Home Chiesa e Diocesi Don Lorenzo Milani tra i banchi di scuola, oggi come ieri?

Don Lorenzo Milani tra i banchi di scuola, oggi come ieri?

Sulla figura di don Milani e sulla sua "pedagogia educativa" si sono confrontati i maturandi degli istituti delle Scienze Umane. Pubblichiamo il contributo di Massimiliano Capocasale, seminarista della diocesi di Alife-Caiazzo presso il Pontificio Seminario Romano Minore

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Lettera a una professoressa è il testo scritto da don Lorenzo Milani, sacerdote fiorentino nato nel 1923 e scomparso nel 1967, che sintetizza il metodo pedagogico proposto dal parroco di Barbiana. Sul testo di don Milani si sono confrontati i tanti studenti degli istituti delle Scienze Umane nella seconda prova degli Esami di Maturità. Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Massimiliano Capocasale, seminarista della diocesi di Alife-Caiazzo presso il Pontificio Seminario Romano Minore, anche lui impegnato nelle prove d’esame. La “pedagogia educativa” e la concezione di un’istruzione accessibile a tutti, cardini del pensiero di don Milani, sono gli aspetti su cui Massimiliano focalizza la sua riflessione.

di Massimiliano Capocasale
Nella seconda prova del Liceo delle Scienze Umane svoltasi il 20 giugno, i maturandi si sono confrontati con la figura di don Lorenzo Milani. Il sacerdote fiorentino viene definito l’educatore degli oppressi, poiché egli stesso defininisce i discenti dei “contenitori in cui versare il sapere e la conoscenza”. Educazione e conoscenza costituiscono, infatti, i pilastri della “pedagogia educativa” di cui don Milani si fa promotore, mettendo in discussione l’assetto istituzionale e didattico della Scuola allora esistente. La riforma Gentile aveva introdotto un modello scolastico d’élite, al quale don Milani contrappone uno che prenda in considerazione i diritti di tutti. Un nuovo sistema di istruzione che esuli da qualsivoglia discriminazione e differenza di ceto sociale, capace di formare i cittadini del domani. Il raggio d’azione della sua pedagogia educativa è Barbiana, un piccolo borgo nel comune di Vicchio (provincia di Firenze), dove il sacerdote viene mandato come parroco. In quel luogo che la guerra aveva annullato quasi del tutto, e con esso le speranze e i sogni degli abitanti, don Milani mette in pratica la sua teoria pedagogica, innovativa per quei tempi.

Le sue lezioni erano fondate sul motto “I care, a me tutto piace, tutto interessa”, col quale era solito rivolgersi ai suoi alunni, stimolando in loro la curiosità verso ogni cosa e la sete di conoscenza. Strumento per la formazione, umana prima e culturale poi, del ragazzo è la parola, l’unica in cui si racchiude la speranza. Una figura rivoluzionaria, quella di don Milani, il cui esempio rappresenta per noi studenti principalmente un monito a riflettere sulle fragilità della Scuola odierna. Il nostro è un tempo difficile, in cui il tessuto valoriale si sta sgretolando e, in tal senso, la proposta educativa di don Milani potrebbe costituire un modello da seguire. Partendo da un uso ponderato della parola, infatti, il ragazzo può gradualmente maturare quel senso critico necessario ad acquisire consapevolezza di sé stesso e di ciò che lo circonda. Don Milani rappresenta dunque una grande forza: egli non è stato solo un sacerdote, ma uno spirito anticipatore, con lo sguardo rivolto al futuro, una visione del mondo priva di barriere e differenze sociali.

 

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