“La Terra Santa è una terra da visitare con gli occhi, con la mente e con il cuore“. Il pellegrinaggio diocesano nei luoghi in cui Gesù ha vissuto fino al sacrificio estremo si è concluso, ma quelle emozioni provate hanno lasciato un segno profondo in chi c’era, e soprattutto un messaggio di speranza a fronte delle tante manifestazioni del male che oscurano l’esistenza quotidiana.
Partenza da Roma, lunedì 20 agosto, arrivo a Tel Aviv e da qui diretti a Nazareth. Accompagnati dal vescovo Valentino Di Cerbo e con la preziosa e colta guida di don Massimiliano De Luca dell’Opera Romana Pellegrinaggi, i pellegrini appartenenti a parrocchie diverse di Alife-Caiazzo si sono recati sui resti del villaggio che più di 3.000 anni fa ha visto svolgersi la quotidianità di Gesù, Maria e Giuseppe. Un confronto con la pietra, ruderi venuti alla luce in seguito a lunghi studi di archeologi, che trovano conferma nelle Scritture, garantendo pertanto la certezza storica di ciò che è accaduto al tempo di Gesù. Dal monte Tabor ai luoghi dell’Annunciazione, da Cana a Magdala, al lago di Tiberiade, noto come il Primato di Pietro: la sosta in Galilea ha svelato aspetti sconosciuti della terra di Galilea.
Seconda tappa: Betlemme. Lì, nel contesto della Natività, tante le culture e i popoli che si sono succeduti nei secoli, determinando una stratificazione storica ben evidente anche nei monumenti religiosi. Quattro livelli (giudaico-cristiano, bizantino, crociato e moderno), come ci ha insegnato don Massimiliano, sottesi tuttavia dall’unica verità, che li accomuna e si chiama fede.
I pellegrini hanno mosso gli ultimi passi del viaggio a Gerusalemme, là dove si sono consumati gli istanti finali dell’esistenza di Gesù e dove la Salvezza ha trovato il proprio senso. Le giornate trascorse nella capitale “contesa”, città difficile per la mescolanza di usanze e stili di vita che si dividono spazi religiosi e civili, attori di una convivenza che risente della complessità storica di quei posti, sono state intense.
Quando un viaggio finisce, si sa, si tende sempre a fare un bilancio di ciò che è stato e di ciò che sarebbe potuto essere. Il pellegrinaggio in Terra Santa, è stato un’esperienza intensa e da diversi punti di vista. Ricca per gli stati d’animo che il sostare presso quei luoghi ha suscitato nei presenti; ricca per la notevole mole di meraviglie passate in rassegna; infine, ricca per il clima che si è venuto a creare all’interno del gruppo partecipante. Al piacere della scoperta si è aggiunto, infatti, quello di condividere anche momenti di svago con persone belle – alcune note, altre conosciute invece nella circostanza del viaggio – preludio di un’amicizia nata sotto il segno della fede.