Il prodigio della liquefazione del sangue di San Gennaro si è rinnovato ancora. Il “miracolo” del Santo Patrono di Napoli si è ripetuto, in una Cattedrale gremita di fedeli, pronti a partecipare alla Celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Crescenzio Sepe. Estrazione del busto e della teca con le ampolle del sangue dalla Cappella del Tesoro, portate sull’altare maggiore, e poi l’annuncio tanto atteso: il sangue presente all’interno della teca si è liquefatto. “Ancora una volta San Gennaro ci comunica la sua vicinanza”, così il cardinale Sepe alle autorità e all’attenta ed emozionata folla.
Il culto di San Gennaro rappresenta un caposaldo della devozione non solo per Napoli, ma per l’intera Campania, come indica Giovanni Paolo II nel 1980. Ciò di cui forse pochi sono a conoscenza è il forte legame che c’è tra il Santo e il Matese. Il busto di San Gennaro, vescovo e martire nonché Patrono della Campania, è custodito nella basilica di Santa Maria Maggiore a Piedimonte Matese. Nella parrocchia di Santa Maria Maggiore, San Gennaro, un tempo patrono del Regno, si venerava nella chiesa di San Sebastiano, uno dei tesori architettonici più belli dell’omonimo quartiere situato, tra l’altro, ai piedi del sentiero seicentesco che conduce ai conventi del Monte Muto. Il giorno della ricorrenza religiosa si celebrava anche una festa pagana e nei dintorni vi si svolgeva una fiera.
Il 5 Agosto 1704, la duchessa Aurora Sanseverino, donna illuminata e poetessa arcadica, moglie di Niccolò Gaetani, figura fra le più rappresentative del ricco passato della storia cittadina, donò una reliquia del santo in una custodia d’oro della quale, purtroppo, non si hanno più notizie.
Oltre al mezzo busto, venerato nella Basilica di Santa Maria Maggiore, a Piedimonte Matese sono presenti anche altre raffigurazioni di San Gennaro. Fra questi, vanno senz’altro segnalati “Il martirio” dipinto da Nicola Maria Rossi, che si trovava all’interno del Palazzo Ducale, e una maiolica in cornice, ancora oggi visibile sulla facciata dell’ex Palazzo Merolla, di fronte Largo San Domenico. La maiolica fu commissionata dal canonico di Santa Maria Maggiore, Luigi Merolla, in onore del padre, che si chiamava appunto Gennaro, proprietario del palazzo.
Chi era San Gennaro. Vale la pena rammentare la storia di questo Testimone di Cristo, che non è solo il Patrono di Napoli bensì dell’intera regione Campania, come indicato da Giovanni Paolo II nel 1980. Egli sarebbe nato intorno al 21 aprile 272. Il luogo di nascita è taciuto da diverse fonti: alcune tradizioni antiche lo vogliono nativo di Benevento, città della quale fu vescovo, altre lo danno addirittura come nativo della stessa città di Napoli, altre ancora lo identificano come originario di Calafàtoni, un antico villaggio nei pressi di Caroniti, in Calabria. Il martirio del santo sarebbe avvenuto all’inizio del IV secolo, sotto l’imperatore Diocleziano, che scatenò una feroce persecuzione contro i cristiani: il diacono di Miseno, Sossio, amico del santo, fu arrestato mentre si recava ad assistere alla visita pastorale del Vescovo Gennaro ai fedeli di Pozzuoli. Quest’ultimo, insieme al diacono Festo ed al lettore Desiderio si portarono presso il prigioniero per chiederne la liberazione, ma, professatisi cristiani, vennero arrestati e condannati: la pena definitiva fu quella della decapitazione nei pressi della Solfatara.
Il culto delle reliquie e del sangue del Santo. Si racconta che il suo sangue venne raccolto e conservato da una pia donna di nome Eusebia mentre il suo corpo, dapprima seppellito nell’Agro Marciano, fu traslato nelle catacombe di Napoli solo nel V secolo. Nell’831, il principe longobardo Sicone I assediò Napoli e prelevò le reliquie, portandole a Benevento, da dove furono successivamente traslate nell’Abbazia di Montevergine. Il culto a Napoli, intanto, restò vivissimo, per via del fatto che il capo e le ampolle erano rimasti ancora in città, deposti nei preziosissimi reliquiari del busto e della teca che ancora oggi li conservano. Le altre reliquie invece tornarono a Napoli solo nel 1497 e vennero deposte sotto l’altare maggiore, nell’eccezionale Cappella del Succorpo, capolavoro rinascimentale. In seguito alla terribile pestilenza che si abbattè su Napoli fra il 1526 ed il 1529, i napoletani fecero voto a san Gennaro di edificare nuova cappella all’interno del Duomo: i lavori, iniziati nel 1608, terminarono definitivamente nel 1646. Quanto al sangue, la tradizione racconta che si sarebbe sciolto una prima volta ai tempi di Costantino I, quando le reliquie furono trasferite dall’Agro Marciano alle catacombe napoletane, mentre la prima traccia documentata del prodigio risale al 1389: esso avviene in tre date, ossia la prima domenica di maggio, il 19 settembre ed il 16 dicembre.
Mi dispiace dover notare l’incompletezza della notizia su S.Gennaro ed il Matese, laddove ancora una volta si ignora la fede e devozione per San Gennaro anche tra la gente di Valle Agricola ove esiste un affresco che rappresenta il ns. Santo nel sec XIV. Pregherei di integrare l’articolo a meno che Valle Agricola, pur essendo sita in pieno territorio matesino, spesso é surclassata come centro di infima categoria od addirittur inesistente. Ma così non è. Grazie dell’attenzione. Avv. Luigi Cimino
Gentile Avvocato,
ci fa piacere sapere che anche a Valle Agricola è presente il culto di San Gennaro, magari può mandarci un suo scritto che ce ne descriva la storia e come oggi il Santo è “sentito” dagli abitanti del piccolo centro del Matese. L’attenzione su Piedimonte Matese non vuole essere una mancanza nei confronti di Valle, ma avere documenti che attestano tale devozione ed opere di gran pregio che la testimoniano ci consente con più facilità di poterne parlare.
Buona giornata