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Di che Dio sei? Commento alla parola di Dio. III domenica di Quaresima

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A cura di don Andrea De Vico
Anno B – III di Quaresima (Mc 9, 2-10)

“Non avrai altri dèi di fronte a me / Non pronuncerai invano il nome del Signore tuo Dio …” I primi quattro Comandi sono verticali, gli altri orizzontali. Vengono prima i “diritti” di Dio, poi i rapporti con l’uomo. Anche l’onore dovuto al padre e alla madre è prerogativa divina: “onora chi ti ha creato”, “onora la vita nella sua origine”. I figli devono onorare i genitori, ma è anche vero il contrario: i genitori devono onorare la vita dei figli, non li devono buttare, trascurare, strapazzare. Oggi Mosè direbbe: “onora l’embrione, rispetta il bambino!”

Questi “Divini Comandi” sono ritenuti espressioni superate di una determinata epoca, limiti intollerabili per l’umana libertà. Si fanno delle dichiarazioni di ateismo, o si accettano alcuni Comandamenti rifiutandone altri. I mafiosi, ad esempio, onorano il padre e la madre, rispettano le donne e rimproverano i figli se bestemmiano, ma quanto a non uccidere o a non prendere la roba d’altri, è un altro discorso. E c’è chi tratta i Comandamenti come se fosse al centro commerciale: “questo mi piace, lo prendo, questo non mi piace, lo lascio”. Va bene santificare le feste, ma quanto a pagare le tasse o alla morale sessuale, le regole le stabilisco io.

In giro ci sono delle credenze che si sostituiscono all’idea di un governo divino. L’oroscopo, ad esempio, è una moda corrente, ce ne sono per tutte le età e classi professionali, anche per gli adolescenti e i bambini. “Di che segno sei?” La domanda sembra innocua come la caramella di uno sconosciuto, ma contiene una spezia velenosa: a lungo andare prevale l’idea che il successo non dipende dal lavoro o dall’applicazione personale, ma da fattori esterni, dalle stelle, dalle loro posizioni, da un destino prefissato. Si comincia a pensare che il bene e il male non provengano dalla capacità morale della persona, ma dalle stelle. Il testo biblico è chiaro: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla terra. Non ti prostrerai a loro perché io, il tuo Dio, sono un Dio geloso” (Es 20, 1-17). Gli idoli sono statuette di gesso, vuote dentro. Sono figurine di carta, poster giganti, gigantografie pubblicitarie: basta una fiammella per verificare la loro inconsistenza. Chi si specchia davanti agli idoli finisce per diventare vuoto e inconsistente come loro. C’è il rischio di credere in un dio sbagliato, di sbagliare dio!

Quando cinque secoli fa gli spagnoli, capitanati da Hernán Cortés, arrivarono nel nuovo mondo, gli Aztechi di Montezuma aspettavano il “Quetzalcoatl”, il serpente piumato, il dio che non avrebbe più esigito sacrifici umani. Questo dio sarebbe dovuto venire dal mare. Ma la superstizione religiosa si rivelò fatale per Montezuma e i suoi sudditi, che incautamente scambiarono lo sbarco degli spagnoli con la venuta del loro messia. Accolsero i “conquistadores”, presentarono i loro tesori e le loro miniere, sollecitandone l’avidità e la crudeltà. In meno di due anni, un manipolo di avventurieri a cavallo distrusse l’intero dominio azteco. E gli Aztechi, invece di reagire, si offrirono come pecore matte e fatale devozione alla mattanza perpetrata da un dio sbagliato!

Non è che oggi siamo messi meglio degli Aztechi di Montezuma. Noi aspettiamo la liberazione e il sollievo dai nostri bisogni da parte della Scienza, della Tecnologia, dello Stato Sociale e del Diritto Individuale, ma stringi stringi stiamo perdendo tutto: la fede, la religione, la famiglia, il matrimonio, la scuola, l’educazione, la rete viaria e un’intera classe medica che rischia di scomparire, sostituita dai protocolli, dalle applicazioni, dai tecnici della salute. Corriamo anche il rischio di perdere il mondo in cui ci siamo evoluti: e tutto questo in cambio di che cosa? Niente!Sappiamo benissimo che i nuovi idoli offrono solo prigionia e morte, potremmo reagire, ma come gli Aztechi di Montezuma abbiamo deciso di inchinarci e onorare cose e relazioni che ci portano alla morte. Una volta si diceva che chi sbaglia uno solo dei comandamenti, cade in peccato mortale.

Anch’io corro lo stesso rischio, per questo ogni tanto devo fare una verifica per vedere se per caso non stia credendo in un dio sbagliato: gli idoli della moda, della canzone, del pallone, della formula uno, della casta sociale, del partito di appartenenza, dell’imprenditoria, del brand o della finanza … divinità minori che richiedono tutta la mia devota attenzione, poco a poco si impadroniscono di ogni aspetto della mia vita, del mio tempo, mi danno il permesso di comprare, rubare, mentire, infischiarmene della vita degli altri … Se sbaglio dio, e me ne faccio uno a mia immagine e somiglianza, io sbaglio tutto, sbaglio persino la mia libertà. L’idolo prima mi riduce in schiavitù, poi mi toglie il gusto di vivere.

Il pellegrino di oggi, scalando il monte Sinai sulle orme di Mosè che riceve i Comandamenti, lungo il percorso vi trova dei segnali di pericolo e delle ringhiere per evitare di inciampare e cadere nel vuoto. I Comandamenti sono come dei parapetti per non perdere l’equilibrio. Essi non mortificano la libertà, ma ne fissano la direzione. Se gli uomini osservassero queste “Dieci Parole”, non avrebbero bisogno di moltiplicare le loro leggi o di appellarsi a quelle vaghe dichiarazioni universali, tanto care alla sensibilità dei popoli democratici. Gli uomini aumentano il volume dei loro codici legislativi, ma stranamente si lasciano sfuggire il senso delle semplici “Dieci Leggi”.

Niente false rappresentazioni, né false appartenenze, dunque! Lui è “Padre”, è “il Dio dei miei genitori, dei miei padri, il Dio che scorre nel sangue delle generazioni!” Non è possibile dirsi “atei”, se c’è un padre e una madre da rispettare. Non è possibile dirsi “fratelli”, senza un Padre comune da onorare. Non è possibile dirsi “uomini”, se abbiamo perso la capacità di proteggere le donne e i bambini, e al contrario abusiamo di loro! E tu, di che dio sei?     

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