connessi a qualcosa. Ad internet, alle attività extra-didattiche, ai social group, mai soli con se stessi, mai con un libro, mai in pausa di riflessione. Mai! Non c’è tempo! Ma è un diritto disconnettersi, anche mettersi in pausa è un po’ “mettersi in moto”, per ripartire con idee nuove, calibrate, oculate e soprattutto pensate.

Cominciamo noi genitori a fermarci, almeno noi, cominciamo a pensarci in modo diverso affinché  i nostri figli, quando noi non ci saremo più non siano smarriti chissà dove, chissà con chi. Sappiano invece portare in se stessi un ricordo sempre vivo di “papà” e “mamma” che “mi hanno trasmesso la voglia di vivere desiderando di entrare in contatto con i miei limiti e trovando ai miei confini il sorgere delle mie risorse, delle mie possibilità e soprattutto della mia unicità” come uomo o come donna.

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