Accogliamo la bella riflessione che ci viene dall’agenzia SIR della Chiesa Cattolica, dedicando un pensiero particolare e una preghiera per i giovani seminaristi della Diocesi di Alife-Caiazzo e per quelli che il prossimo anno, intraprenderanno un primo cammino di discernimento.
Michele Gianola* – Non c’è gioia più grande che rischiare la vita per il Signore. Così Papa Francesco nel suo messaggio per la 56ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che si celebrerà il 12 maggio prossimo (domani, ndr). Rischiare la vita non ha il sapore dell’azzardo o della ricerca del pericolo, no; ha il gusto dell’intuizione di una promessa che già riesce a scorgere, come se vedesse l’Invisibile. È la vicenda di molti personaggi della Scrittura, uomini e donne che per fede hanno saputo lasciare, partire senza sapere dove precisamente la strada li avrebbe condotti, compiere imprese che mai si sarebbero immaginati; non da supereroi ma da uomini e donne decisi a giocarsi il proprio futuro nella sequela di quella profezia di vita che sempre si accompagna alla promessa di Dio.
La vocazione è così. Non è facile discernere (Messaggio per la 56ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni) ma ha sempre il colore di un invito, una voce che viene da fuori, un grido che proviene dalla realtà e che può essere riconosciuta come Parola di Dio.
Domenica, noi preghiamo per questo: perché ciascuno si metta in ascolto delle promesse che Dio racchiude nella storia di tutti i giorni e nella vita di ognuno.
Sì, perché se esiste una promessa grande, che allarga l’orizzonte su un largo spazio di futuro e permette la scelta, l’orientamento di tutta una vita, ci sono anche promesse più feriali, nascoste nelle pieghe mai banali della quotidianità e che ne permettono la trasfigurazione.
Sono piccoli gesti di bene, di gratitudine, semplici richieste di scuse o grandi domande di perdono, passi semplici ma decisi che sanno ricucire fratture, divisioni, permettono di superare rancori incancreniti da anni; il primo passo, lo spunto, l’innesco, viene dalla realtà, dalla possibilità di riconoscere in un momento, quello opportuno capace, per opera di Dio, di rivelarne la promessa.
Se discernere non è semplice, trovare il coraggio di rischiare lo è forse ancora meno. Ed è per questo che bisogna pregare. Non con una disposizione che ‘mette il cuore in pace’ perché alla fin fine se ne preoccuperà Dio, ma perché la preghiera pone a contatto con il cuore di Gesù, in ascolto dell’Amico (Francesco, “Christus Vivit”) dona la forza – perché spinti dalla sua carità (2Cor 5,14) a concretizzare. Perché l’amore – lo sappiamo – si misura più nei fatti che nelle parole.
Pregare per le vocazioni spinge a prendersi cura a sentire sorgere, dalla passione di Gesù, anche la nostra.
Appassionarsi, rischiare la vita sul suo nome (cf. At 15,26), coltivare l’audacia di intuire proposte, di percorrere sentieri, di lasciare vecchie strade per aprirne di nuove, di rimanere aperti alla fantasia dello Spirito – purché sia la sua e non la nostra soltanto – che rende capaci di profezia, anche oggi.
Preghiamo perché nell’ascolto della Parola, i giovani in particolare ne rimangano avvinti così che ardenti della sete di Dio non smettano mai di cercarlo e con gli occhi di chi crede (cf. Francesco, Lumen Fidei, 1) riescano a scorgere quella promessa nascosta ma quanto mai reale che ha la forza di lanciarli con decisione nel compimento della loro vocazione, “come se vedessero l’Invisibile” (cf. Francesco, Evangelii Gaudium, 150).
(*) direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni