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Dio predilige i “piccoli”, quelli che sanno meravigliarsi. Commento al vangelo di domenica 9 luglio

Prosegue la rubrica "I sentieri della Parola" a cura di don Andrea De Vico Commento al vangelo, Anno A - XIV per Annum (Mt 11, 25-30)

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A cura di don Andrea De Vico
Anno A – XIV  per Annum (Mt 11, 25-30)

“In quel tempo, Gesù disse: ‘Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli …’ ”

Di fronte a Gesù, i sapienti discutono e sollevano obiezioni senza fine. Contestano il suo insegnamento, senza rendersi conto del “compimento” della Scrittura che esso rappresenta. Invece i piccoli e i semplici, che fanno ressa intorno a lui, lo comprendono subito, d’istinto, per cui Gesù non riesce a trattenere questo grido di entusiasmo.
I piccoli fanno trecento domande al giorno: cos’è questo? perché quello? Tendono a smontare gli oggetti per vedere cosa c’è dentro.
Uno scienziato che apre l’atomo per studiarne la composizione prova lo stesso entusiasmo di un bambino che rompe il suo giocattolo preferito per guardarlo dentro. Ciò che muove la mente è la curiosità per le cose. A partire dalla meraviglia, comincia l’avventura intellettuale. Nella Metafisica di Aristotele troviamo che la “meraviglia” è all’origine della filosofia: “Infatti, gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori …” (I, 982b, 13-18)

L’uomo antico cominciava a filosofare a partire dalla “meraviglia”, ma l’uomo moderno ha imboccato la via del “dubbio”. In epoca moderna, infatti, si è cominciato a pensare che di lì a poco il mistero della Natura sarebbe stato elucidato, come due più due fa quattro. Per questo la scienza moderna si è sentita in dovere di mettere tutto tra parentesi, di non accettare nessuna verità, neanche le cosiddette “verità divine”. Ma in questo modo il mistero della Natura e di Dio, anziché chiarirsi, si è ulteriormente infittito. L’attuale iperspecializzazione dei saperi ha prodotto una totalità di uomini colti, intelligenti, versati in ogni genere di conoscenze, capillari conoscitori delle problematiche mondane, ma totalmente ignoranti di sé stessi e del proprio destino. Appena si portano sul piano del senso e del valore della vita, cominciano a balbettare, imbarazzati e infastiditi. Brillanti professionisti cui sfugge persino l’arte più antica ed elementare: prendere un figlio e portarlo a diventare uomo. Uomini colti, ma zero come uomini, come padri, mariti o compagni.

Questo significa che l’uomo moderno, anziché la via della semplicità (il “symbolon”, che introduce alla verità), ha preferito quella della divisione (il “diabolon”, ciò che ci separa da essa). In realtà non è possibile costruire qualcosa a partire da un dubbio elevato a metodo. Provate a impostare un contratto di matrimonio a partire dalle riserve che si possono fare sull’onestà della futura sposa! D’altro canto una persona illetterata, sui grandi interrogativi dell’esistenza e delle relazioni umane, può avere molta più luce di un grande professore, versato e consumato nella sua materia. Chi vuole conoscere Dio deve piegare le ginocchia e chiedere la fede dei piccoli. Non deve illudersi di conoscere Dio (o la Natura) con lo studio soltanto. Lo studio è “utile” se la persona è “umile”, altrimenti diventa narcisismo, ignoranza di cose divine.

I libri di apicoltura sono capiti dagli apicoltori, quelli di musica dai musicisti. Così anche la Scrittura: è un libro “spirituale” che può essere capito solo da “spirituali”, cioè dai piccoli, dagli umili cui Dio ne rivela il senso. Senza questo spirito, e senza questa rivelazione, la Scrittura resta un libro chiuso che si presta ad ogni genere di eresia e fraintendimento. Infatti, nel momento in cui si leggono i testi sacri, ne escono fuori anche le eresie.
Tutti gli eretici fanno riferimento a qualche passo della Scrittura. Anche il demonio vi ricorre, come nel caso delle tentazioni di Gesù …

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