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L’idolo sanguinario che ci suggestiona. Commento alla Parola di Dio, II domenica di Quaresima

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Anno B – II di Quaresima (Mc 9, 2-10)
A cura di don Andrea De Vico

“Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto sul monte che io ti indicherò”.

Il sacrificio di Isacco pone delle domande abissali che nel corso del tempo hanno trovato le interpretazioni più diverse. Dio, “per mettere alla prova” la fede di Abramo, gli chiede il sacrificio del figlio Isacco. Questo Dio sembra un sadico: prima gli da un figlio, poi si riprende quello che da. La morale della storia sarebbe questa: se Dio comanda, tu non puoi fare a meno di obbedire. Se vuoi essere persona di fede, devi piegare il capo e dire un “sì” assurdo, irragionevole, orrifico.

Proviamo a capire da dove viene questa “esigenza” di sacrificio umano. Ci troviamo nella preistoria della Mezzaluna fertile, tra l’Egitto e la Mesopotamia. Innumerevoli popolazioni di pastori nomadi facevano capo ai diversi santuari posti sulle colline, luoghi rudimentali e violenti, dove si praticava il sacrificio dei primogeniti come forma ricorrente di culto, secondo un loro sistema di credenze. Quando si fondava un santuario o una nuova città, il corpo sacrificato di un primogenito veniva messo nelle fondamenta per “legare” il dio del luogo e assicurarsene la protezione. Il sacrificio del primogenito era moneta corrente. Dal punto di vista moderno questa cosa fa orrore, ma se noi fossimo nati all’epoca delle nascenti civiltà, avremmo fatto la stessa cosa. Anche nell’agricoltura e nella caccia era così: le primizie erano riservate alle divinità del posto.
Tuttavia, quattromila anni fa, su una di queste alture, il monte Moira, nucleo della futura Gerusalemme, accadde qualcosa di straordinario che portò al superamento di questa visione tragica, cruenta, orrifica. C’è un Dio che per la prima volta scende a patti con l’uomo, rivelandosi in Abramo. Questo Dio non assomiglia alle divinità delle colline, è un Dio sconosciuto che non può essere rappresentato né manipolato con immagini e statuette.
Si tratta del Dio Altissimo, il Dio del cielo che mostra di non volere sacrifici umani, non è assetato di sangue come gli idoli e le divinità circostanti. Al sacrificio provvede Lui, perché Lui non riceve nulla da nessuno, al contrario, è Lui che elargisce all’uomo le greggi, gli armenti e i frutti della terra! È il Dio della vita e non vuole il sangue: vuole la fede! Difatti tutta la storia di Abramo si svolge in una dinamica di fede. Con molta probabilità, questo antichissimo racconto del sacrificio di Isacco, che tanto ribrezzo fa alle menti illuminate di quei testoni che ancora non si sono resi conto di quel che accadde sul monte Moira, è relativo alla fondazione di un Santuario in cui veniva legittimato il riscatto dei sacrifici dei bambini con sacrifici animali, a differenza di quello che avveniva nei santuari circostanti. In effetti il Dio di Abramo, futuro “Dio dei Padri”, è colui che sgravò l’antenato di Israele dall’obbligo e dall’orrore del sacrificio dei primogeniti.

Fino a 500 anni fa, in America del sud, si sono susseguite intere culture e civiltà che praticavano dei complessi rituali di sangue.
I sacerdoti erano talmente abili da squarciare il petto delle vittime ed estrarre il loro cuore ancora vivo e pulsante per offrirlo alle divinità. Le vittime dei sacrifici di sangue erano prigionieri di guerra, cospiratori, notabili caduti in disgrazia, operai che avevano appena finito di costruire un tempio o una città. I Maya pensavano che le condizioni atmosferiche, l’abbondanza dei raccolti e la fertilità degli animali dipendesse dall’umore delle montagne che dispensavano le piogge. In caso di siccità, dei riti propiziatori venivano consumati su cime altissime. I sacerdoti facevano pellegrinaggi e processioni che duravano anche mesi. Sovente sceglievano dei bambini come ambasciatori del popolo e dono per gli dèi. I giovani venivano presi con la forza, o ceduti dalle famiglie stesse, che lo reputavano un privilegio. Nel 1995 una spedizione scientifica ha scavato sulla cima del Cerro Llullaillaco, a 6749 metri di quota, il sito archeologico più alto del mondo. Gli studiosi hanno lavorato fino ai 37 gradi sotto zero di quell’estate andina. Hanno ritrovato la mummia congelata di una bimba di otto annisacrificata del corso di un antico rituale inca. Ne sono state trovate altre, sulle montagne circostanti. Le mummie dei bambini, anche se uccisi con violenza, hanno gli occhi ancora pieni di fiducia, l’espressione serena del dolce addio. Morirono con la certezza di essere accolti nel mondo degli dèi. Non dovettero soffrire, per l’aria rarefatta che stordisce il cervello, e una foglia di “chicha” messa sotto il naso, per andare nell’aldilà in tutta tranquillità, strangolati o uccisi con un colpo in testa.

Grazie alle analisi del DNA è anche possibile individuare le odierne parentele di quei bambini (1). Questo succede nelle culture che non hanno conosciuto la religione di Abramo. Ovunque siano giunti i figli di Abramo, ebrei, cristiani o islamici, è stata decretata la fine dell’idolatria e dei relativi sacrifici umani. Certo, Dio lo ha messo alla prova, sulle prime si è comportato come una divinità andina o orientale, gli ha chiesto il sacrificio dell’unico figlio che Lui stesso gli aveva promesso e concesso dopo lunga attesa, ma nel momento in cui Abramo obbedisce e leva il coltello, Dio lo ferma, dichiara di non volere sacrifici umani, anzi: provvederà lui stesso al sacrificio, facendogli trovare un ariete con le corna impigliate in un cespuglio, quindi facile da catturare! In questo episodio di Abramo possiamo leggere un passaggio epocale nella storia dell’umanità: il sacrificio umano viene abolito e sostituito da un olocausto animale. Questo spiega anche l’importanza millenaria della città di Gerusalemme, dove per la prima volta un atto di fede sostituisce un rito di sangue. Questa dinamica conoscerà una tappa ben più importante: siccome gli uomini non sapranno stare ai patti, e i sacrifici animali non riusciranno a colmare il prezzo del peccato, Dio manderà il “Figlio”, agnello innocente, per salvare tutti noi. Non esiste materia più preziosa del sangue dell’uomo-Dio: è stato versato una volta per tutte, e noi non avremo bisogno di un terzo testamento, come dicono gli spirituali che, oltre al sangue, hanno in orrore anche il mondo e la materia. Difatti Gesù ci ha lasciato il pane e il vino al posto dell’agnello (come fu per l’ariete al posto di Isacco), per fare come lui, per abilitare l’offerta della nostra vita.
Ma questo ancora non lo abbiamo capito.
Nel tempo moderno abbiamo creato nuove divinità che si sostituiscono alle antiche. Ci sono basse divinità da collina che si oppongono al Dio del cielo. Le pratiche idolatriche oggi sono di moda e vanno alla grande. Queste nuove divinità si manifestano nel sesso irresponsabile, nella famiglia snaturata, nei figli fatti nascere orfani in partenza, nei miti dello spettacolo, del profitto facile, dello sport, del gioco d’azzardo, dell’abuso della droga e dell’alcool…
I sacerdoti che officiano questo nuovo divertimentificio globalizzato, anche se hanno perso l’arte di estirpare il cuore dal petto, bruciano il cervello dei ragazzi e li espongono alle nuove divinità che, oggi come allora, puntualmente, vengono a ritirare il loro tributo di sangue. Del resto, che differenza c’è tra un’uccisione rituale sulle montagne andine e un’assurda morte sulle nostre strade del sabato notte? La storia di Abramo racchiude dei significati abissali, ne sanno qualcosa quelli che hanno perso un figlio in giovane età. E non abbiamo detto ancora niente.

(1) Cfr. “National Geographic” Italia, vol. 4 n. 5, novembre 1999, pp. 30-48

1 COMMENTO

  1. Bravissimo Andrea non puoi immaginare chi sono ma ti conosco da vecchia data.Un prosit per il tuo lavoro pastorale da me P Savino Simone

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