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“Prendi il largo”, trova il coraggio! Commento alla Sacra Scrittura di domenica 10 febbraio

V Domenica del Tempo ordinario Is 6, 1-2a.3-8; Sal 137; 1Cor 15,1-11; Lc 5, 1-11 

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Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano
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Raffaello Sanzio, La pesca miracolosa, 1514-1515, Victoria and Albert Museum, London

V Domenica del Tempo ordinario
Is 6, 1-2a.3-8; Sal 137; 1Cor 15,1-11; Lc 5, 1-11

Gesù non si accontenta della barca di Pietro per parlare alle folle; vuole di più: vuole il cuore di Pietro.
È stupefacente ma il cosiddetto primato di Pietro ha origine nella miseria, nel peccato di Pietro!

L’incontro di Pietro con Gesù genera in Pietro una crisi, una tempesta nella sua vita quieta, colma di sicurezze, piena di idee anche audaci (se vogliamo dar credito al IV Evangelo era anche uno che stava nel deserto, vicino a certi gruppi messianici, forse violenti, come l’appellativo “barjona” che Gesù gli dà al capitolo 16 di Matteo fa pensare; i “barjona”, infatti erano un gruppo di opposizione violenta ai romani) ma molto sicura di sé. Nel passo di oggi Gesù lo “crea” pescatore di uomini… c’è qualcosa di essenziale da mutare nella sua esistenza. Ogni crisi, dobbiamo dircelo, è un momento di verità nella vita di ognuno di noi; spesso attraverso una crisi Dio agisce in noi. Il racconto di Luca che oggi passa nella liturgia ci mostra che l’inizio della sequela di Pietro sorge in un momento di crisi.

Per Luca la sua esperienza con Gesù si snoda in un riconoscersi peccatore dinanzi all’Inviato di Dio fino alla caduta più disastrosa di quel triplice e vile rinnegamento dell’Amico e del Maestro; una caduta  in basso lì dove più miseri non si può né essere e nè apparire. Pietro inizia tutto in una crisi profondamente umana e alla fine dovrà passare anche per la crisi di quella sequela che sulle rive del lago era iniziata; una crisi, questa del rinnegamento, che sarà il possibile ricominciamento.

La vicenda di Pietro è però stretta pure tra due misericordie: la misericordia che lo chiama nel suo peccato e lo invia ad essere pescatore di uomini, la misericordia che lo guarda con amore nel cortile di Caifa dopo il canto del gallo. Pietro è un peccatore perdonato che si fa vincere dall’amore misericordioso di Dio che si manifesta in Gesù.

La potenza della parola di Gesù che attira le folle, la potenza del segno della pesca feconda ed abbondante si manifesta ancor più nella sua misericordia; Pietro avverte subito la distanza tra lui peccatore e quel profeta straordinario nel quale Dio parla ed agisce … la crisi è la improvvisa consapevolezza della sua miseria e il crollo di tutte le sue presunzioni e sicurezze.

Pietro però dovrà scoprire che il suo peccato non è una diga che impedisce l’incontro con Dio; no! l’incontro con il Dio di Gesù, con il  Dio della rivelazione cristiana avviene proprio su quel terreno, sul terreno della miseria, del peccato, sul terreno di quella crisi che smantella le umane sicurezze e costruzioni.

Pietro parte peccatore e consapevole del suo peccato, reso ancor più palese dalla santità di Dio che risplende in Gesù e giunge, alla fine dell’Evangelo, ancora peccatore e capace di scendere in un abisso di miseria e di viltà … Luca, unico ad annotare questo particolare, ci narra che dopo il rinnegamento (Lc 22, 60-62), senza aspettare le lacrime di Pietro, Gesù lo guarda mentre il gallo canta … Luca scrive in greco non di un semplice sguardo ma di un guardare dentro (verbo “enblèpo”); Gesù ancora gli guarda il cuore … è quello che Gesù vuole da Pietro … penetrato da quello sguardo pieno di amore Pietro si ricordaesce fuori e piange

In quella notte di tenebra e rinnegamento Pietro è completo. Ora davvero può partire per essere pescatore di uomini; Luca anche in questa espressione è sottile: non usa come Marco e Matteo la parola pescatore ma un participio che significa colui che prende vivo. Luca pensa al fatto che i pesci veri, catturati in una comune rete, muoiono, ma la pesca che Gesù chiede a Pietro di intraprendere è per la vita; la rete di Pietro e della Chiesa non è per la morte ma per la vita; Pietro è al servizio di Cristo che ci vuole afferrare e conquistare (cfr. Fil 3,12) ma per condurci alla vera vita.  A Pietro su quella riva di lago sta accadendo proprio questo: Gesù lo sta pescando per la vita, lo sta afferrando e sta aprendo i suoi orizzonti ristretti e mediocri; lo sta sospingendo “al largo”, anzi in greco Luca scrive “vai verso il profondo”… il profondo di sé, della storia, degli uomini. Così Pietro potrà essere l’uomo che Gesù sogna … il cammino però sarà lungo; Gesù aprendogli gli orizzonti e portandolo nel profondo della storia lo vuole condurre verso un mondo senza confini, verso una inimmaginabile pienezza.

Il cammino di Pietro sarà lungo e lo sarà anche per noi; un cammino che parte da un coraggio che è necessario avere: lasciarsi mettere in crisi da Dio, lasciarsi toccare dal fuoco di Dio … Isaia fece questa stessa esperienza dinanzi alla maestà del Dio “tre volte santo”… quel fuoco giunse al profondo della sua vita e gli fece fiorire sulle labbra la parola di salvezza da annunziare al popolo; Pietro incontra quello stesso fuoco che lo atterra ma alle ginocchia di un uomo. E’ qui lo straordinario della rivelazione evangelica e non ci dobbiamo mai stancare di contemplarlo e proclamarlo: il Dio tre volte santo si incontra in quell’Uomo di Nazareth, nella sua parola che conduce al profondo, su orizzonti di verità e che libera da ogni paura … il Dio tre volte santo si incontra in quel suo sguardo di misericordia che non copre  o nasconde il peccato dell’uomo ma è pronto ad assumerlo, a portarlo su di sé fino alla croce in un amore sconfinato e preveniente. Ed è lì, in questo amore, che esplode la vita, lì diviene contagiosa.

Pietro può diventare colui che prende vivi  per la vita perché si sta fidando di questo amore che è più forte della morte, come proclama Paolo nella stupenda pagina della Prima lettera i cristiani di Corinto che oggi passa nella liturgia: Pietro (in aramaico Cefa) sarà testimone privilegiato della vittoria del Crocifisso sulla morte … sì, proprio lui, lui che aveva sperimentato come l’amore vince la morte, come l’amore misericordioso fosse davvero l’unica onnipotenza di Dio; Pietro sperimentò questa onnipotenza sulle sue ferite, sui suoi peccati; aveva dovuto imparare a conoscere un Dio che non si allontana dal peccatore (come lui incautamente aveva chiesto a Gesù) ma gli si fa vicino, lo scruta dentro con amore e non per umiliarlo o disprezzarlo e di lui fa una meraviglia.

Certamente tutto questo ci interpella: quanto le energie della resurrezione sono da noi accolte con il loro fuoco perché tocchino le nostre labbra impure, le nostre vite segnate dal peccato? Siamo disposti a passare per quel fuoco, siamo disposti a lasciar bruciare dall’onnipotenza misericordiosa di Cristo quell’uomo vecchio a cui siamo sempre troppo attaccati? Siamo disposti a lasciarci catturare da lui per la vera vita? Siamo disposti a passare per queste crisi salutari?

Siamo disposti ad essere smantellati nella nostra pretesa giustizia per mostrarci nella nostra verità di uomini peccatori? E’ necessario perché solo così incontreremo davvero Dio, solo così incontreremo lo sguardo di Cristo che accoglie, perdona e guida al profondo in una libertà veramente senza confini.

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