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Piedimonte Matese. Al funerale di Giuseppe Leggiero “solidarietà, consolazione, fratellanza” ha chiesto il vescovo Di Cerbo

Le conseguenze del male, le conseguenze del bene, la necessità di ricominciare nella riflessione del Vescovo

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giuseppe leggiero funerali

Folla commossa al funerale di Geppino Leggiero, l’uomo morto la settimana scorsa nel tragico evento che ha visto il figlio ferirlo a morte in seguito ad una discussione in cui il ragazzo, Daniele, cercava di difendere la madre dalle aggressioni del marito.
Il giovane al momento è sottoposto agli arresti domiciliari,  trascorrendo questo delicato momento insieme alla sua famiglia in attesa degli ulteriori gradi di giudizio.

Questo pomeriggio le esequie a Piedimonte Matese, celebrate dal vescovo di Alife-Caiazzo Mons. Valentino Di Cerbo presso la chiesa di Ave Gratia Plena.

Un forte momento di vicinanza intorno ad una famiglia segnata da un grave dolore, manifestato dal Pastore a nome di una intera comunità: “Ho voluto portarvi l’abbraccio di tutti noi che in questo momento non vogliamo lasciarvi soli, perché crediamo che in Gesù, ci apparteniamo gli uni agli altri, e il vostro dolore è il nostro dolore”.

Alla consapevolezza di un tempo triste e buio, Mons. Di Cerbo ha letto oltre gli accadimenti, proiettando le sue parole in avanti, al tempo futuro che attende la famiglia Leggiero segnata dalla tragedia: “Il momento che avete trascorso non vi deve abbattere; anche se vi ha lasciato sgomenti non vi deve lasciare senza speranza”.

Ripetuti gli inviti alla speranza e ad una nuova fiducia nel domani, non senza il ricordo per Geppino morto prematuramente: “siamo qui, tutti, a pregare per Giuseppe, perché il Signore accolga la sua fragilità, sia misericordioso con lui e lo faccia rinascere, faccia fiorire il bene che certamente custodiva nel suo cuore”.

E poi una riflessione per tutti, per la comunità presente che nell’ultima settimana ha assistito a fatti devastanti che inevitabilmente lasciano il segno, che suscitano domande, talvolta immediati giudizi e spettacolarizzazione dei fatti: un vortice di emozioni e considerazioni dietro cui ci si nasconde e lasciano quali unici attori della tragedia le persone più fragili e vinte…
Le parole di Mons. Di Cerbo hanno interpellato invece tutti ad una riflessione comune: “Questo non è un tempo per condannare nessuno o per per esaltare qualcuno… È un momento che deve lasciarci pensosi, aiutandoci a capire quanto sia terribile il male nella nostra vita. È questo il momento in cui tutti dobbiamo tiare fuori il meglio di noi stessi, la nostra solidarietà, la nostra convinzione che siamo essere umani e come tali ci dobbiamo comportare sempre”.

Solidarietà, consolazione, fratellanza questo ha chiesto il Vescovo per la famiglia di Giuseppe: sentimenti di affetto familiare – che di fatto non sono mancati – così come accaduto di fronte alla morte di Gesù nel Vangelo di Giovanni letto durante la messa: anche in quella terribile circostanza il manifestarsi di gesti di grande umanità come il perdono del Figlio di Dio dalla croce, l’affetto familiare tra la Madre e il discepolo prediletto, azioni che riaprono alla speranza… “Dobbiamo chiedere al Signore che questa famiglia riparta da lì, da gesti di grande amore familiare e verso gli altri soprattutto i sofferenti… guardando avanti e senza avere paura. Questo vi salverà”.

Non è mancato da parte del Vescovo l’affidamento a Maria, “colei che ci insegna ad amare e vivere: affidatevi a lei che vi insegnerà a superare questo momento e a trasformare – come lei sotto la croce – il dolore e la rabbia e i sentimenti difficili che albergano nel vostro cuore in questo momento, in una amore più grande”.

Ha parlato non senza emozione Mons. Di Cerbo, ma con la certezza di avere di fronte a sé volti e cuori in attesa di conforto, di dolcezza, di disperato bisogno di comprensione, ma soprattutto animi vinti dal dolore. Ha donato parole forti, di quelle che servono a ricostruire, a generare nuova dignità, nuova vita: “Il Signore vi ama ancora e vuole vedere i vostri sguardi sereni, e pieni di fiducia nella vita, ancora capaci di ripartire e credere nel futuro”. 

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