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VIDEO / SAN SISTO. Il canto della Novena che accompagna la festa. Il programma e la storia

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Alife si prepara alla festa del Patrono San Sisto. Sono questi gli ultimi giorni che vedono la Comunità riunita in Cattedrale per la recita della Novena con la preghiera e il canto antico che lega gli alifani devotamente al loro Patrono.
Momenti partecipati da tutti, bambini, giovani, anziani riuniti nella preghiera corale “Sempre sempre sia lodato, San Sisto a Dio fedel, nostro avvocato”.
È proprio la Novena ad accompagnare gli alifani “al cielo” ripercorrendo con le invocazioni e il canto la vita di santità e di martirio di Sisto I, papa.
In allegato il manifesto con l’intero programma curato dal Comitato festeggiamenti.

 “Come San Sisto, appassioniamoci a Dio e ai fratelli”
Un invito ad andare oltre la consuetudine e l’aspetto puramente celebrativo, viene dalle parole di Mons. Valentino Di Cerbo nel messaggio di introduzione ai festeggiamenti.

Ritorna la Festa di San Sisto! Un tempo dell’anno per vivere la parte migliore della identità alifana che si proietta verso valori, speranze e salti di qualità nella costruzione della comunità cittadina.
Per gli Alifani, infatti, San Sisto è fattore integrante della propria storia più alta, quella che anche nei momenti difficili li sospinge in avanti e li fa impegnare nella realizzazione di una città migliore, a misura d’uomo, a partire dai valori che il Patrono rappresenta: la fede cristiana, la fedeltà al Vangelo, il senso forte di appartenenza alla Comunità, la solidarietà, la fraternità, l’amore alla vita e alla famiglia.
La storia ci insegna che quando questi valori sono stati vivi nella coscienza e nella vita degli alifani, la Città è cresciuta, quando si sono affievoliti si è assistito a vicende che l’hanno umiliata e avvilita. Occorre impegnarsi tutti perché la Festa non sia soltanto una celebrazione esteriore, ma un’occasione per recuperare il rapporto della Città con il proprio Patrono, per vivere autenticamente gli ideali e i valori che hanno reso la sua vita bella e che ne fanno un modello sempre vivo ed attuale per gli Alifani di oggi.
Chiediamo al nostro Patrono di aiutarci a vivere la sua passione per Dio e per i fratelli, per diventare non solo consumatori di belle tradizioni, ma capaci di partecipare alla costruzione del bene comune e del futuro della nostra Città e di testimoniare una vita che ispirandosi al Vangelo rinnovi Alife nella logica della Civiltà dell’amore.

 La Storia di San Sisto
(tratto dall’Annuario diocesano, 2017)
Secondo il Liber Pontificalis, Xystus era romano, figlio di Pastore, proveniente dalla Via Lata, VII regione dell’Urbe, che all’epoca della sua nascita – I sec. d. C. – era una città cosmopolita, con un milione di abitanti, di ogni razza e religione, centro dell’Impero, governato da M. Ulpio Traiano ed esteso in Oriente e in Occidente, nel quale i cristiani muovevano timidamente i primi passi.
Secondo gli atti di S. Alessandro, mentre Sisto, quale vescovo itinerante, presumibilmente vicario del vescovo di Roma Alessandro, era in cammino apostolico verso l’Oriente, sopraggiunta la notizia della morte del Pontefice, fu atteso in preghiera nella casa della nobile Severina e, al suo arrivo, eletto vescovo di Roma: fu il settimo, dopo Pietro, Lino, Cleto, Clemente, Evaristo, Alessandro. Suo, sembra il nome inserito nel Canone romano. Resse la chiesa presumibilmente dal 115, per 10 anni, 3 mesi e 2 giorni, preoccupandosi di dare dignità e decoro alla celebrazione eucaristica.
Secondo diversi testi medievali, ordinò che al canto del Sanctus, si unissero clero e popolo, che i vasi sacri fossero toccati solo dai sacerdoti e che fossero di lino il purificatoio e il corporale per la Mensa. Inviò missionari nelle Gallie, tra cui anche S. Pellegrino, e dispose che coloro che venivano in visita al Papa, non tornassero nelle loro chiese locali senza le lettere di comunione con il successore di Pietro e quindi con la Chiesa universale.
Secondo il Martirologio di Usuardo il giorno 6 aprile fu il dies natalis, giorno della nascita al cielo, del Beato Sisto, coronato del martirio, probabilmente decapitato come si addiceva ai cittadini romani, al tempo dell’imperatore Adriano.
Era l’anno 125. Venne seppellito sulla via Aurelia.
Secondo la tradizione alifana, autore della traslazione delle sue reliquie da Roma in città, fu Rainulfo di Alife.
Questi, figlio del Conte Roberto e di Caiatelgrima, nel 1119 era Conte di Alife, Caiazzo, Airola, Aversa, Avellino, Morcone, Sant’Agata dei Goti e Telese, signore di Siponto e Monte S. Angelo, senza contare il possesso di numerose altre terre in Campania e in Abruzzo. Aveva in moglie la sorella di Ruggiero, conte di Sicilia, la principessa Matilde di Hauteville, da cui ebbe un figlio, Roberto.
Il conte, per le ambizioni del cognato, si trovò ben presto coinvolto in una lunga serie di conflitti nel complicato groviglio della situazione politica meridionale del XII secolo. In seguito allo scisma creatosi a Roma nel 1130 con l’elezione di Innocenzo II da una parte, e Pietro figlio di Pierleone de’ Frangipani col nome di Anacleto II, dall’altra, Rainulfo fu mandato dal re ad accompagnare l’antipapa a Roma, mentre gli sottraeva la contea di Avellino e metteva in atto il rapimento della contessa Matilde e del figlio, ai fini di una ritorsione.
Trovandosi a Roma, il conte chiese le reliquie di un Santo da collocare nella cripta della Cattedrale che egli voleva edificare quale perla preziosa della città di Alife, da lui considerata futura capitale del proprio feudo, come attestano i resti del castello e dell’edilizia religiosa. Secondo la descrizione del frammento della Istoria di Allifo, attribuita ad Alessandro, abate di Telese, Rainulfo ottenne dall’antipapa Anacleto le reliquie di San Sisto I, e le trasportò nella sua città di Alife. I cittadini di Alatri, che attingono alla medesima fonte, sostengono che parte delle Reliquie si siano fermate nella loro città. Dopo l’arrivo in Alife, avvenuto presumibilmente nell’inverno del 1131 (o ’32), esse furono dapprima collocate nella Cappella extra moenia e poi solennemente poste nella cripta della Cattedrale, ove restarono sino all’8 aprile 1716, quando il vescovo Mons. Angelo Maria Porfirio (1703-1730), scesovi nottetempo, dopo aver fatto scavare a lungo, le ritrovò sotto l’altare principale. Il 6 agosto 1716 nella sacrestia della Cattedrale, ne fu fatta la ricognizione anatomica da Domenico Boccaletti, come racconta lo storico Niccolò Giorgio, testimone oculare dell’evento, e l’11 agosto furono solennemente portate in processione.
Da allora egli è segno di speranza per il popolo, che a lui si rivolge con il canto:
Jé Santo Sisto nostro
protettori jé bello
ca rient’a sta città
jé cii sei cjioello.
Appriesso a Dio tu sei
i no gran signore
jé santo Sisto
nostro protettore.
E sempre sia lodato,
San Sisto a Dio fedel
nostro avvocato.

Sull’epigrafe posta sul pavimento marmoreo, all’ingresso della cappella dedicata al Santo nella Cattedrale, troviamo incisa l’invocazione corale della città di Alife: “Siamo tua gente, o Sisto, guardaci con occhio benevolo, sii tu luce, vita e salvezza del nostro popolo”.

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