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“Dare a Cesare e dare a Dio” nel vangelo di domenica 22 settembre

Un'altra domenica in compagnia de "I sentieri della Parola", la rubrica curata da don Andrea De Vico. Un'invito, quello che rivolge Gesù questa volta, che ci chiama in causa ancora come cittadini e come credenti

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A cura di don Andrea De Vico
Anno A – XXIX  per Annum (Mt 22, 15-21)

I farisei tennero consiglio per cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. [Andarono] con gli erodiani a dirgli: “E’ lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?” Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: “Mostratemi la moneta del tributo. Questa immagine e l’iscrizione di chi sono?” Gli risposero: “Di Cesare”. Allora disse loro: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. 

Il trabocchetto contro Gesù si vede nella delegazione – composta da due fazioni – che si è presentata a lui. La prima, i farisei nazionalisti, ostili agli occupanti romani, per cui se Gesù dovesse rispondere: “si, si deve pagare il tributo a Cesare”, verrebbe accusato di essere “amico di Cesare”. La seconda, quelli del partito di Erode, filo-romani e collusi con il potere, per cui se Gesù dovesse dire: “no, non si deve pagare il tributo a Cesare”, verrebbe accusato di essere “contro Cesare”. Un trabocchetto studiato ad arte, in modo da ritorcere contro di lui qualsiasi risposta data.

Farisei ed erodiani sono nemici, ma in politica, si sa, quando c’è un nemico comune, anche il partito delle suocere trova il modo di mettersi d’accordo con quello delle nuore. Gesù si dimostra molto più furbo di una suocera: invita uno dei farisei a tirare fuori dalla borsa una moneta, costringendoli ad ammettere che anch’essi si avvantaggiano di qualcosa che viene dal potere imperiale: “voi detestate i Romani, ma la loro moneta vi fa comodo!” I farisei che odiano Roma assomigliano un po’ ai terroristi che vorrebbero distruggere l’America: essi detestano gli americani, ma se portate loro una valigia piena di dollari, non è che facciano gli schifiltosi. Di qui la celebre risposta di Gesù: “date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio”.

Sulla base di queste parole, i primi cristiani insegnavano il rispetto per l’autorità, pagavano le tasse e pregavano per i governanti. Però l’Imperatore romano esigeva onori divini, la sua statua doveva essere incensata e venerata per tutto l’Impero. I primi cristiani non riconoscevano la sacralità del potere imperiale, e si rifiutavano di inchinarsi davanti alla statua dell’Imperatore, per cui sono stati accusati di “ateismo” e perseguitati. I cristiani sono stati i primi in assoluto a “laicizzare” il potere, dicendo che l’Imperatore non è un dio, ma solo un uomo. La differenza è abissale: essi non pregavano” l’Imperatore, ma pregavano per” l’Imperatore.

“E’ lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?” Certo, le tasse si devono pagare, ma quando Cesare crede di essere un padreterno è un altro discorso. Quando Mussolini fece pace tra Stato e Chiesa coi Patti Lateranensi, alcuni eminenti ecclesiastici lo celebrarono come “uomo della Provvidenza” e scesero nelle palestre per benedire i gagliardetti fascisti. Ce lo figuriamo oggi, un Presidente del Consiglio “uomo della Provvidenza?” Già gli uomini non sono all’altezza del proprio ruolo, figuriamoci se possono accollarsi quello della Divina Provvidenza!

“Dare a Cesare e dare a Dio” significa tante cose. Significa che chi comanda non è un dio, che il potere non è sacro, che la scienza non è assoluta, che i progressi tecnici non hanno niente che possa giustificare l’arbitrio di un atto medico sulla vita umana. Ci sono politici, medici e scienziati ai quali possiamo rivolgere la stessa domanda che Michele Arcangelo pose a Satana: “chi vi credete di essere?” Quando l’Homo Laicus assume un potere assoluto sulla natura e sulla vita, fa una cosa ibrida che ha poco di laico, assomiglia piuttosto all’arroganza di un piccolo dio sulla terra, alla divinizzazione dell’Imperatore. Quando la laicità estromette ogni considerazione morale e religiosa, finisce per imporsi essa stessa come una morale e una religione. E’ sempre più frequente lo spettacolo di una laicità che esibisce i suoi dogmi, i suoi assoluti, i suoi fondamentalismi.

I cristiani non demonizzano lo Stato, anzi pregano per i governanti persino in tempo di persecuzione, insegnano l’obbedienza all’autorità, il pagamento delle tasse e la liceità del servizio militare. I cristiani si oppongono allo Stato solo quando stabilisce delle leggi che vanno contro la vita e la persona, nella presunzione di porsi esso stesso come sacro ordinamento, uno Stato-divinità. I cristiani, facendo bene i cristiani, agiscono da veri laici, realizzano cioè l’ideale laico nel vero senso della parola: la demistificazione degli assoluti che manipolano la vita e la persona. Tutti hanno da dare a Cesare, come tutti hanno da dare a Dio.

 

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