Un incontro partecipato col cuore, quello che mercoledì sera (15 maggio) si è svolto presso la Biblioteca diocesana San Tommaso d’Aquino, evento nato da un’iniziativa della nostra testata, in collaborazione con la Biblioteca diocesana.
La presentazione de La sedia vuota, il racconto di 13 storie di vittime della criminalità organizzata scritto da Raffaele Sardo e pubblicato da Iod Edizioni. Tra le storie anche quella di Luigi Ciaburro, maresciallo dei Carabinieri originario di Sant’Angelo d’Alife, morto il 9 settembre 1975 mentre era in servizio a Villa Literno. Oltre cento persone hanno partecipato al dibattito, moderato da Grazia Biasi, direttore responsabile di Clarus, e al quale sono intervenuti Anna Gloria Ciaburro, figlia del maresciallo; Raffaele Sardo, autore del libro, e l’editore Pasquale Testa. Ad occupare il parterre di ospiti Mario Ciaburro, fratello di Luigi, maresciallo Aeronautica militare in pensione; diversi studenti e docenti; Francesca Baldacci, Capitano della Compagnia Carabinieri di Piedimonte Matese; alcuni Sindaci del territorio, rappresentanti di associazioni locali e diocesane, sacerdoti. Significativa la presenza anche delle comunità di Raviscanina e Sant’Angelo d’Alife, che hanno risposto sentitamente all’invito in virtù della stima e dell’affetto che le lega al Maresciallo e alla sua famiglia, resi ancora più vividi dall’atrocità della sua morte.
“Papà era una persona molto affettuosa e legatissima al suo paese, Sant’Angelo, là dove voleva sempre tornare”. Le parole di Anna Gloria, interrotte dalla commozione del ricordo del padre, ammantato di nostalgia, che a tratti si offusca. Gli ultimi istanti trascorsi col padre rappresentano, per Anna Gloria, la fine del periodo più sereno della vita, sua e dell’intera famiglia: “Con la morte di papà la nostra vita si è distrutta“. Tuttavia, il dolore legato alla tragica fine spettata al maresciallo Ciaburro è stato, sin da subito, avvertito come un dolore collettivo: tutta Villa Literno immediatamente è piombata in un silenzio più rumoroso di mille parole. Il dramma della famiglia Ciaburro diviene “patrimonio comune” quando essa decide di raccontarlo, e tutto ha inizio dall’incontro con la Fondazione Polis, rappresentata da don Tonino Palmese, e Clarus, “cha hanno manifestato fin da subito interesse per quel racconto”. Anna Gloria, oggi insegnante presso la Scuola dell’Infanzia, è convinta che nessun sacrificio è vano se si può trarre da esso un insegnamento da impartire innanzitutto ai bambini, e che si esplicita nella convinzione che “agendo con coraggio, volontà e sete di verità si può ottenere davvero tanto”.
“Raccontare la criminalità attraverso gli occhi di chi ha vissuto il dolore della perdita è il punto di vista giusto, perché dà la maggiore consapevolezza dei fatti accaduti”. Questo il suggerimento di Raffaele Sardo, giornalista autore del libro, il quale mastica da diverso tempo i temi della legalità, della denuncia e della speranza. “La sedia vuota è quella dove prima sedeva la persona cara che non c’è più; è una sedia che parla“, che mette i familiari a contatto diretto con la cruda realtà dell’assenza. Quello adottato da Sardo è il punto di vista della legalità, rispetto alla quale lo Stato e le sue Istituzioni “negli ultimi tempi sono riusciti a dare risposte enormi ai problemi legati alla Camorra: ad esempio, il fenomeno camorristico di Casal di Principe ha smesso di presentarsi come criminalità organizzata”. Nonostante i tanti passi in avanti compiuti, “quelle pagine andrebbero approfondite”.
A chiudere il dibattito Pasquale Testa, editore della casa Iod, specializzata negli scritti di Giancarlo Siani, il giornalista assassinato dalla Camorra: “La nostra è un’editoria che porta in giro gli scritti di Siani, una visione del mondo che qualcuno ha voluto stroncare”. Si chiama Fyo la collana cui appartiene La sedia vuota: ma perché la scelta di denominare la sezione Fyo? “Come l’etimologia del verbo greco suggerisce, Fyo indica il produrre – il far essere, e da qui abbiamo deciso di raggruppare in questa collana testi votati a generare nuova vita”. Il tratto graffiante, che caratterizza la linea editoriale di Iod, è la volontà di “generare memoria“, di “riportare in vita persone la cui esistenza è stata cancellata per sempre con la violenza”. Le storie che la Casa editrice trasmette “provocano inquietudine, spingono a farsi domande e a superare la retorica connessa alla morte di questi innocenti, facendoli morire di nuovo”. È pertanto dovere di ognuno custodire e trasmettere il ricordo, ma soprattutto “cogliere e raccogliere idee” per dissodare il terreno utile per coltivare la memoria”.