Anno B – XXVIII per Annum (Mc 10,17-27)
A cura di don Andrea De Vico
“Mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e gli domandò: ‘Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?’ ”
Gesù incontra una persona profondamente religiosa, ma che si sente manchevole di qualcosa, desidera di più, cerca una risposta: “cosa devo fare per avere la vita eterna?” Il fatto di porre la domanda rivela il suo disagio. Scrupolo etico? Ansia di perfezione? Voglia di fare meglio? Non sappiamo, ma la risposta di Gesù è semplice: “tu conosci i comandamenti …” E quello obbietta: “ma io queste cose le faccio già”. E allora, se proprio vuoi fare di più, “lascia tutto e seguimi!” In realtà, quell’uomo si aspettava una risposta diversa, all’interno delle vie già note, nel campo dei buoni comportamenti, da lui già praticato e conosciuto. Egli puntava sulla sua bravura, sulla percezione di sé come persona onesta, sull’incremento dei suoi meriti personali, sul senso etico della vita, ma questa risposta lo sconvolge: “metti da parte tutto, e seguimi!” Si vede che i beni che possiede cozzano col suo desiderio di una vita più piena, più felice, più impegnata, per cui se ne va, rattristato. Non sappiamo quale sia stato il destino di quest’uomo. Se avesse seguito Gesù insieme agli apostoli, forse avremmo un campione in più di santità, ma è stato un fallimento, un’occasione perduta. E Gesù comincia a snocciolare una “litania dell’impossibile”: “quanto è difficile … quanto è difficile … è più facile che … impossibile agli uomini … possibile a Dio”. Che cosa è impossibile? Che cosa è difficile?
Ecco la domanda capitale che ogni giovane si pone: “cosa devo fare?” “ho una vita davanti: cosa ne faccio?” “cosa fare per avere una vita piena, interessante, felice?” Le risposte possono essere giuste, e possono essere erronee. Prima di tutto, c’è l’errore delle cose: pensare che la realizzazione della mia vita dipenda dalle ricchezze, dai mezzi, dalle risorse, dai dispositivi. In realtà, io posso anche vivere in un intero pianeta pieno di ricchezze e di tecnologie, ma non sarà questo a darmi “più vita” (chi ama il cinema, torni a vedere “Blade runner”). In secondo luogo, c’è l’errore dell’etica: pensare che il mio successo dipenda dalla perfezione dei miei atti, la mia bontà, la mia bravura, la mia morale, il mio senso etico, il rispetto che porto per la tradizione. In realtà, se tendo a chiudere la vita all’interno di un “bravissimo me”, io mi consegno all’insoddisfazione e alla tristezza. La morale e la tradizione saranno pure cose belle, ma non meritano di essere amate per sé stesse, se non in vista di qualcosa di più grande. Che cosa?
Osserviamo cosa succede nella Liturgia. In primo luogo, si “ascolta” la Parola di Dio (Logos), e di conseguenza si assumono impegni morali (Ethos). Viene prima il Logos (la parola, l’annuncio), e poi l’Ethos: “cosa devo fare per …?” Anche Gesù faceva così, girava paesi e campagne ripetendo una cosa sola: “il Regno di Dio è vicino” (Logos, annuncio), “convertitevi e credete al Vangelo” (Ethos, impegno che segue l’annuncio).
Anche nell’educazione, vengono prima le convinzioni, e poi le regole. Non è possibile educare un ragazzo dicendogli di fare delle cose senza spiegargli il perché, senza dargli un buon motivo per agire. In politica è lo stesso: se dovessimo mettere il dovere al primo posto, ci sarebbe uno sconvolgimento della convivenza umana. Avremo uno “stato etico”, basato sul senso del dovere dei cittadini, come lo stato fascista e nazista, avremo una società di tipo militare, avremo una famiglia asservita allo stato. L’educazione si risolve in un addestramento, la fedeltà in una mera esecuzione di ordini. Dunque non è cosa di poco conto, e non è cosa astratta, affermare che il dono precede il dovere, che le convinzioni precedono le regole, che la grazia precede il merito, che la parola precede il precetto, che la democrazia precede l’ordine.
È importante affermare questo primato della coscienza sull’esperienza, altrimenti ne escono fuori delle aberrazioni terribili: un fallimento esistenziale, un culto incoerente, un’educazione priva di convincimenti, una spiritualità precettistica, una parrocchia tradizionalista, una religione legalistica. Persino in campo medico e ospedaliero possono esserci dei dottori e dei dirigenti bravissimi, attenti nel porre l’atto medico sotto il manto tutelare dell’Etica, ma l’Etica è insufficiente, non basta a preservare la vita dalla manipolazione e dal mostro del mercato.
Il fatto che il Logos preceda l’Ethos, comporta delle enormi conseguenze anche nella sfera sessuale. I giudei del tempo di Gesù erano ossessionati da un’esigenza di purità rituale, per cui la “purezza” risiedeva nei piatti puliti e nelle mani ben lavate fino al gomito. Ai nostri giorni, la stessa ossessione si manifesta nei regimi alimentari, nel cibo pesato a grammi, nell’acqua minerale che depura fuori e fa belli dentro, nella preoccupazione per il peso-forma, la silhouette, ecc. Il mondo cattolico, per sfogare le stesse angosce o ossessioni puritane, ha tradizionalmente preso di mira la sfera sessuale: non guardare, non fare, non toccare. In realtà, se vogliamo stare alle parole di Gesù, la purezza non sta né nel piatto né nel sesso, ma nella parola che fiorisce sulla lingua di uno per raggiungere l’orecchio di un altro: “voi siete puri per la Parola che avete ascoltato” (Gv 15, 3). L’organo della purezza è molto semplice: sta nella lingua di chi parla, e nel timpano di chi ascolta.
Ecco allora che cosa dobbiamo fare, tutti, a partire dalla nostra giovinezza: mettersi in ascolto! Porre la giusta domanda che ci fa consapevoli dello svolgimento della nostra vocazione: “cosa devo fare per …?” Se lascio tutto, ritroverò tutto, più di quanto possa umanamente immaginare. E se questo avviene, sono già in regime di vita eterna, vita abbondante, felice, piena, vita risorta!