Sandro Calvani (*)
Credo che la classifica delle parole più creative di origine orientale la vinca facilmente la parola serendipità, serendipity in inglese; Umberto Eco la tradusse così nel 1985, nella sua prima “Bustina di Minerva” sulla rivista l’Espresso. Essa può significare trovare qualcosa di prezioso mentre si cerca qualcosa di completamente diverso; oppure trovare qualcosa che si andava cercando, ma in un luogo o in un modo del tutto inaspettati. Serendipità implica sempre una scoperta positiva.
Origine e significato. Lo scrittore inglese Horace Walpole, creatore della parola, la definì come un caso fortunato; la sociologa italiana Marina Innorta ha osservato correttamente che nella serendipità la miscela esatta di sagacia e di fortuna varia con il variare dei contesti in cui la parola viene usata e ha aggiunto che “la serendipità non è una semplice coincidenza fortunata. Ha bisogno di sagacia. E sagacia significa perspicacia, capacità di valutare tutti gli elementi di una situazione, di andare all’essenza di qualche cosa”. Il famoso studioso giapponese di management e strategia Ikujiro Nonaka ritiene che la serendipità sia una condizione essenziale nel creare nuova conoscenza e innovazione, attraverso la creatività e l’intuizione contenute nella serendipità. La parola serendipità nacque in inglese ma discende da una fiaba italiana di Michele Tramezzino, “I tre prìncipi di Serendippo”, pubblicata a Venezia nel 1557 con autorizzazione del Papa Giulio III. Sembra, in definitiva, che il successo di questa parola e comportamento si debba al fatto che risulta attrattivo rischiare l’incertezza, pur che sia orientata a qualcosa di positivo.
Solutions outside the box. Uno degli effetti collaterali delle grandi trasformazioni causate dal cambio d’epoca è il rimescolamento caotico delle filosofie di vita, delle teorie economiche, delle certezze dei diritti umani, dei metodi di lavoro e di relazioni delle istituzioni. Questa moda, o gusto e preferenza per il caos distruttivo si possono intravedere nei modi di essere, di fare, di relazionarsi di tante persone, perfino di quelle che sono state scelte come autorità, comprese quelle che hanno responsabilità di proteggere tutti e portare a salvo i più deboli. Sta nascendo dunque una versione occidentale in negativo della serendipità: la potremmo chiamare trucidità, il lato contrario e oscuro della serendipità.
La nuova trucidità è rispondere in modo truce alle sfide dell’incertezza facendo qualcosa di molto diverso, senza essere certi che funzioni e soprattutto senza mai cercare di sapere se la nuova risposta truce, negativa e cattiva abbia mai dato il risultato voluto.
Solutions outside the box si direbbe in inglese, soluzioni fuori degli schemi, ma nel caso della trucidità si tratta di soluzioni truci fuori della scatola, fuori dello schema senza conoscere affatto di quale schema si tratti, senza nemmeno sapere che c’è uno schema dal quale si decide di uscire. Alla trucidità, al contrario della serendipità, manca la sagacia e la capacità di scoprire l’essenza di un problema. Al posto del pensatore creativo della serendipità spunta dunque colui che vuole fare, non sa bene cosa, fare senza prima pensare, purché sia o almeno sembri qualcosa di violento e di coraggioso, nei fatti o a parole, feroce, crudele, imprevedibile e spietato. Ma più che coraggio si tratta in realtà di una grinta con rabbia invece che con passione e con ottusità testarda più che con perseveranza.
In ambito politico… Al contrario di un altro recente neologismo “felicizia” – inventato al Sermig di Torino da un bambino immigrato che voleva sottolineare la felicità che viene dall’amicizia – la trucidità cerca nell’offesa degli altri, nell’odio a prescindere, uno sfogo alle proprie paure e alla propria ignoranza. La trucidità rispetta alcune regole del marketing e della comunicazione: si riveste infatti di sorrisi e battute scherzose per sembrare serena, anche se di solito non ci vuole molto ad accorgersi del lupo nascosto tra gli agnelli, perché è sempre uno che preferisce mostrare i muscoli invece di provare a ragionare.
Ma la comunicazione truce non rispetta mai l’ottavo comandamento: ama dire il falso. Trucca i numeri, dice di aiutare i poveri tagliando le tasse ai ricchi, denuncia le scelte parlamentari a maggioranza come fossero robaccia anti-democratica, denuncia la corruzione altrui a manate, o a dozzine, senza mai usare multipli del 49, si dichiara nazionalista, ma russa perfino quando è sveglia.
Il comportamento truce è una miscela di attitudini di scherno e comportamento torvo, minaccioso, bieco. Se si tratta di contenzioso politico con una donna, un capetto truce non sottolinea né argomenta la diversità di opinione, caratterizza invece la persona avversaria con epiteti sessisti. Perfino quando per caso o per forza altrui a un capetto capita di far qualcosa di buono a favore dei più deboli, la trucidità impone di dire che ha agito suo malgrado.
È un bullismo reiterato ma confuso, che non sa nemmeno esattamente con chi ce l’ha e perché lo odia, tanto che invece di lanciare solo slogan orribili si mette a perseguitare o a abbandonare donne con bambini in braccio, distribuendo immagini della Madre di Gesù.
Italia, agosto 2019. La trucidità viene riconosciuta come forma di strategia in Italia nell’agosto 2019, ma non sappiamo ancora se questa volta il suo significato si riferisca o no a una parola inglese come accadde per la serendipità. Infatti in inglese truce significa semplicemente tregua. Chissà se la trucidità sceglierà o sarà costretta a ripensarsi un momento, a una tregua di serenità e di ascolto. O magari a cambiare parola di ispirazione da truce a true, che in inglese significa vero o verità.
(*) Per quarant’anni dirigente della Caritas Italiana e di diversi organi delle Nazioni Unite, è consigliere anziano della Mae Fah Luang Foundation in Thailandia. Vive a lavora a Bangkok