Home Chiesa e Diocesi “Arturo Aiello, cittadino di Avellino”. L’ingresso del nuovo Vescovo nella Diocesi irpina

“Arturo Aiello, cittadino di Avellino”. L’ingresso del nuovo Vescovo nella Diocesi irpina

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Queste le prime parole del Vescovo salutando la piazza dal balcone dell’episcopio del capoluogo irpino nel giorno del suo ingresso nella nuova Diocesi dopo 11 anni di episcopato al servizio della diocesi di Teano-Calvi. La risposta si è dispiegata in un caloroso applauso e un saluto di gioia dai fedeli e dai sacerdoti  presenti.
Accanto al pastore il sindaco della Città Paolo Foti e il parroco del Duomo Mons. Vincenzo De Stefano.

In Piazza Libertà
Parole di benvenuto da parte del primo cittadino e l’invito ad operare insieme per il bene comune “serviamo gli stessi obiettivi, serviamo l’uomo, nel rispetto dei ruoli e delle istituzioni”.
Il riferimento poi al santo patrono di Avellino, San Modestino, amato dal popolo per lo spirito accogliente e docile, lo stile che caratterizza la gente irpina che al suo nuovo pastore non farà mancare vicinanza. Un appello, da parte di Foti a guardare ai giovani, vinti dalla disoccupazione: “Tanti giovani e meno giovani quotidianamente varcano la soglia degli uffici comunali in cerca di aiuto e purtroppo non sempre questo aiuto può giungere o riesce a lenire i bisogni di questi nostri concittadini che prima ancora che tali sono nostri fratelli in Cristo, perciò Ecc.zza Rev.ma prima ancora che da sindaco di questa Città, da padre, mi addolora immensamente. Noi, come amministrazione comunale cerchiamo di mettercela tutta (…) per alleviare i nostri fratelli: in ciò abbiamo quale grande alleata la Caritas diocesana e la mensa dei poveri che porta il nome di un suo illustre predecessore, tanto caro al nostro cuore, Mons. Antonio Forte. Queste notevoli e lodevoli opere della Chiesa locale, tenute in vita da tanti volontari, costituiscono, e con orgoglio lo affermo, la parte più nobile della nostra Avellino“.
Dal balcone della casa vescovile la prima benedizione alla città, risposta affettuosa del Pastore dopo le parole di gratitudine e di speranza per il cammino da compiere per i prossimi anni auspicati dal Sindaco.

In Duomo
I fedeli si sono portati in Duomo per la celebrazione: tanta la folla distribuita tra la chiesa e la piazza, numerose le autorità civili e militari, le associazioni ecclesiali, quelle di volontariato, gli operatori della comunicazione. E poi alcuni tra i vescovi della Campania, il Cardinale Crescenzio Sepe che ha assistito alla cerimonia con Mons. Vito Pinto e Vito Todisco della Rota Romana.
Riti antichi prima della celebrazione: il saluto del vicario, la lettura della bolla di nomina a firma di Papa Francesco con la nomina di Mons. Aiello a vescovo di Avellino; poi il momento più atteso la consegna del pastorale da parte del vescovo Metropolita di Benevento Felice Accrocca: segno della responsabilità alla guida del popolo di Dio. L’ultimo gesto del rituale, il portarsi del vescovo Aiello verso la cattedra per sedersi e assumere in toto, davanti ai fedeli e ai vescovi concelebranti il ruolo di Vescovo della Chiesa irpina.
Dio attraverso la mia povera persona viene a dirvi che ha cura di voi“, così Aiello nella sua omelia.
Al commento della Sacra scrittura ha integrato i ricordi di sacerdote, l’esperienza di Pastore, l’esempio dei predecessori: Mons. Francesco Marino trasferito pochi mesi fa da Avellino a Nola, ricordando con lui la storica amicizia; Mons. Antonio Forte suo padre spirituale; Mons. Raffaele Pellecchia vescovo della diocesi di origine di Aiello – Sorrento-Castellammare – ai tempi della sua giovinezza: per ciascuno di essi un pensiero particolare di affettuosa riconoscenza “ve li cito – ha spiegato – per ricordarvi che siamo dentro la Storia”.
Nel commento al Vangelo incentrato sulle figure femminili dell’emorroissa e della bambina morta (“Talità kum”) Aiello ha chiesto ai suoi nuovi sacerdoti di essere come Gesù, capaci cioè di intercettare il bisogno dell’uomo: “Se non intercettiamo la vita, stiamo fallendo (…). Noi, la vita la intercettiamo? La vediamo? (…) Quante volte abbiamo il futuro tra le mani e corriamo il rischio che ci sfugga…”, da qui ancora una sollecitazione ai presbiteri di fronte al rischio di “arrivare già stanchi sull’altare”, senza la forza di essere per le comunità senza passione, senza emozione.

“Stiamo a fare le nostre liturgie ma il Signore vuole che andiamo incontro alla gente, che tocchiamo e ci lasciamo toccare dai problemi della gente che talvolta purtroppo non ci interrogano”.

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