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I raccomandati al tempo di Gesù. Commento al Vangelo di domenica 21 ottobre

Commento al Vangelo - Anno B - XXIX per Annum (Mc 10, 35-5)

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A cura di don Andrea De Vico
Anno B – XXIX per Annum (Mc 10, 35-5)

“In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, dicendogli: ‘Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra’”

Se due miglia fa gli Apostoli avevano discusso chi fosse il più grande, ricevendo il rimprovero di Gesù che li ordinava al servizio reciproco, ora ci sono due fratelli che si fanno avanti e chiedono una “raccomandazione”. Matteo specifica che essi mandano la madre avanti: “Dì che questi due miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno” (Mt 20, 21).

La raccomandazione consiste nella pratica, largamente diffusa, di segnalare qualcuno ai superiori gerarchici perché sia promosso ai ranghi superiori, ponendolo in una situazione di vantaggio rispetto ad altri. Spesso la raccomandazione costituisce la sola possibilità di accesso alle cariche e agli stipendi più alti delle funzioni pubbliche. Questa pratica è così generalizzata che la ritroviamo tanto nelle istituzioni di destra, tradizionalmente conservatrici e gelose dei propri privilegi, quanto nei gruppi di sinistra, che per statuto ideologico dovrebbero opporsi alle disuguaglianze e ai favoritismi. Ed è facile gridare allo scandalo: ci sono giornalisti che conducono inchieste puntigliose e intelligenti contro corruzioni e raccomandazioni, ma se andiamo a vedere, scopriremo che anche il loro curriculum personale ne include almeno una. C’era da aspettarselo: chi fa la battaglia per la castità, prima o poi si rivela essere più sporcaccione degli altri. Se tutti condannano pubblicamente la raccomandazione, alla fine quasi tutti vi ricorrono. Si direbbe che anche l’ingiustizia tende ad essere equamente distribuita: non ci possiamo lamentare.

I soggetti di questo teatrino sono tre: il “raccomandatore”, che sfrutta il proprio potere e la propria posizione sociale; il “raccomandato”, che gode della conseguente posizione di vantaggio; il “raccomandatario”, che riceve la segnalazione del soggetto da favorire. Il meccanismo giunge “a buon fine” quando i soggetti coinvolti agiscono di concerto. Quando il raccomandato si è insediato, il raccomandatario esige da lui un riconoscimento di cortesia, per cui gli segnala un nuovo candidato da favorire, aprendo una catena difficile da spezzare, che finisce per premiare candidati impreparati o inadatti, a danno di chi ha i titoli e la preparazione giusta. Il personale assunto è incompetente, i politici ricorrono alle consulenze, e la macchina amministrativa si elefantizza.

Giacomo a destra, Giovanni a sinistra. Gli altri compagni si indignano. La madre dei due è la “raccomandatrice” che, prostrata ai piedi di Gesù, pensa di barattare un religioso omaggio con il vantaggio a favore dei figli; Giacomo e Giovanni sono i “raccomandati”, che dovrebbero essere promossi senza motivo e senza merito; gli altri apostoli sono pronti all’indignazione, non per esigenza di giustizia, ma perché sono anch’essi dei “potenziali raccomandati” che non si farebbero soffiare il posto. È una metafora di quel che accade ai nostri giorni: soggetti mediocri che vogliono diventare preti, preti che desiderano a diventare vescovi, e vescovi che puntano a un determinato dicastero o cardinalato, se non proprio al papato, per cui devono presentarsi a qualcuno, devono barattare qualcosa, devono creare eventi a bella posta, per brillare o mettersi in luce.

Che ne pensa il “raccomandatario”, Gesù Cristo in persona? Egli risponde in una maniera sorprendente. Per capire le sue parole, immaginiamo che si presenti oggi, a un politico, un tale, per ottenere un determinato ufficio. Il politico gli elenca tutti i doveri legati a quella mansione, i rischi, i costi, gli imprevisti e le incombenze … La persona è pronta a pagarne il prezzo? Mettiamo che quello dica di si. Il politico risponde: “Bene, il prezzo lo pagherai, ma quanto a quel posto, scordatelo, hai sbagliato indirizzo, non è in mio potere”.

La risposta di Gesù più o meno è questa. Egli dice ai due: voi non sapete quello che chiedete; potete bere il calice e pagare il prezzo?” Gli rispondono: Si”. E lui: “Il calice che io bevo lo berrete anche voi, e il mio battesimo lo conoscerete anche voi, ma stare a destra o a sinistra, scordatevelo, non sta a me, lo sa il Padre”. Essi pensavano di andare a Gerusalemme per diventare primi ministri, ma Gesù parla di un calice amaro, di un battesimo di sangue. “Baptisma”, in greco, significa “immersione”. Difatti Gesù si laverà nel sangue, il suo stesso sangue, e un giorno anche gli apostoli moriranno quasi tutti martirizzati, come lui. Berranno lo stesso calice, saranno “battezzati” allo stesso modo, nel sangue.

Alla fine ognuno è libero di chiedere quello che vuole. Chiedere non costa niente, ma nessuno può stabilire in anticipo il prezzo da pagare: “voi non sapete …” Praticamente Gesù sta dicendo di accettare il “prezzo” della raccomandazione (sofferenza e sangue, fino al martirio), ma non assicura il “posto”. Anche chi vuole diventare prete, o vescovo, o papa, stia tranquillo perché in un certo senso sarà accontentato, ma non come pensa lui: come vuole il Padre!

Perché chinare il capo di fronte al superiore gerarchico? Riverenza sincera in considerazione di cotanto ufficio, o diabolica perversione di un servizio che punta al potere? Conviene? La raccomandazione, sulle prime, sembra promuovere la persona che furbescamente riesce ad accedere al grado superiore, ma alla fine insinua dei dubbi di valore, e la persona stessa, se ha un barlume di consapevolezza, si interroga: ma io sto qui perché valgo, o per la magnifica pedata che mi hanno stampato nel sedere?” Al contrario, una persona che si realizza “da sé”, con i propri sacrifici e i propri modesti mezzi, ha un’alta stima di sé, e lo dice con fierezza, cosa che non potrà mai avvenire nello svogliato, sonnolento e inefficiente orizzonte dei raccomandati.

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