È morto ieri pomeriggio dopo una lunga malattia Joaquín Navarro-Valls, direttore della sala stampa vaticana dal 1984 al 2006. La notizia è stata appresa poco dopo il decesso dal Sir. Nato a Cartagena il 16 novembre 1936, Navarro-Valls è legato, in modo particolare, al pontificato di Giovanni Paolo II. Ha rassegnato le dimissioni dall’incarico di direttore della sala stampa vaticana l’11 luglio 2006.
fonte Agensir
In una recente intervista ad Avvenire così parlava di salute e malattia: “La malattia – che, paradossalmente, è l’esperienza umana più universale – è una provocazione che si presenta sempre con quelle due domande inevitabili: perché questa malattia? E perché a me? In un modo o nell’altro coinvolge non soltanto il malato ma tutta la sua famiglia. E spetta tutti noi, quelli non coinvolti direttamente nel mondo della sofferenza, di penetrare in quel mondo della malattia altrui per aiutare, condividere ansietà e dolori, per far sì che alla malattia degli altri non si aggiunga la tremenda sciagura della solitudine. Non possiamo voler ignorare i bisogni degli altri soltanto perché, per adesso, io sono sano. Nessuno merita la salute, così come nessuno merita la malattia.
A proposito della sua esperienza al fianco di Giovanni Paolo II, “un uomo che abbracciò la sua malattia” Navarro la ricorda così: “Più che di quei giorni, di tutta la sua vita. Lui ha saputo resistere le sue malattie evitando che impedissero il suo ministero. Continuava il suo lavoro, i suoi viaggi in modo alle volte eroico, senza che i limiti fisici comportassero non fare quello che lui doveva fare. Ma ha saputo anche insegnare una teologia del dolore umano che tanto sollievo ha portato ai sofferenti. La malattia e il dolore umano ha un senso; non è un assurdo senza ragione. Il suo documento “Salvifici doloris” è, da questo punto di vista, una grande apertura che ci introduce in un ambito di inaspettato sollievo e consolazione”.
Infine, la sua concezione di “bellezza”: Bisogna ricostruire il profilo autentico della bellezza che non è soltanto un artefatto estetico. La bellezza sta nelle cose; è parte della loro verità. Oggi purtroppo prevale una un’immagine cupa dell’uomo e della realtà. Sembra che affidarsi con semplicità alla bellezza e alla bontà sia di una colpevole ingenuità. Invece la bellezza è così legata alla bontà che non è possibile separarle, almeno nelle persone e nelle idee. È proprio questo che credeva Dostoevskij quando affermava che la bellezza salverà il mondo. Salverà il mondo perché l’autentica bellezza è la verità delle cose e delle persone. Non c’è bellezza senza verità. E la verità ultima di una persona, di una cosa, di una idea, è proprio la sua bontà”. (da Avvenire)