Matese. Tra moderno e contemporaneo
Domenico Loffreda: l’uomo, l’insegnante, lo storico appassionato del Matese
Persona e personalità del preside Domenico Loffreda vengono raccontate analiticamente da chi ha avuto il piacere di conoscerlo.
La riflessione di Alberico Bojano, che va ad arricchire la rubrica Matese tra moderno e contemporaneo, restituisce ciò che il professore Loffreda è stato e continua a essere per le comunità matesine, ossia un uomo “impegnato”, a 360 gradi. Insegnante, politico, storico, ha contribuito a costruire l’immagine di un territorio che pullula di cultura e forti tradizioni.
di Alberico Bojano
Domenico Loffreda, cenni biografici e opere
Domenico Loffreda era un uomo affabile. Non cerimonioso, ma capace di mettere a proprio agio l’interlocutore, contadino o letterato che fosse. Nato a San Gregorio Matese il 21 ottobre 1921, come tanti percorse quotidianamente la mulattiera per Piedimonte dove studiò nel Seminario e fu allievo del compaesano don Giacomo Vitale. La caduta del fascismo lo vide ventenne animato da passioni socialiste, pronto a rinnovare l’amministrazione comunale. Ma lasciò presto la politica e, laureatosi in Lettere a Napoli, proprio nelle aule del Seminario intraprese la carriera di insegnante, conseguendo in pochi anni l’incarico di preside di ruolo.
Con difficoltà tenne riservato l’interesse per la ricerca storica, posponendola al dovere quotidiano della professione, che sentiva primario. Eppure già aveva pubblicato qualcosa sul periodico Ludus e, lettore attento, fu lui a portare tra i turisti degli anni ’50 a San Gregorio il libro della Yourcenar Memorie di Adriano. Nel 1965 dava alle stampe una monografia su Guido Gozzano, seguita da due studi sul giornalismo a Piedimonte e sul poeta popolare Luigi Ciccarelli, pubblicati nell’Annuario dell’Associazione Storica che proprio in quegli anni Dante Marrocco aveva rifondato, e che fanno luce sulla sua inclinazione verso la ricerca storica locale.
È nel 1994 che esce … et ecclesia Sancti Gregorii in Matese per i tipi dell’editore Loffredo di Napoli. Un volume di oltre 300 pagine che già nella dedica, alla terra delle sue radici, ai genitori e alla moglie, è indicativo del legame profondissimo col paese natio. Rigoroso excursus delle vicende storiche del Matese dall’epoca romana all’unità d’Italia, il volume è il frutto di quanto Domenico Loffreda avesse sviscerato negli anni la ricerca, che solo dopo il pensionamento si decide a pubblicare, arricchendo il libro di riproduzioni di foto e di documenti, nell’intuizione dell’orientamento di una società dell’immagine che si consoliderà di lì a poco. Affida la prefazione a un altro importante studioso piedimontese, Antonio Manzo, docente nell’università Cattolica a Milano, che curerà anche quella del nuovo volume, edito nel 1996. Archipresbiterialis ecclesia S. Mariae gratiarum S. Gregorii 1596 1996 è l’approfondimento delle pagine ecclesiastiche gregoriane, dai più antichi sacerdoti del 1700 a figure quali Giacomo Vitale, Lucio Ferritto, Espedito Grillo e Pasquale Panella. Il tributo che da ex seminarista Domenico Loffreda sente di dare sotto la visione materna e protettrice della chiesa della Madonna delle Grazie.
Scritti e collaborazioni successivi al 1997
Dopo un breve volume del 1997 dedicato all’insediamento cistercense sul Matese, il Preside ritiene di aver assolto il dovere storiografico rispetto alla terra d’origine, e allarga l’orizzonte dei suoi studi. Restando sulla traccia cistercense, dà alle stampe nel 1999, sempre con Loffredo Editore, il volume Abbatia Sanctae Mariae de Ferrara in Agro Vairano – Notarii Francisci Antonii De Pernutiis Platea 1622-23 con la prefazione di Errico Cuozzo, seguito poi dai due volumi Sannio Pentro Alifano del 2001 e del 2003, con le prefazioni di Gianluca Tagliamonte e Flavio Russo, in cui raccoglie lavori sulle terme di Piedimonte, i templi pagani di San Potito, le mura megalitiche di Cila, una testa di Venere. Riavvicinatosi alla ASMV, nell’Annuario Storico pubblica numerosi studi, scrive articoli per la Rivista Storica del Sannio, per Samnium e per le testate locali Fraternità aperta e Clarus.
Né smette di editare rigorosi opuscoli sulla storia di San Potito, luogo in cui abita stabilmente, oppure le affettuose memorie di San Gregorio. Nelle nostre conversazioni estive al Matese non mancava di rimarcare l’origine proletaria del suo casato, orgoglioso del bisnonno che di mestiere faceva il nevaiolo. Altri suoi lavori sono, tra i molti, una monografia sul vescovo Luigi Noviello, don Giacomo Vitale, e don Michele Di Muccio, e l’introduzione a La trilogia dei capperi di Roberto Perrotti.
Avanti ormai con gli anni, decide di stringere il cerchio ampio dei suoi studi dedicando il libro Tutto in quarantasei giorni 25 luglio 8 settembre 1943, il suo ultimo, alla rievocazione di quella tragica pagina di guerra. Non più storia studiata, ma narrazione da testimone oculare di un dramma fresco sulla pelle. Tenacemente impegnato sulle sue carte, Domenico Loffreda scompare nel marzo del 2013, lasciando preziosa testimonianza del rigore di una ricerca storica cui non ha mai fatto mancare, nell’originalità della scrittura, il cenno personale del commento e della riflessione.
Note
Il nipote, Andrea Boggia, gli ha dedicato un sito. Clicca qui http://www.domenicoloffreda.it/index.php