Anno ABC – Giovedì Santo (Gv 13, 1-5)
A cura di don Andrea De Vico
“Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle sue mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano …”
Nel corso della lavanda Gesù dice: “non tutti siete mondi”, cioè “non tutti siete puliti”. Che significa? Cos’è questa pulizia, un fatto igienico (non si sono lavati col sapone …), un’usanza rituale (lavarsi le mani prima di sedersi a tavola), o una qualità morale (come le cosiddette “mani pulite”)?
E nelle comunità dei credenti, dove passa il confine tra sporcizia e pulizia?
Papa Benedetto aveva parlato del “tedio di essere cristiani”: comunità stanche, annoiate, scocciate, vecchie. Abbiamo il dono della fede, o è una religione appiccicaticcia? A partire dai referendum sul divorzio e l’aborto, possiamo dire che il popolo cattolico pensa e vive secondo la fede? Ci siamo persino assuefatti agli scandali pubblici, c’è gente che fa mille sconci in economia e in politica, e noi come cattolici li appoggiamo pure!
Perché questa Chiesa è stanca?
Perché il coraggio della testimonianza è venuto meno?
Cosa fare per ritrovare lo slancio delle origini?
Anche le istituzioni ecclesiastiche si sono riempite di polvere, di sporcizia, di pesantezze… Finito il regime di cristianità, finito il partito democratico cristiano, rivisto il Concordato di Mussolini, sono venuti a mancare tanti appoggi e privilegi, e questo non è un male, se la Chiesa è più libera di svolgere la sua missione.
C’è una sola cosa capace di salvare il nostro futuro: lo spirito di servizio, il debito dell’amore reciproco, che si esprime nell’umile gesto che ricordiamo stasera.
Troviamo una importante differenza tra i primi tre vangeli e il quarto. I primi tre Vangeli, Matteo, Marco e Luca, nel racconto dell’ultima cena, presentano il racconto istituzionale dell’Eucarestia: “prese il pane … lo spezzò … lo diede e disse: fate questo in memoria di me …” In Giovanni, nel momento in cui ci aspetteremmo le parole relative all’Eucarestia, troviamo il racconto della lavanda: “prese un asciugatoio … se lo cinse … come ho fatto io fate anche voi …” Sembra che Giovanni voglia presentare il servizio reciproco come l’equivalente dell’Eucarestia! Lavare i piedi è il gesto che spetta allo schiavo. Qui è il Signore che lo compie. Non si tratta di un gesto rituale, di una sceneggiata da fare una volta all’anno giusto per far vedere (magari inglobandovi extracomunitari, donne e bambini), ma di uno spunto per la vita quotidiana.
Gesù ama i suoi fino alla fine: dai piedi alla croce, nonostante l’incomprensione, il tradimento, il rinnegamento. Egli non prende decisioni forti di condanna, di esclusione, di aspro rimprovero. Non rifiuta il pane neppure a chi ha già deciso di tradirlo! Questa sera Gesù ci mostra il volto quotidiano dell’amore, un inchinarsi all’altro, un abbassarsi, un’umiltà nel riconoscere la propria sporcizia che bisogna pure purificare. Se faremo questo, la nostra comunità cristiana avrà un senso, nella storia del nostro paese, della nostra città.
Non lasciamoci impressionare dalle processioni, dalle tradizioni o dalle feste che attirano grandi numeri. Non è questo il futuro della comunità.
Il nostro futuro è nell’umile gesto del servizio, a partire dai piedi. La Chiesa del Giovedì Santo: libera, povera, profetica!