Salvatore Signore – Estate, versante campano del Matese alla ricerca di scorci inediti, foto a scatto multiplo e via. Il rientro a casa e la verifica del materiale catturato dalle immagini digitali stipate nell’hard disk, con calma.
Scrollano via una dopo l’altra le inquadrature fino a quando appare qualcosa di poco chiaro, fuori dal comune: strano insetto marrone e dalle lunghe antenne, che sarà?
Incipit più che calzante per introdurre la realtà dei fatti, è proprio così che agli occhi dell’ormai conosciuto escursionista matesino Roberto Fratta è apparsa per la prima volta quella che potrebbe rivelarsi come una scoperta sensazionale per l’entomologia tutta.
Ordine dei Coleotteri, famiglia dei Cerambycidae, genere Agapanthia, specie Kirbyi! Dopo i primi ufficiosi riscontri sembra proprio lei: rarissima in generale, unica, ad oggi, in Italia.
Dubbi, indecisione, interrogativi, come muoversi? Prime ricerche autonome, prime conferme. Passaggio successivo che grazie a qualificati esperti porta l’entusiasmo in alto, a seguire, segnalazioni presentate alle autorità del settore nonché sui siti di riferimento. Incredulità.
Bisogna tornare indietro di quasi mezzo secolo per ritrovare l’ultimo rilevamento attivo sul nostro territorio. Lo studio si intensifica, emergono notizie sempre più specifiche, la riproduzione avviene solo su piante determinate ed in periodi ben precisi. Altitudine, momenti, collocazione geografica più tipica, tutto porta lontano da qui, eppure… Fortuna e l’innato intuito dello scopritore rendono questo ritrovamento davvero incredibile.
Long-horn, lunghe antenne. “Kirbyi” così è subito classificata in via confidenziale l’immagine che in video viene scrutata in ogni particolare alla ricerca del più piccolo elemento distintivo. La luce blu del monitor, di solito affaticante, stavolta sembra osannare ancor di più ciò che frulla nei pensieri.
Com’è possibile tutto ciò, cosa ha portato il nostro Kirbyi sui pendii del Matese?
Spesso si parla di biodiversità, ovvero, la varietà di organismi viventi che può essere rinvenuta in un ecosistema. Viviamo una fase di cambiamento climatico davvero intensa, le stagioni non si inseguono più con regolarità e le forme di vita racchiuse in una determinata area, (il Matese nel nostro caso), continuano ugualmente a convivere in equilibrio controllandosi a vicenda e garantendo una certa stabilità.
La deduzione è chiara, più un sistema risulta bilanciato nel suo complesso, più rimarrà durevole rispetto agli “attacchi” esterni.
Ovviamente questo principio non autorizza a trascurare gli aspetti più profondi della salvaguardia ambientale, ma tende, in linea teorica, a definire la peculiarità di un territorio ben definito e tutelato (sia dal punto di vista normativo che da quello dettato da un senso civico ben radicato). Kirbyi, probabilmente, attratto dalle potenzialità di punti ancora poco battuti delle nostre montagne ha trovato la giusta combinazione di fattori utili al suo sviluppo. Chissà se, nel corso degli anni, riusciremo a parlare dell’inaspettato ospite speciale non più come elemento unico ma come sicuro abitante.
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