Esiste una sottile perversione che serpeggia tra le bocche di alcuni, per qualcuno addirittura un’arte: diffondere falsità. Nello slang americano si usa il termine “fake news”, così come esistono su Facebook o Twitter dei fake profile, cioè profili falsi che riportano nomi e cognomi di persone famose. Con una rapidità senza precedenti, nell’era social le notizie false, inventate o manipolate a fini politici o per attirare click (e quindi farne guadagno), nascono e si propagano come virus, rimbalzando da un account all’altro a colpi di like e retweet e contagiando amici e followers. Quante volte penne acide e lingue velenose provano a diffondere fake news su giornali, social network, riviste o più semplicemente per strada tra la gente, tra un caffè e un biscottino. Ed i più bersagliati sono le persone che hanno un ruolo autorevole nella società (politici, amministratori locali, manager, prelati, attori, calciatori). Si arriva a costruire ad arte delle “bufale” per screditare, sporcare, ridicolizzare l’altro senza alcun rispetto, entrando nella propria intimità, nelle proprie tasche, nelle proprie relazioni. Atti riprovevoli e vergognosi che incatenano poi una serie di commenti e passaparola di gente discutibilmente sincera e di facili giudizi; bigotti e frustrati, pettegoli e nulla facenti che contribuiscono a rafforzare la bufala ed a far godere i mediocri. È un limite, uno dei tanti, dello zoon politikon, dell’essere sociale degli antichi greci, dell’uomo comune che per sua natura spesso decade nel vizio dell’accidia e dell’invidia. Ma si può rimediare? Ci si può in un certo senso vaccinare? Si può sopravvivere alle “malelingue”, agli inciuci e alle dicerie? Si può schiacciare l’ipocrisia e la faziosità? Forse sì.
In medicina, con la vaccinazione generalmente ci si espone ad una versione indebolita di un virus per permettere al sistema immunitario di sviluppare una difesa senza il rischio di venire sopraffatto. In un articolo pubblicato su Global Challenges 2016, i ricercatori descrivono una procedura analoga di inoculazione che consiste nel sottoporre i lettori ad una dose controllata di disinformazione e successivamente confutarla. I dati raccolti nello studio, mostrano che, se la singola notizia, positiva o negativa, presentata da sola ha un impatto significativo sulle convinzioni individuali, quando invece la corretta informazione è seguita dall’artefatto, l’effetto netto è quasi nullo e la combinazione lascia in media inalterata l’opinione del pubblico. Il vaccino proposto dai ricercatori consiste nel trasmettere un messaggio intermedio, un’allerta che metta in guardia il fruitore della notizia che le informazioni negative sono state costruite per manipolarlo. Un altro studio riprende le fila di uno studio effettuato 10 anni fa, che aveva verificato come circa il 70% di persone fosse abbastanza incline a considerare attendibili le notizie proposte dal proprio cerchio sociale. Questo un discrimine fondamentale: se le notizie provengono dalla nostra “social bubble”, verranno probabilmente accettate senza troppe perplessità. A questo si aggiunga anche il dato ormai assodato che in generale sembriamo aver perso qualche “tacca” di capacità critica, e il confine tra quello che consideriamo vero o falso sembri essersi pericolosamente assottigliato. Lo studio nota preliminarmente che l’efficacia e la viralità di una notizia non dipendano affatto dalla sua veridicità. Qualsiasi tipo di contenuto, a dispetto del fatto che sia vero o falso, ha la stessa potenzialità di diventare un trend. Specie le notizie di contenuto riguardante il gossip, o news che abbiano un elemento eclatante o allarmista.
Ebbene a tutto ciò si leghi quella fastidiosa istanza psichica dell’essere umano che è l’aggressività che gioca un brutto scherzo quando si tratta di provare gusto nel vedere un nostro simile in difficoltà o in rischio di sopravvivenza (un pretendente in amore, un avversario politico, una persona che si è ben affermata), un cinismo che ha a che fare con vuoti da colmare, bisogni inespressi e frustrati, esigenze non affermate. L’errore è sentirsi (falsamente) realizzati, pensando di infangare l’altro e costringerlo ad assumere una posizione di difesa che lo umili e lo ridicolizzi. Purtroppo l’uomo ospite in sé sia eros (amore) che tanatosi (morte), a volte, purtroppo spesso, questo istinto di morte si proietta all’esterno su chi invece non lo meriterebbe ma che data la sua facile vulnerabilità è più attaccabile di qualcun altro. “Non ti curar di loro ma guarda e passa” recita il sommo poeta: dunque andiamo avanti, offrendo con generosità la nostra indifferenza a chi prova con l’insulto e la menzogna a discreditarci. Meditate gente, meditate!