Quel che da qualche giorno sta accadendo ad Alife e precisamente nel cimitero (ritrovamenti di decine di salme sia integre sia sezionate, risalenti a decessi di diversi anni fa) sta sconcertando l’opinione pubblica matesina tanto da amplificare la macabra attrazione verso questa notizia che addirittura su Clarus online ha avuto quasi cinquemila visualizzazioni, di gran lunga superiore alla media delle visualizzazioni di altre notizie.
Ci si chiede dunque il perché di cotanto interesse e nello stesso tempo di tanto anomalo coraggio nel ricercare indiscrezioni, immagini, nomi e cause quasi come se si trattasse del rinvenimento di preziosi reperti archeologici, ai quali Alife è anche ben abituata, o di antiche mummie egizie di faraoni di tremila anni fa. Sono semplicemente corpi o parti di essi. Corpi inanimati. Materia inorganica. Punto. Dunque di per sé e per un contesto sociale puramente cristiano che trova nell’immortalità dell’anima l’alternativa possibile alla morte del corpo, non dovrebbe creare poi tanta meraviglia e interesse. Ed invece no.
Cosa è che attira oltre lo scalpore messo in moto da questa oggettiva irrispettosità civile, sanitaria e religiosa? Sarà forse una macabra curiosità sostenuta dall’attaccamento alla vita che consente di esorcizzare attraverso la visione di corpi senza vita la paura della morte? Vederli lì inanimati da un lato allontana l’idea di morte rendendola qualcosa di visibile e controllabile, dall’altro ci scaraventa a terra facendoci vedere che cosa diventiamo e quanto è inutile in fin dei conti in vita accentuare oltre misura l’attenzione al corpo come emblema dell’apparenza che confligge con l’essenza di una persona.
Aggiungerei anche come fattore determinate la consuetudine con la quale ogni giorno entriamo in contatto attraverso i media con immagini cruente: il terrorismo islamico, la guerra in parti diverse del mondo, i disastri naturali, i naufragi nel mediterraneo etc..etc… Ma anche moltissime serie tv che hanno grandissimo seguito come CSI, Hawaii Five 0, Grey’s Anathomy, Criminal Minds, N-CIS e altri ancora per non parlare dei canali tematici sul digitale terrestre come TV Crime o Giallo in cui si parla e si osservano 24 ore su 24 ore scene di delitti, assassini, serial killer, morti etc… per concludere poi con le trasmissioni di approfondimento criminologico tipo Quarto Grado su rete4. E mi fermo qui ma davvero potrei continuare per pagine.
La visione dei morti non fa paura perché è diventata un’abitudine. Anzi, statistiche dimostrano come sia preoccupante la percentuale di utenti che operano ricerche su Google e YouTube di immagini di corpi morti di uomini e di animali. Insomma morte per tutti i gusti. Si è generato negli ultimi anni il trend dei cadaveri, che appaiono in forma di teschi e scheletri sulle magliette dei teenager, nei portachiavi, scarpe, jeans ma anche diari scolastici, zaini e cartelline. Siamo contaminati da immagini di cadaveri e , ciò che succede ad Alife in relazione al numero incredibile di letture dell’articolo su ritrovamento macabro nel cimitero, realizza quanto appena detto. Come oggetti di cui ognuno deve averne una copia o vederne almeno il contenuto,deve sapere come sono fatti, come suppellettili da collezionare, come immagini da in quadrare e detenere per se, la maggior parte del popolo vuole avere una tracciabilità necrofila, perché il cadavere fa trend, fa moda. Anziché interessarsi ai vivi si interessano più ai morti. Un paradosso assurdo.
Vorrei comunque specificare che in tutto questo affollato mondo di corpi cadaverici non si è smarrita invece la paura della morte, la quale sempre incute timore e non sarà mai mentalizzata dall’essere umano. Perché se fosse accettata, introiettata nella nostra psiche nessuno avrebbe bisogno di vederla quotidianamente raffigurata, non avremo bisogno di guardarla da distanza e illusoriamente controllarla. Perché in fondo ciò che è ignoto spaventa sempre ed allora l’uomo abitualmente è portato ad antropomorfizzare ciò che non può essere mai in grado di controllare rendendolo qualcosa di altro più consono alle sue potenzialità cognitive. E ciò succede sempre quando ciò che ci sfugge, il nostro corpo in primis che inevitabilmente va avanti per conto suo che noi lo vogliamo o no, esigiamo sia rinchiudibile in un concetto o in una categoria e quando ciò che ci sfugge non è controllabile che proiettiamo all’esterno in divinità o in entità maligne ciò che in realtà abita dentro di noi ma non accettiamo, la morte senza dubbio è tra queste. Cadavericamente parlando è così.