Conta dei danni in tutta la provincia di Caserta e l’Alto Casertano dopo che pioggia e neve, e in queste ore ancora abbondanti precipitazioni, hanno creato non pochi disagi. Occhi puntati anche sui centri storici cittadini, Piedimonte Matese in particolare, dove l’incuria di anni ha reso ancor più fragile le strutture antiche che rischiano di cedere.
Ultimo fenomeno, in ordine cronologico, il tornato che ieri sera si è abbattuto su Caserta e dintorni e divelto tettoie, pali di corrente, sollevato roulotte e automobili provocato danni a cose e mandato alcune persone in ospedale.
Anche nel Matese non si contano più le buche nell’asfalto, le siepi e i fossati distrutti, i valloni colmi di detriti e rami.
È questo il bilancio degli ultimi 15 giorni, con le peggiori conseguenze sulle strade per decine di automobilisti: davvero in tanti hanno sporto denuncia ai Carabinieri contro i Comuni del Matese o la Provincia di Caserta per aver subito il danno a pneumatici e ammortizzatori nell’impatto con le buche del manto stradale. Susseguirsi di polemiche da parte dei cittadini che vorrebbero strade nuove implorando la tempestività delle Amministrazioni, ma soprattutto la qualità dei materiali impiegati per le riparazioni.
I danni ai centri storici
Ci sono danni tuttavia, ben oltre l’occhio critico di automobilisti e passanti, che rivelano uno degli aspetti più spinosi di questa vicenda fatta di buche o gomme forate. Si tratta dei centri storici cittadini, ormai lasciati all’incuria e alle intemperie da anni e che sotto piogge abbondanti come le “nostre” finiscono per cedere, o peggio ancora, per rimanere un cumulo di macerie non più recuperabili.
Il caso si è presentato alle mura romane che circondano la città di Alife, al borgo medievale di Prata Sannita e in termini ancor più concreti all’antico borgo di San Giovanni a Piedimonte Matese.
A fare da faro su questo suggestivo angolo urbano sono i cittadini che ancora vi risiedono e i tanti escursionisti che l’attraversano per raggiungere a piedi Castello del Matese (il quartiere di San Giovanni è attraversato dal sentiero CAI); sono loro ad oggi gli unici in grado di monitorarne lo stato si salute, misurando la gravità di condizioni che peggiorano da anni.
La pioggia ha solo dato l’ultima sferzata a quelle case abbandonate da decenni, alle murelle che arginano i terreni, ai sentieri già “provati” da incuria e abbandono o dall’assenza perpetrata di una manutenzione (ordinaria) di cui necessitano. Qui il crollo della parete di un’abitazione già fatiscente ha provocato l’abbattimento di un palo Telecom.
Siamo in uno degli angoli più amati dai piedimontesi, uno spazio che è scrigno di storia antica; cammino – oggi come ieri – per chi sceglie la montagna e i suoi silenzi ma che per contrappasso sta subendo il tonfo di un altro silenzio, quello della cultura degli spazi da rivivere, rivisitare e tornare ad abitare.
Le piogge, metaforicamente fenomeni che ripuliscono e risanano, in questo caso rivelano l’ossatura fragile di un borgo e quella altrettanto caduca di una gestione (pubblica e privata) da risanare prima che sia troppo tardi.
L’appello non è soltanto alla politica vessata da questa ed altre emergenze, ma anche al buon senso di partecipazione di cittadini, associazioni, gruppi spontanei ad essere custodi della loro città, anche soltanto rispettando un divieto di transito collocato per sicurezza (vedi Scalelle, largo San Domenico), anche soltanto rinunciando ad abbandonare rifiuti in ogni angolo facendo il possibili perché appaia meno malato di come è realmente.