Giada Aquilino – Città del Vaticano
Con la sua “umiliazione” Gesù ha aperto per noi la “via della fede”. Dopo la tradizionale benedizione delle Palme in Piazza San Pietro, ai piedi dell’obelisco, l’ascolto del Vangelo di Luca (Benedetto colui che viene nel nome del Signore) e la processione che si è snodata fino al sagrato della Basilica Vaticana ed è stata animata da tanti ragazzi nell’odierna Giornata Mondiale della Gioventù a livello diocesano, Papa Francesco dedica l’omelia della Santa Messa nella Domenica delle Palme al “duplice mistero” che accompagna ogni anno l’ingresso nella Settimana Santa: le “acclamazioni” per Gesù che entra a Gerusalemme e la sua “umiliazione” e insieme “le grida festose e l’accanimento feroce”. Si ritrova, spiega, nei “due momenti caratteristici” di questa celebrazione: prima nella processione con i rami di palma e ulivo e poi con la lettura della Passione del Signore, secondo l’evangelista Luca (Ascolta il servizio con la voce del Papa).
L’esortazione del Pontefice ai 40 mila fedeli presenti alla Messa, giunti fino a 50 mila per l’Angelus, è a lasciarsi “coinvolgere” in tale azione “animata dallo Spirito Santo”, per ottenere quanto chiesto nella preghiera: “accompagnare con fede – spiega Francesco – il nostro Salvatore nella sua via” e “avere sempre presente il grande insegnamento della sua passione come modello di vita e di vittoria contro lo spirito del male”.
Gesù ci mostra come affrontare i momenti difficili e le tentazioni più insidiose, custodendo nel cuore una pace che non è distacco, non è impassibilità o superomismo, ma è abbandono fiducioso al Padre e alla sua volontà di salvezza, di vita, di misericordia; e, in tutta la sua missione, è passato attraverso la tentazione di “fare la sua opera” scegliendo Lui il modo e slegandosi dall’obbedienza al Padre. Dall’inizio, nella lotta dei quaranta giorni nel deserto, fino alla fine, nella Passione, Gesù respinge questa tentazione con la fiducia obbediente nel Padre.
Mondanità spirituale minaccia Chiesa
Nell’ingresso a Gerusalemme, Gesù ci mostra “la via”, quella “dell’umiltà”, rispetto a quella del “trionfalismo” indicata dal demonio, che è – spiega – il “maligno”, il “Principe di questo mondo”.
Il trionfalismo cerca di avvicinare la meta per mezzo di scorciatoie, di falsi compromessi. Punta a salire sul carro del vincitore. Il trionfalismo vive di gesti e di parole che però non sono passati attraverso il crogiolo della croce; si alimenta del confronto con gli altri giudicandoli sempre peggiori, difettosi, falliti… Una forma sottile di trionfalismo è la mondanità spirituale, che è il maggior pericolo, la tentazione più perfida che minaccia la Chiesa. Gesù ha distrutto il trionfalismo con la sua Passione.
Con la croce non si può negoziare
Il cuore del Signore, prosegue il Papa, “godeva nel vedere l’entusiasmo e la festa dei poveri d’Israele”, dei giovani “che gridavano il suo nome acclamandolo Re e Messia”. Umiltà, aggiunge Francesco, non vuol dire “negare la realtà”: Gesù è “realmente” il Messia, il Re. Al contempo il Suo cuore “è su un’altra via”, sulla “via santa” che va dalla ‘condizione di Dio’ alla ‘condizione di servo’, quella “dell’umiliazione nell’obbedienza ‘fino alla morte e a una morte di croce’”.
Egli sa che per giungere al vero trionfo deve fare spazio a Dio; e per fare spazio a Dio c’è un solo modo: la spogliazione, lo svuotamento di sé. Tacere, pregare, umiliarsi. Con la croce, fratelli e sorelle, non si può negoziare, o la si abbraccia o la si rifiuta. E con la sua umiliazione Gesù ha voluto aprire a noi la via della fede e precederci in essa.
Verso l’alba della risurrezione
La prima a percorrere la via della fede, “dietro di Lui”, è stata Maria, “la prima discepola”.
La Vergine e i santi hanno dovuto patire per camminare nella fede e nella volontà di Dio. Di fronte agli avvenimenti duri e dolorosi della vita, rispondere con la fede costa ‘una particolare fatica del cuore’. È la notte della fede. Ma solo da questa notte spunta l’alba della risurrezione.
La via dell’umiltà
Ai piedi della croce, Maria ripensò alle parole con cui l’Angelo le aveva annunciato il suo Figlio: «Il suo regno non avrà fine»: eppure, osserva Francesco, sul Golgota la Vergine “si trova di fronte alla smentita totale di quella promessa: suo Figlio agonizza su una croce come un malfattore”.
Così il trionfalismo, distrutto dall’umiliazione di Gesù, è stato ugualmente distrutto nel cuore della Madre; entrambi hanno saputo tacere. Preceduti da Maria, innumerevoli santi e sante hanno seguito Gesù sulla via dell’umiltà e sulla via dell’obbedienza.
In questa Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebra nelle diocesi, il Papa ricorda ai ragazzi “tanti santi e sante giovani, specialmente quelli ‘della porta accanto’”, che “solo Dio conosce” e che “a volte Lui ama svelarci a sorpresa”.
Cari giovani, non vergognatevi di manifestare il vostro entusiasmo per Gesù, di gridare che Lui vive, che è la vostra vita. Ma nello stesso tempo non abbiate paura di seguirlo sulla via della croce. E quando sentirete che vi chiede di rinunciare a voi stessi, di spogliarvi delle vostre sicurezze, di affidarvi completamente al Padre che è nei cieli, allora, cari giovani, rallegratevi ed esultate! Siete sulla strada del Regno di Dio.
Il silenzio di Gesù
Francesco torna alle “acclamazioni festose” e all’“accanimento feroce” e sottolinea quanto sia “impressionante” il silenzio di Gesù nella sua Passione: vince anche la “tentazione di rispondere, di essere ‘mediatico’”.
Nei momenti di oscurità e grande tribolazione bisogna tacere, avere il coraggio di tacere, purché sia un tacere mite e non rancoroso. La mitezza del silenzio ci farà apparire ancora più deboli, più umiliati, e allora il demonio, prendendo coraggio, uscirà allo scoperto. Bisognerà resistergli in silenzio, “mantenendo la posizione”, ma con lo stesso atteggiamento di Gesù. Lui sa che la guerra è tra Dio e il Principe di questo mondo, e che non si tratta di mettere mano alla spada, ma di rimanere calmi, saldi nella fede. È l’ora di Dio. E nell’ora in cui Dio scende in battaglia, bisogna lasciarlo fare. Il nostro posto sicuro sarà sotto il manto della Santa Madre di Dio.
La ragione della speranza
Nell’attesa che “il Signore venga e calmi la tempesta”, l’auspicio del Pontefice è che “con la nostra silenziosa testimonianza in preghiera” troviamo la “ragione della speranza che è in noi” per vivere “nella santa tensione tra la memoria delle promesse, la realtà dell’accanimento presente nella croce e la speranza della risurrezione”.
Fonte Vatican News