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“La vita è bella quando tu la doni”. A Raviscanina per la Via Crucis della Caritas diocesana

L'immagine di Maria, sotto la croce del Figlio, diventa "scuola" per imparare ad essere "madri" di chi ha perso ogni dignità, di chi è solo e sofferente

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“Il cammino della cia crucis, messaggio forte di salvezza”, così il vescovo Valentino ha richiamato l’attenzione di quanti hanno partecipato alla preghiera di venerdì scorso organizzata dalla Caritas diocesana.
A far da cornice al percorso, vissuto con gran raccoglimento, il suggestivo paesaggio naturale in località Calvario, lungo la costa montana che sovrasta il centro di Raviscanina: protagonisti di questo momento promosso dal direttore della Caritas don Alessandro Occhibove, gli operatori e i volontari delle caritas parrocchiali.

A fare gli onori di casa il parroco del posto, don Armando Visone, la sua comunità e il sindaco Ermanno Masiello, ma in particolare i giovani del Catecumenato crsimale, in testa alla processione che è salita fino alla chiesetta dove al termine della via crucis il Vescovo ha presieduto la Messa.

Complice il bel pomeriggio di sole ma soprattutto la volontà di condividere la preghiera, perché, come ha sottolineato don Alessandro, “solo con essa si cresce nella carità…“, i partecipanti sono giunti da Sant’Angelo d’Alife, Castel di Sasso, Baia e Latina, Alife, San Potito Sannitico, Villa Santa Croce, Dragoni, dalle parrocchie di Piedimonte di Ave Gratia Plena e Ss. Marcello e Michele. Hanno trovato ad accoglierli i volontari della Caritas diocesana Mena, Maria Luisa, Irma e i giovani del Servizio Civile Amalia, Annamaria, Francesca e Luca che hanno curato l’organizzazione della preghiera.

“Abbiamo percorso la via della croce per ricordare quale morte Gesù ha scelto: quella dettata da un amore unico e libero per il Padre che negli anni di vita lo ha portato ad essere con gli ultimi, i sofferenti, le persone vinte dalle ingiustizie“.
Un pensiero alla storia di 2000 anni fa e uno agli impegni di oggi a cui scelgono di dedicarsi i tanti volontari della carità: “Il figlio di Dio ci ha dimostrato che la vita è bella quando tu la doni e non quando ci si pone da spettatori di fronte al dolore e al male dei fratelli“. A queste parole un monito contro la diffusa mentalità che oggi ci fa più egoisti, meno aperti ai bisogni dei fratelli e che dietro la modaiola espressione “prima gli italiani, nasconde lo stesso pallore di coloro che Gesù chiamava spolcri imbiancati“, ha aggiunto il Pastore.

La passione di Gesù, e la partecipazione ad essa misura la coerenza e la testimonianza cristiana: “Di fronte alla passione di Gesù ci sono curiosi spettatori; coloro che partecipano mal volentieri, come il cireneo; ci saranno stati tanti a commiserare le sue piaghe sanguinanti o il dolore della madre; altri ancora impauriti che sono scappati…
Ma chi è che capisce vermanete la passione?” ha chiesto Mons. Di Cerbo.
“È Maria che per prima si lascia contagiare dal figlio che è sulla croce e nelle parole Ecco il tuo figlio mentre Gesù le indica il discepolo amato, ella coglie il messaggio di amore che le è affidato: diventare madre di tutti, madre della Chiesa e trasformare il mondo”.

Il mandato che il Vescovo ha affidato agli operatori della Caritas è partito da qui, dalla scena di Maria ai piedi della croce: “La via crucis ci chiede di diventare madri di chi è senza dignità e ha perso tutto; di imparare da Maria ad essere uomini e donne di carezze, uomini e donne di una mano data…”

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