Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano
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XIII domenica del Tempo ordinario
1Re 19,16b. 19-21; Sal 15; Gal 5,1. 13-18; Lc 9, 51-62
L’Evangelo di questa domenica è il racconto dell’inizio del grande viaggio di Gesù verso Gerusalemme, verso la passione, verso il compimento (stavano per compiersi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo) un viaggio che Gesù affronta con un “sì” netto ad una strada della quale comprende solo una cosa: deve fidarsi del Padre pur tra il rifiuto degli uomini e tra i dolori. Luca scrive alla lettera che Gesù indurì il suo volto verso Gerusalemme; questo indurimento è il contrario dell’indurimento del cuore, è un essere fermo e stabile nel volere la volontà del Padre.
In questo cammino Gesù sarà sempre più solo; nell’Evangelo di Luca Gesù dodicenne aveva detto che doveva essere nelle cose del Padre suo, ed ecco che ora sta andandoci definitivamente: sul Calvario starà tra le cose del Padre suo, ci starà sulla croce ma mettendosi nelle sue mani (Padre, nelle tue mani consegno l’anima mia cfr Lc 23,46).
Qui, al capitolo nove, inizia questo cammino verso quelle mani, mani che non vedrà ma che Gesù saprà, nella fede, essere reali più di ogni realtà.
Nel suo cammino di Messia impotente delle potenze mondane, Gesù conoscerà rifiuto ed incomprensione; da subito i samaritani lo rifiutano e proprio perché sta andando verso Gerusalemme; è qui ci pare che Luca usi una sottigliezza con un testo a doppio livello: per i samaritani Gerusalemme è la città nemica luogo del culto rivale (primo livello), ma Gerusalemme sarà anche il luogo della croce ed un Messia crocefisso è oltre ogni possibilità di accettazione (secondo livello)! Non sono però solo i samaritani a rifiutarlo, anche i suoi mostrano tutta la distanza da quelle logiche del Regno che Gesù aveva annunziato per tutto quel lungo tempo con loro; Giacomo e Giovanni, infatti, ancora qui sognano un Messia che usi le potenze del cielo per rendere schiavi gli uomini (vuoi che diciamo che un fuoco scenda dal cielo e li distrugga?)…anche i suoi non capiscono che il Messia incamminato nel suo esodo (cfr Lc 9, 31) ha scelto l’impotenza della croce ed è solo su quella strada che lo si può seguire per davvero.
La sequela del Messia Gesù non può sopportare dei “ma”; se Elia (nella prima lettura tratta dal Primo libro dei Re) può tollerare un piccolo rinvio della sequela da parte di Eliseo, Gesù non tollera né “se”, né “ma”. Non basta essere affascinati da Gesù e non basta il generico volerlo seguire, è necessario sapere che Colui che si segue ci porta su una via davvero altra rispetto ad ogni attesa mondana; la sua è certo una via di libertà autentica, come scrive Paolo nella Lettera ai cristiani della Galazia nel passo che oggi si proclama, una libertà con uno straordinario sapore di verità ma che ha anche un prezzo.
I tre uomini che compaiono nel testo evangelico di oggi sono lì a dirci di questa vera sequela che ha delle esigenze con le quali non si può giocare.
Il primo è pieno di entusiasmo e dice parole impegnative che paiono compromettenti; per Gesù però non bastano; non lo si segue presi solo da un entusiasmo di un momento, si deve sapere che quella di Gesù è davvero una via altra; segno di questa alterità è un’affermazione di Gesù: Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo, espressione tipicamente semitica non per dire che Gesù è povero (quanta retorica si è fatta su questo punto!) ma per dire che Gesù ha scelto il celibato, non ha una moglie. La scelta celibataria di Gesù è segno di una via davvero altra, scelta perlomeno insolita per un ebreo se non addirittura considerata empia.
Il secondo riceve addirittura da Gesù stesso la parola di chiamata: Seguimi! Quest’uomo però ha un problema grave, pone davanti a Gesù ed alle esigenze della sequela un “prima”: Lascia prima che vada a seppellire mio padre. Il “no” di Gesù è carico di forza drammatica: porre un “prima” (un qualsiasi “prima”) è diventare un morto tra i morti; quello che conta è andare ed annunciare il Reno con una vita donata.
Il terzo promette di seguire Gesù ma pure lui ha dei “ma”; sono “ma” malati di nostalgie e rimpianti, sono “ma” che spingono a voltarsi indietro ed invece Gesù è Colui che ha reso duro il suo volto verso una meta che gli sta davanti; volgersi indietro è imboccare un altro cammino, non quello di Gesù; dietro c’è la sicurezza di ieri, c’è la calda certezza dell’oggi, davanti invece c’è un futuro incerto di una vita tutta consegnata all’amore. E’ questa la via di Gesù!
La domanda che ancora questa domenica ci interpella è allora: “Ti basta davvero lo stare con Gesù in una via tanto “altra” che non tollera né mondanità, né rimandi, né rimpianti?” Insomma, siamo disposti, come scrive Paolo, a lasciarci guidare dallo spirito per non essere più schiavi dei desideri e dei punti di vista mondani?
La via di Gesù è via di libertà, una libertà “costosa” in cui ogni compromesso porta inquinamento e catene.
Seguire Gesù è indurire come Lui, con Lui, il nostro volto con un “sì” sempre più libero e gioioso alle vie del Padre.