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Piedimonte Matese. San Marcellino, chi era costui?

Sta per arrivare la Solennità del Patrono del capoluogo matesino, ma come spesso accade, non tutti conoscono le vicende che legano la città a questo Martire, decapitato a Roma nel IV sec. Ecco un breve tratteggio

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In queste ore, la Città di Piedimonte Matese sta entrando nella fase culminante della Festa patronale di San Marcellino, ma come molto spesso succede, presi dalla foga dei festeggiamenti e dei tanti eventi in programma, non tutti si soffermano un attimo a riflettere sulla figura di questo Martire e sulle vicende storiche che lo portarono a diventare il principale Protettore della Città e dei sobborghi. Ecco allora due righe, quel tanto che basta per tratteggiarne il profilo e l’importanza del culto in terra matesina.

La vita di San Marcellino. Le notizie sul martirio del sacerdote Marcellino e dell’esorcista Pietro si ricavano dalla testimonianza di Papa Damaso: essi vivevano a Roma a principio del IV secolo dell’era cristiana: era imperatore Diocleziano, il quale scatenò una furiosa persecuzione, di cui i due cristiani rimasero vittime. Sottoposti a diverse torture, vennero obbligati a scavarsi la fossa ed il 2 giugno del 304 vennero decapitati: ricomposte più decorosamente dalla matrona Lucilla in quelle che poi verranno chiamate Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro, buona parte delle loro reliquie vennero condotte in Germania nell’anno 826.

San Marcellino a Piedimonte. Il culto all’antico Martire Marcellino esplose a Piedimonte con l’arrivo di una parte del Cranio nel 1641, ad opera del Vescovo di Alife Pietro Paolo de Medici e la realizzazione di una prima statua, nel maggio dell’anno seguente. Il 16 agosto 1645 il pubblico Parlamento piedimontese elesse San Marcellino Patrono di Piedimonte, nomina confermata un anno dopo con decreto della Sacra Congregazione.

Nel 1685, il Vescovo Giuseppe de Lazara ottenne una seconda reliquia, quella della tibia, che venne collocata alla base del busto-reliquiario: quest’ultimo, reso più ricco nell’anno 1700, venne mutilato nella notte del 15 febbraio 1976 e restituito alla devozione popolare nell’anno seguente, grazie al lavoro del celebre scultore Enrico Manfrini.

I piedimontesi fanno precedere la Memoria liturgica del Santo con un novenario, che si apre con la traslazione del busto dal suo altare la sera del 22 maggio: la Festa del 2 giugno culmina con la Consegna delle Chiavi della Città al Santo Patrono, rito ripetuto dal sindaco al termine della Processione.

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