“Gli insegnanti di Religione Cattolica una spina nel fianco dello Stato laico” è quanto ha affermato il professor Piergiorgio Odifreddi nel corso di una trasmissione televisiva andata in onda nel mese di luglio. Ma è davvero così? Nell’ottica di un dibattito pubblico sul tema, che si fa sempre più acceso, s’inserisce la riflessione, di seguito pubblicata, del professore Gaetano Crisileo, avvocato del Foro di Santa Maria C. V., collaboratore della Cattedra di Diritto Canonico presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”.
Gaetano Crisileo – Nel dibattito pubblico si registra una sempre più invocazione del termine “laicità” per esprimere valutazioni di giudizio in merito una serie di norme poste a tutela del sentimento religioso, sia per affermarne il valore quanto per contestare la relativa legittimità all’interno dell’attuale sistema ordinamentale. Si tratta infatti di un principio di matrice politica e filosofica che può talvolta ricadere in un diffuso laicismo finalizzato ad espellere il fattore religioso dallo spazio pubblico. Proprio ricorrendo a questa accezione negativa del concetto di laicità, il Prof. Piegiorgio Odifreddi, durante una trasmissione televisiva, ha definito gli insegnanti di Religione Cattolica una spina nel fianco dello Stato laico”. Questo intervento, non condivisibile da un punto di vista sia giuridico che culturale, rende necessario un breve intervento in tema di IRC al fine di ricondurre il dibattito nell’alveo suo proprio che è quello propriamente giuridico. Data l’assenza nel testo della Costituzione repubblicana, il principio di laicità è stato elevato a principio supremo dalla Corte costituzionale, ritenendo che in essa rappresenti uno dei profili strutturali della forma di Stato delineata nella Costituzione repubblicana (1). Inoltre, la laicità, emergendo dal combinato disposto degli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, «implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in un regime di pluralismo confessionale e culturale» (2).
È emblematico che questa elaborazione del principio di laicità da parte della Corte Costituzionale sia avvenuta nella sentenza 12 aprile 1989, n. 203, avente ad oggetto il giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9.2 della legge 25 marzo 1985, n. 121 – Ratifica ed esecuzione dell’accordo con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modifiche al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, inerente l’IRC nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.
In particolare questa norma di derivazione pattizia sancisce che “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione” (art. 9, com. 2).
La legittimità costituzionale di questa previsione normativa, secondo la Corte Costituzionale trova fondamento nella stessa costruzione sistematica di questo peculiare insegnamento improntato al pieno rispetto della libertà di coscienza, in quanto «Lo Stato è obbligato, in forza dell’Accordo con la Santa Sede, ad assicurare l’insegnamento di religione cattolica. Per gli studenti e per le loro famiglie esso è facoltativo: solo l’esercizio del diritto di avvalersene crea l’obbligo scolastico di frequentarlo. Per quanti decidano di non avvalersene l’alternativa è uno stato di non-obbligo. La previsione infatti di altro insegnamento obbligatorio verrebbe a costituire condizionamento per quella interrogazione della coscienza, che deve essere conservata attenta al suo unico oggetto: l’esercizio della libertà costituzionale di religione» (3).
In questo contesto, la dignità della persona posta al centro dell’ordinamento giuridico e l’essere la religione un elemento costitutivo del patrimonio umano, spingono a ritenere che laicità dello Stato non possa significare indifferenza verso il fenomeno religioso, in quanto ciò di fatto ridonderebbe nell’asetticità dello spazio pubblico istituzionale e delle relative attività, o ancor peggio avversione allo stesso, ma garanzia per la salvaguardia della libertà di religione in un regime di sana collaborazione tra Stato e confessioni religiose (art. 7, com. 2, Cost.; art. 8, com. 3, Cost.) (4). L’impossibilità a separare la società civile dalla società religiosa, in ragione della coincidenza tra l’essere cittadino e l’essere fedele, unitamente alla positiva legittimità degli interventi legislativi finalizzati a promuovere e tutelare il diritto libertà religiosa (artt. 19-20 Cost.), sollecitano il legislatore ad imprimere nella produzione normativa un diffuso favor religionis, riservando al fenomeno religioso una particolare attenzione in tutti i suoi aspetti individuali e collettivi (5).
È proprio in questa prospettiva che l’insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado, nel promuovere la conoscenza dei principi del cattolicesimo quale componente essenziale del patrimonio storico del popolo italiano, si sostanzia in un elemento strutturale del supremo principio di laicità anche nella moderna società interculturale.
Bibliografia di riferimento
- A. Fuccillo, Diritto, religioni, culture. Il fattore religioso nell’esperienza giuridica, Giappichelli, Torino, 2019, p. 1 ss.
- Corte Costituzionale, sentenza 12 aprile 1989, n. 203.
- (3) Corte Costituzionale, sentenza 12 aprile 1989, n. 203.
- (4) Cfr. R. Santoro, Il principio di laicità dello Stato, in A. Fuccillo, Diritto, religioni, culture. Il fattore religioso nell’esperienza giuridica, cit., p. 18 ss.
- (5) G. Dalla Torre, Lezioni di diritto ecclesiastico, Giappichelli, Torino, 2011, p. 39 ss.