Nota a tutti come “chiesa nuova”, quella di Santa Maria della Grazie, sede parrocchiale, ha subito a San Gregorio Matese un radicale rifacimento rispetto all’architettura interna che la caratterizzava per uno stile moderno: l’intero spazio e gli elementi caratterizzanti l’aula liturgica come altare, statue, tabernacolo era arricchito di numerose simbologie cristiane, spesso oggetto di discussione sull’effettivo valore liturgico-simbolico.
Edificata dopo il 1965, ha spesso diviso la comunità e i pareri, più in generale per l’estetica, stridente con gli stili “forzati” che conteneva e in disaccordo armonico con la natura antica del borgo di San Gregorio Matese, paese collocato sulle pendici del Matese a quasi 800 metri di altezza, cui rende onore invece l’antica chiesa di Santa Maria delle Grazie sita nel cuore del centro storico.
Domenica 9 luglio, alle 19.00, durante la celebrazione, il vescovo Mons. Valentino Di Cerbo benedirà il nuovo altare e la comunità riavrà la sua chiesa, recuperata al suo vero valore di luogo di preghiera e raccoglimento.
Unitamente, la comunità di San Gregorio e il parroco don Angelo Salerno hanno sostenuto le spese di rifacimento dell’ambiente interno: pavimentazione, acquisto dei banchi, tinteggiatura a cui si sino dedicati con maestria ditte locali con il supporto dei residenti che hanno prestato il loro spontaneo e gratuito contributo per fare più bella e accogliente la chiesa parrocchiale.
Al termine della celebrazione, come per tutte le importanti feste di famiglia, presso l’oratorio Sancti Gregorii ci sarà un momento di convivialità aperto a tutti.
Non c’era bisogno di cambiare era bella così come era,solo i banchi andavano cambiati chiunque si fermava in quella chiesa era rapito dalla sua bellezza e modernità raccoglieva il passato,presente,e futuro chi la richiesta è una persona di cultura
Sono orgogliosa dei miei compaesani che come sempre, quando si tratta di contribuire per il bene comune, si fanno in quattro fino ai limiti delle possibilità. Ringrazio anche don Angelo Salerno per il lavoro che ha svolto sin dai primissimi anni di sacerdozio nella nostra comunità.
Tuttavia non posso non replicare a questo articolo forse un po’ troppo approssimativo, soprattutto per ciò che riguarda la struttura dell’edificio precedente. Non concordo infatti sull’ “estetica stridente con gli stili forzati” né sulle “numerose simbologie cristiane, spesso oggetto di discussione sull’effettivo valore liturgico-simbolico”.
Una chiesa fatta di mattoni, con le vetrate istoriate, il “cesto” ricolmo di pani, realizzato in bronzo fuso a cera persa, non lo definirei “stile forzato”. E se con “simbologie cristiane spesso oggetto di discussione” si fa riferimento all’altorilievo posto alle spalle dell’altare (peraltro solo ripulito e rimasto lì dov’era), beh quella non è altro che la rappresentazione di Gesù sulla via di Emmaus (Lc 24, 13-35), uno degli elementi artistici più significativi a livello locale.
Senza alcun dubbio la struttura della Chiesa ha diviso la comunità. Ma stiamo parlando degli anni ’60, e credo che in quegli anni era più che comprensibile. Oggi l’edificio è parte integrante dell’assetto urbano e, anzi, non credo sia possibile per gli abitanti del posto, provare solo ad immaginare di non scorgere l’imponente campanile in lontananza.
Il “suo vero valore di luogo di preghiera e raccoglimento” ce l’ha sempre avuto la chiesa nuova Santa Maria delle Grazie. Peccato che troppo spesso, nonostante l’evolversi della società, sia stata fraintesa e non approfondita. Per ulteriori letture in merito, e prima di ogni ulteriore articolo, consiglio di rivolgersi al precedente parroco, Mons. Marcello Caravella, che ha scritto in merito numerosi articoli chiarificatori, riportando minuziosamente tutte le scelte architettoniche fatte, in relazione anche e soprattutto ai canoni del Concilio Vaticano II dal quale ha tratto spunto.
Il commento di Silvana e’ cosi’ chiaro e ben scritto che non è necessario aggiungere altro. La chiarezza del progetto architettonico che ha condotto alla realizzazione della chiesa negli anni ’60 era talmente palese e sapientemente manifestato, insieme ad accurate scelte dei dettagli, da non lasciare campo alle interpretazioni e ai fraintendimenti. Non aveva lasciato nulla al caso. Un successo per la società di un piccolo paese di montagna che a fatica usciva dal dopoguerra.
Mi permetto solo di segnalare che lo stato di degrado in cui versa il campanile della chiesa è talmente grave da comprometterne la statica e ogni possibile intervento futuro di restauro conservativo… Ammesso che in futura si abbia l’intenzione di conservarlo.
A dispetto di una memoria assopita, vari scritti e il promotore in persona, don Marcello Caravella, possono , se mai ce ne fosse ancora bisogno, spiegare le scelte oculate del gran progetto architettonico realizzato negli anni ’60.
Peccato che ciò non sia avvenuto e colui che ha dato e fatto tanto per San Gregorio Matese, si sia umilmente allontanato dal paese il giorno dell’inaugurazione.
Ho ricevuto 2 importanti sacramenti in questa chiesa prima di lasciare il paese per motivi di lavoro.
Cresima alla presenza del Vescovo e matrimonio.
Leggere a 50 anni che finalmente la comunità riavrà la sua chiesa, recuperata al suo vero valore di luogo di preghiera e raccoglimento è qualcosa che mi ferisce profondamente.
Sono nato in questo paese, ho visto realizzare questa chiesa che ho frequentato fino almeno all’età di 20 anni, non ho memoria di divisioni tra la comunità relative a pareri riguardanti l’estetica stridente o lo stile, ho piuttosto ricordi piacevoli di conversazioni fatte con il parroco sotto quegli stili “forzati” in occasione dei vari incontri di catechesi tenuti dal parroco Don Marcello Caravella. Se queste divisioni ci sono state in passato certamente sono state ampiamente superate in questo 2017 grazie anche al contributo offerto da questo articolo.
E’ ancora un esempio eccezionale dell’architettura e delle direttive del concilio vaticano secondo. Tutto rispondeva ad una logica ben precisa sempre ribadita e spiegata dettagliatamente da don Marcello. Persino le sedie erano un segno del Concilio che aveva riformato la liturgia favorendo l’ascolto della celebrazione in piedi o seduti cosi’ come facevano del resto le prime comunità’ cristiane che pregavano in piedi ed ascoltavano seduti , prendendo persino l’eucarestia da seduti perché’ era una memoria della cena ebraica della pasqua. Cosa volete che vi dica, rimarrà’ quello che rimarrà’. Non oso pensare alla piazza Beniamino Caso e al campo di basket. cari compaesani svegliatevi, di Matese ce n’e’ uno. Vorrei aggiungere che l’organo posto ai piedi della chiesa non era una soluzione strana. in tantissime chiese anche antiche l’organo e’ posto o ai lati dell’altare o in fondo. il coro e’ in mezzo all’assemblea e non enucleato. Per finire, tanta grazia dall’avere un’opera d’arte come l’organo di san Gregorio che spero sia stato spostato da mano esperte. Le chiese di oggi organi non ne vedono. Forse quella di san Gregorio e’ stata l’ultima chiesa ad avere una bellezza simile di un valore assoluto. Anche la scomparsa della bussola ai piedi della chiesa non e’ secondo me corretta….comunque, niente e’ eterno, arrivera’ qualcun altro e cambierà’ tutto e cosi’ via… A proposito vedete di recuperare i lampadari a fotma di quattro petali. sono di murano, li abbiamo scartati assieme
io e don Marcello, montati e appesi dalle mani infaticabili di Pasqualino Vecchione.