A cura di don Andrea De Vico
Anno B – XV per Annum (Mc 6, 7-13)
“Gesù chiamò a sé i dodici e prese a mandarli a due a due. Ed essi proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano”
Nel predicare il Regno, Gesù si fa aiutare dai discepoli, dopo averli preparati. Se prima aveva detto: “venite”, ora la parola d’ordine è: “andate”. Quanto hanno appreso dalla bocca del Maestro non possono tenerlo per sé, ma devono portarlo agli altri. La ricchezza del Vangelo è per tutti. Essere “seguace di Cristo”, comporta il desiderio di farlo conoscere agli altri. Se non che, molti “cristiani” non ci pensano proprio: credono che l’evangelizzazione spetti ai vescovi, ai preti, alle suore e ai missionari. Ma Gesù Cristo era un vescovo? Un prete? Faceva parte di qualche organizzazione missionaria? No: tutto cominciò sulle rive del mare di Galilea, Gesù era un predicatore itinerante, un “laico”, uno del popolo (in greco “laos”), difatti non apparteneva alla casta sacerdotale, non aveva mansioni nel Tempio. Anche i suoi “inviati” (in greco: “apostoli”) erano gente di popolo, uomini di mestiere, “laici” come lui.
L’islam è una religione che si è diffusa rapidamente nell’Africa nera con dei risultati più strepitosi dei missionari inviati dalla cristianità. Perché? È presto detto. Ogni musulmano si sente missionario, e i commercianti che ad esempio portavano mercanzie dal nord al sud del continente, nel medesimo tempo diffondevano anche gli insegnamenti del Corano. Presso i cristiani, la consapevolezza del compito missionario si è ridotta al minimo. Vanno in Chiesa come se andassero negli uffici pubblici, come se ci fosse un dovere da sbrigare, una tassa da pagare. Poi sono sempre indaffarati, presi dalle cose, depressi per la crisi in atto, è già tanto se vengono in Chiesa a pigliarsi la comunione, figuriamoci se si mettono a fare gli evangelizzatori! Non c’è tempo, la vita è un’altra cosa, ci sono cose più serie. In realtà, già vuol dire che questo tempo lo viviamo male: abbiamo riempito la vita di cose di cui non abbiamo bisogno, facciamo qualsiasi sacrificio per avere cose che vanno presto fuori moda. Quanta roba da buttare, nelle nostre case! Quanto tempo sprecato, per averle! Il problema non è il tempo che manca, ma la scala dei valori. Le persone dovrebbero essere più oneste con sé stesse e chiedersi: cos’è che vale di meno, e cosa di più? L’Europa sta voltando le spalle a Cristo. Si pensa che la religione e le gerarchie siano un ostacolo da superare, per instaurare il governo della ragione e della democrazia. La presenza della Chiesa è ingombrante, specie nelle questioni che riguardano la bioetica e il matrimonio. In realtà, se la cristianità dovesse scomparire dall’Europa, come è successo in Nord Africa, in Siria e in Turchia, verranno i seguaci di Maometto a difendere i diritti di Dio. Se i cristiani dovessero battere ritirata, ci penseranno i fedeli di Maometto a fronteggiare la bieca miscredenza del mondo occidentale.
Se vogliamo salvare il nostro patrimonio di fede e di educazione, ci vuole una mobilitazione generale, quella che Giovanni Paolo II ha chiamato: “nuova evangelizzazione”. Nuovi apostoli, nuovo apostolato, sulla scia dei primi che seguirono il Signore. Il primo ambito da “evangelizzare nuovamente” è la famiglia, vissuta con coerenza e serenità, senza doppie morali e doppie misure. Il futuro si decide in famiglia, discretamente e silenziosamente: l’amore, l’educazione, la fede, la preghiera, l’offerta della sofferenza … “Fare bene” in famiglia è già una buona notizia, è già Vangelo per i figli che crescono. Poi abbiamo l’ambito comunitario: in parrocchia tutti devono sapere che cosa si fa, e partecipare attivamente alle iniziative. Infine c’è il lavoro e la professione: tra un gesto e l’altro c’è sempre la possibilità di una comunicazione, un incontro, una simpatia, momento adatto per dire la parola giusta e veicolare il Vangelo!