Anche la nostra Diocesi è partecipe della gioia profonda che pervade la comunità aquilana e non solo per la riapertura della Basilica di Santa Maria di Collemaggio che proprio mercoledi scorso, 20 dicembre, è tornata fruibile in tutta la sua austera bellezza.
La Basilica, edificata nel 1288 e varie volte rimaneggiata fino ai radicali restauri del 1969-73, fu voluta dall’asceta Pietro da Morrone, successivamente eletto pontefice con il nome di Celestino V e passato alla storia come il Papa del gran rifiuto, pur essendo stato il sesto tra i nove pontefici che nel corso dell’era cristiana hanno rinunciato al ministero petrino. Le reliquie di questo papa, canonizzato nel 1313, riposano proprio a Collemaggio e sono le stesse che nel giugno 2011 furono portate in Diocesi di Alife-Caiazzo, presso gli abitati di Sant’Angelo di Alife e Raviscanina, comuni che da qualche tempo rivendicano lo status di terra natale del Santo del Morrone.
Con il terremoto del 6 aprile 2009, Santa Maria di Collemaggio aveva subito il collasso della crociera con i suoi pilastri polilobati ed il pesante lesionamento di quelli presenti nella navata centrale. Il finanziamento dell’Eni, su progetto e direzione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per L’Aquila e cratere, in due anni di lavoro ha permesso un recupero integrale dell’intero complesso, rendendolo nuovamente accessibile.
“E’ stata una grande emozione – afferma Andrea Presutti – membro del team di Restauratori che ha sancito la rinascita di Collemaggio – lavorare nel cantiere di Collemaggio è stato un qualcosa di formativo e molto prestigioso, perché stiamo parlando di un importante monumento internazionale”. Se a questo poi si aggiunge il piano squisitamente religioso e personale, l’emozione raddoppia perchè “Sul piano della Fede – afferma Presutti – Collemaggio è il Luogo dove è sepolto un papa che con il suo breve ministero ha segnato una tappa fondamentale per la storia della Chiesa”, oltre che tra i principali fulcri spirituali di “una realtà sconquassata, che sta cercando di recuperare una parvenza di normalità, ma che sul piano urbano come su quello umano, si ritrova con un centro storico ancora ferito ed abitanti ancora scossi, a distanza di anni, dalla tragedia del sisma”.