Anno B – XXVII per Annum (Mc 10, 2-16)
A cura di don Andrea De Vico
“All’inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”
La polemica tra Gesù e i farisei sulla questione del ripudio presenta quattro livelli di profondità: “il discorso del Legalista”, che apre la scena con un trabocchetto; “il discorso di Gesù”, che risponde alla provocazione; “il discorso della Legge”, mediato da Mosè ma strumentalizzato dal Legalista; e “il discorso del Creatore”, che in tutta evidenza precede tutte le altre posizioni. A questi quattro discorsi, che già da soli messi insieme sono un perfetto rompicapo giuridico-morale, si sono aggiunte montagne di speculazioni teologiche, giudizi e corollari di tutta una tradizione morale e spirituale, senza calcolare tutta la cronaca rosa e i commenti delle comari. Strano che nessuno abbia mai chiesto cosa ne pensino i diretti interessati, il marito e la moglie!
Ai tempi di Gesù, il nemico numero uno del matrimonio era l’atto del ripudio, che implicava una profonda ingiustizia nei confronti della donna. Il marito aveva il diritto di ripudiare la moglie anche per motivi banali, si facevano delle accese discussioni per vedere se era lecito o no ripudiare la moglie “per qualsiasi motivo”, oppure ci voleva “un motivo grave”, previsto dalla Legge. I farisei, per tendere un trabocchetto a Gesù, gli chiedono un parere, aspettando che prenda posizione a favore dell’una o dell’altra ipotesi. Ma lui risponde in un modo inaspettato: non ammette ripudio, né per un motivo lieve, né per un motivo grave. “Per nessun motivo” è lecito ripudiare la propria moglie. Perché? Ecco: “all’inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina …” Se Mosè aveva previsto un’eccezione, questo avvenne “per la durezza del vostro cuore” (“sclerocardia”).
Oggi da noi il ripudio non esiste più, ma il nemico si ripresenta sotto altro pelo: il divorzio, che sta diventando una pratica generalizzata. Nelle tesi dell’ideologia sessantottina, il divorzio sarebbe dovuto servire a salvare la donna dalla tirannia maschile. L’istituzione matrimoniale, nata nell’interesse della donna e della prole, per “inchiodare” il maschio alle sue responsabilità, venne additata a principale responsabile dell’asservimento femminile, con il curioso paradosso che oggi – in caso di divorzio – è l’uomo che rischia di diventare schiavo della donna. Così molti giovani stimano che non conviene più sposarsi, ripiegano sulla cosiddetta unione libera, la convivenza, il contratto a termine ma … questo modo di gestire la coppia, senza vera decisione né vera partecipazione, costituisce davvero una conquista di libertà, è in grado di garantire dei rapporti forti, o si traduce in un disimpegno nei confronti dell’altro e della società? Nell’odierna mentalità dell’ “usa e getta”, anche la relazione tra l’uomo e la donna sta diventando un rifiuto come un altro.
Stando alle parole di Gesù, il ripudio – come il divorzio – esprime un “indurimento del cuore, una “sclerocardia”. In termini moderni, c’è un “ego” troppo forte, sia da parte dei fanatici religiosi di allora, che dei radicali sostenitori dei “diritti civili” di oggi. Se le preghiere ipocrite rovinano la Fede, l’invocazione di certi diritti – paradossalmente – danneggiano proprio quel valore di Civiltà che dicono di voler promuovere. Infatti, si è mai vista una generazione di cittadini così banali, capricciosi e viziati come la nostra? D’altro canto, la Chiesa non ha ancora imparato a farsi carico delle difficoltà di chi, subendo un divorzio, entra in una situazione di sofferenza e di fragilità, per cui si lega ad altra persona. Fino ad oggi i preti, i fedeli e gli operatori pastorali non hanno saputo dare altra risposta che questa: non possono fare la comunione. Certo, non la possono fare. E allora?
In questa pagina di Vangelo, in tutta evidenza, Gesù sta cercando di salvaguardare l’interesse della donna, contrastando l’incredibile ingiustizia del ripudio. E noi che ne abbiamo fatto? Abbiamo preso questo testo, tutto sommato relativo – visto che riguardava una situazione di polemica su di un problema che non esiste più, il ripudio – e lo abbiamo infilato addosso a persone in difficoltà per questioni matrimoniali, come se fosse una camicia di forza. Ma così facendo, siano ricaduti nella stessa sclerocardia che Gesù rimprovera agli avversari. Ci sono parroci e pastori d’anime che, bene addestrati nella difesa del dettato tridentino (1545; 1562), si sono fatti cogliere impreparati all’ondata della secolarizzazione moderna, trattando a distanza o emarginando le persone in difficoltà, acuendone il dolore. Per fortuna un miracolo c’è stato, e lo dobbiamo a Papa Francesco: con il “Sinodo della Famiglia”, la parola è stata data ai diretti interessati, il marito e la moglie. E’ la prima volta che succede. E’ importante ascoltare la storia, la sofferenza e la rabbia delle persone!
Non sono mai esistiti, né mai esisteranno, sistemi giuridici in grado di regolare la sclerocardia o voracità dell’ego. Certe attuali nuove leggi sul matrimonio e la famiglia, come le leggi degli anni ’80 sui rifugi antiatomici, sono perfettamente inutili o superflue, perché rispondono agli interessi e alle paure di una società ossessionata dall’affermazione dei diritti individuali. E allora, invece di perdere tempo nelle questioni insolubili di un ego che vuole tutto per sé, non sarebbe meglio cercare di capire il progetto originario di Dio, quello della “sola carne?” Che cos’è questa “sola carne”? Una metafora poetica? Un oggetto impossibile? Un progetto divino? E’ in questa direzione – indicata da Gesù – che dobbiamo cercare. E non abbiamo detto ancora niente!