Anno B – XXV per Annum (Mc 9,30-37)
A cura di don Andrea De Vico
“Quando fu in casa, chiese loro: ‘Di che cosa stavate discutendo lungo la strada?’ Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: ‘Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti’ ”
Attraversando la Galilea, nella cerchia dei pochi intimi, Gesù preannuncia la sua Pasqua: “Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”. Una parola che essi non capiscono, e neanche interessa approfondire: lungo il viaggio discutono di tutt’altra cosa. Giunti a destinazione, Gesù domanda loro che cosa avessero da dirsi di tanto importante, e quelli, imbarazzati, tacciono. Avevano discusso chi fosse tra loro il più grande. Più avanti, nonostante il rimprovero di Gesù, Giacomo e Giovanni ci riprovano, chiedendogli di sedere uno alla destra e uno alla sinistra, nel regno che sta per instaurare, suscitando l’indignazione degli altri.
Si vede che gli apostoli sono particolarmente sensibili all’argomento.
Essi pensano che Gesù stia andando a Gerusalemme per prendere il posto di Erode. Vedendo i portenti che fa, e le folle che ha messo in movimento, sperano di occupare i primi posti nel regno messianico. Una sorta di “lottizzazione” o spartizione previa del potere.
Si direbbe che Gesù non abbia avuto un grande successo nel plasmare i suoi più intimi discepoli: oltre all’incomprensione di fondo sulla sua identità messianica (pensavano a un messia politico, terreno), uno sta per tradirlo, un altro per rinnegarlo, tutti gli altri per abbandonarlo. Solo con il “bagno di fuoco” della Pentecoste gli apostoli comprenderanno le parole di Gesù, ma per adesso a loro interessa solo primeggiare.
Sono cose che succedono anche tra di noi, nelle alte sfere della politica come nelle piccole comunità. Se venisse Gesù e ci facesse la stessa domanda, cosa risponderemmo? Di che tipo sono i sono i nostri discorsi, stiamo parlando del Regno di Dio, o della fetta di potere che pretendiamo di esercitare sugli altri?
Platone lamenta il fatto che le famiglie del suo tempo (siamo tra il III e II sec. a.c.) non impartiscono la dovuta educazione. Invece delle sane dottrine, si diffondono i cattivi discorsi, che hanno come conseguenza una cattiva educazione dei giovani e i cattivi governi della città. Un cattivo discorso produce la stessa malattia, nell’anima individuale di chi ascolta, come nell’insieme dello Stato (Timeo, 87 A-B)
Siccome tante volte da soli non riusciamo nei nostri scopi, ci associamo a un gruppo, una squadra, un partito, una Chiesa, una figura carismatica. Se potessimo filmare l’umanità dall’alto dei cieli, vedremmo una folla immensa di gente che, saltando sulle punte dei piedi, cerca di sovrastare gli altri, pestando e schiacciando i piedi altrui. Sembra che sul palcoscenico del mondo gli uomini si agitino solo per farsi notare, o per la paura di scomparire. Sembra quasi che vogliano dire: “guardatemi, ci sono anch’io!”
In realtà, Gesù ci invita a primeggiare nel servizio: “se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Quindi egli ci autorizza a cercare il primo posto, ma non nel senso che intendiamo noi, primeggiare come gli apostoli.
Egli ci chiede: che discorsi fate nelle vostre case? Cosa ascoltano i vostri figli, quando parlate tra di voi?