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Gli uomini che Dio ama. Commento al Vangelo di Natale

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Anno B – Natale del Signore, Notte (Lc 2, 1-14)
A cura di don Andrea De Vico

“Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”

L’esercito celeste, la notte di Natale, lodava Dio. La Chiesa amplificò l’inno angelico e già nel II secolo vi aggiunse alcune acclamazioni rivolte al Padre: “Ti lodiamo, ti benediciamo …”; poi delle invocazioni a Cristo: “Signore Dio, Agnello di Dio …”; infine la menzione dello Spirito Santo. Il canto angelico divenne un inno trinitario, introdotto prima nella Messa di Natale, poi anche nelle altre Messe festive. Di per sé il “Gloria” non è essenziale alla Liturgia Eucaristica, si tratta di un’aggiunta, di un abbellimento suscettibile di ulteriori sviluppi, e difatti ci sono dei compositori che sempre ci si cimentano. Al contrario, nelle nostre assemblee, tendiamo ad imbruttire l’inno, recitandolo in un modo frettoloso, con uno scatto finale per vedere chi arriva prima all’Amen.

Per quale motivo, e con quale calore, gli angeli cantano il Gloria? In greco suonava più o meno così: “gloria a Dio nell’alto dei cieli, e sulla terra pace agli uomini, che Dio ama”. La traduzione latina è un po’ diversa: “gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Che differenza c’è, tra “gli uomini che Dio ama”, e “gli uomini di buona volontà?” Tra il Gloria cantato dai greci, e il Gloria cantato dai latini? Cosa conta di più, il fatto di essere “amato da Dio”, o la mia “buona volontà?” La risposta è ovvia. La mia “buona volontà” non basta a diventare migliore di quello che sono. Non sarà la mia “buona volontà” a garantire la salvezza o il successo di quello che faccio, ci vuole ben altro.

Con una mentalità latina propensa alla morale, noi cantiamo il “Gloria” pensando che questa “buona volontà” si riferisca a tutti gli uomini onesti che cercano il bene, credenti e non credenti, di tutte le religioni. Va bene, questa interpretazione può pure passare, ma gli angeli non dicono questo, non intendono classificare gli uomini in buoni e cattivi, augurando la pace soltanto a quelli “di buona volontà”. E che ne sarà di tutti quanti gli altri, quelli che hanno una volontà debole, problematica o compromessa? Non hanno diritto anch’essi alla pace? E poi chi è che stabilisce chi è buono o cattivo? Provateci voi ad andare in giro per il paese dando gli auguri soltanto alle persone “di buona volontà”, driblando gli altri! E allora qual è il vero senso del canto degli Angeli?

Stando alla mentalità greca, che mette in evidenza l’iniziativa divina, gli angeli del Natale indirizzano il saluto a tutti gli uomini, indistintamente, per il semplice fatto che essi sono “amati da Dio” al punto da inviare suo Figlio a prendere carne umana! Questa grazia non è toccata agli Angeli, ma agli uomini, e gli Angeli ci fanno i complimenti, si congratulano con tutta l’umanità, anche quella passibile di azioni criminose! Non sarà la loro buona volontà a convertire gli uomini, ma il riconoscimento che questa notte è accaduto qualcosa di essenziale che li riguarda tutti!

Nel canto degli Angeli e nelle relative difficoltà di traduzione si ripropone l’antico dilemma tra grazia e libertà, tra iniziativa di Dio e libero arbitrio dell’uomo. Per fortuna, oggi, nella nuova traduzione italiana della Bibbia, c’è stato un migliore ritorno all’originale greco. Questa difficoltà non è nuova, ma si manifesta ad ogni spartiacque della storia. Quando nasce un principe, o viene eletto un nuovo re o nuovo papa, l’evento viene preceduto da uno squillo di tromba, un colpo di cannone, un riflettore mediatico, un saluto inaugurale. Quando fu eletto il Papa attuale, gli occhi del mondo erano fissi alla Loggia Vaticana. Annunciato col nome “Francesco”, senza numeri, senza mozzetta né rocchetto, in tutta sobrietà di veste e di linguaggio, il Papa disse: “buonasera!”, presentandosi come “vescovo di Roma”. Chi si aspettava qualcosa come un canonico “sia lodato Gesù Cristo” è rimasto sconcertato: che Papa è, uno che si presenta con un banale “buonasera?”

In realtà, piaccia o no, il nuovo Papa ha subito mostrato di volersi rivolgere a tutti, e non ai cattolici soltanto, quelli che tradizionalmente lodano Gesù Cristo. Subito si è capito che la Chiesa avrebbe assunto una nuova direzione. Non più occidentale ed eurocentrica, ma aperta a tutto lo scacchiere geopolitico, persino alla Russia e alla Cina, chiedendo ai cattolici cinesi, oltre a una testimonianza già difficile, il sacrificio supplementare di non sentirsi appoggiati dal di dentro, ciò che a tanti è sembrato un atteggiamento d’intesa col nemico. Il nuovo Papa non circoscrive la Chiesa all’interno dello spazio culturale della nostra tradizione, non limita il cristianesimo al cattolicesimo europeo, non intende il mondo come un campo di battaglia in cui la Chiesa faccia da retroguardia ai valori tradizionali. Tra l’altro egli volge uno sguardo nuovo all’Islam, al Protestantesimo, al mondo laico. I tradizionalisti vi leggono un cedimento, come se il Papa privilegiasse le minoranze musulmane a quelle cristiane perseguitate, l’avanguardia protestante alla fedeltà cattolica. Tutto questo espresso nell’apparente banalità di un: “buonasera!”

Anche il carattere del nostro Vescovo lo si è visto subito, nel saluto iniziale indirizzato alla Diocesi: “Oggi finalmente sono qui … ho sentito un amore struggente per voi, che mi ha reso impaziente e che mi ha portato a venire con sollecitudine tra voi, sull’esempio di Maria, che … si reca in fretta dalla cugina Elisabetta, insegnandoci che non possiamo mai indugiare quando dobbiamo recare Cristo ai fratelli …” In effetti abbiamo constatato la pressante determinazione del Vescovo nel ristabilire le priorità pastorali della Diocesi, rompendo schemi da “status quo” per guadagnare un “motus ad quem”. Nella nostra Parrocchia, l’attenzione dell’ultimo Vescovo ci ha offerto il binario giusto per affrontare problemi grossi, annosi: alcuni sono stati risolti, altri li stiamo curando.

Questa notte gli Angeli squarciano i cieli e ci fanno gli auguri: “buona gloria!” Non perché siamo gente di buona volontà – anzi, più volentieri ci comportiamo da farabutti – ma perché siamo “amati da Dio”. Possiamo mai restare indifferenti? Cerchiamo dunque di cogliere il senso del saluto degli Angeli, a Natale. Ne va di mezzo il resto del cammino che ci resta da fare!     

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