A cura di don Andrea De Vico
Anno A – XVII per Annum (Mt 13, 44-52)
“Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo …”
Gesù parla in parabole, dice cose piccole per esprimere cose grandi, evitando misure inutili. L’uso delle parabole non aveva nulla di esoterico o misterioso, anzi Gesù intendeva aprire la mente degli uditori alla comprensione dei “disegni nascosti” di Dio. E difatti, al termine del racconto, come si fa con i bambini piccoli, egli chiede agli ascoltatori: “avete compreso tutte queste cose?” In altre occasioni, Gesù sembra voler parlare in parabole per non farsi capire dagli avversari. In tal caso le parabole sono come un velo gettato sul mistero di Dio. Invece di rivelare, nascondono, ma non è Dio: è il cuore umano, che fa mistero! Di fronte alla luce, c’è chi preferisce chiudere gli occhi! La comprensione dei divini disegni dipende da un atteggiamento del cuore e della mente!
Gesù stesso si interroga: “A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?” (Mc 4, 30). “Il regno dei cieli è simile a un granello di senapa … al lievito che una donna ha preso e impastato … a un tesoro nascosto in un campo” e così via, tutte cose concrete, piccole e reali, quasi a dire che la verità è dentro le cose, non la dobbiamo cercare chissà dove. La cosa funziona, la gente lo capisce!
Il tema del tesoro nascosto era tra i preferiti nel folclore orientale. Quando Gesù parlava di questo tesoro, doveva pensare a un recipiente d’argilla con delle monete d’argento e di pietre preziose. Conservarle era una vera e propria necessità contro i ladri. Non esistevano banche, e non tutti potevano permettersi di tenere i forzieri in una casa ben protetta. La soluzione più facile era di sotterrare i denari. Inoltre, le guerre che nel corso della storia hanno attraversato la Palestina, crocevia di culture e di interessi tra Mesopotamia ed Egitto, costringevano la popolazione a nascondere ripetutamente le cose di maggior valore. Poteva darsi che uno moriva, e il tesoro veniva ritrovato a distanza di anni. Il fortunato contadino della parabola, che vede la mucca sprofondare in quel punto preciso del terreno durante l’aratura, doveva essere un povero salariato che lavorava per conto terzi. Il tesoro era parte essenziale del campo per cui, comperando quel campo, sarebbe diventato suo. Difatti egli non prende con sé le cose scoperte: le nasconde di nuovo. Dal punto di vista giuridico-formale, egli agisce correttamente.
Il punto decisivo della parabola non è tanto l’atto di compravendita, quanto l’essere stati sopraffatti dalla grandezza della scoperta. Così avviene di ogni persona che si imbatte nel Regno di Dio, e vi si riconosce: la sorpresa è grande, la gioia è tale da stordire i sensi! Tutto impallidisce di fronte al nuovo splendore, non c’è niente che possa reggerne il paragone, nessun prezzo potrà mai sembrare troppo alto! E’ l’esperienza di chi scopre la fede!
Il manifesto di Gesù vibra come uno squillo di tromba: “Il tempo è compiuto, e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al vangelo”. Come per dire: “correte finché siete in tempo, profittate dell’occasione, non lasciatevela sfuggire, afferratela! Qui vi giocate il tutto per tutto, vi trovate di fronte all’unica cosa che può salvarvi dal rischio di fallire la vostra vita”. Ma non tutti “carpiscono” il “diem”. In un’epoca in cui esiste persino l’assicurazione contro il maltempo incorso nelle vacanze, e l’ultima preoccupazione di tanti cristiani è proprio quella del regno di Dio: “guardando non vedono … il cuore è diventato insensibile …”