Home Chiesa e Diocesi “I santi possederanno la terra”. Commento al Vangelo di Ognissanti

“I santi possederanno la terra”. Commento al Vangelo di Ognissanti

Commento al Vangelo della commemorazione di Tutti i Santi, venerdì 1° novembre

2015
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Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano
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TUTTI I SANTI

Ap 7, 2-4.9-14; Sal 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5, 1-12a

Quando pensiamo ai “Santi” siamo tentati di pensare ai perfetti, a cristiani angelici, liberi dalle pastoie della nostra fragile umanità. È una delle vie con cui il cristianesimo è stato reso innocuo dagli stessi cristiani; è stato addolcito perché non ferisse il cuore; perché l’uomo vecchio rimanesse ben saldo e piantato nella storia a fare i suoi affari più o meno loschi rimanendo con l’etichetta di cristiano. E così la santità è diventata l’eccezione, la straordinarietà. Quante volte sentiamo la stolta espressione Sono un uomo non sono un santo! Come se si potesse essere davvero uomo senza essere santo!

Essere santo non è altro dall’essere uomo, vorrei dire che la santità è la pienezza dell’umanità; Gesù non è venuto a indicarci una via sovrumana ma una via umanissima, quella che Lui stesso ha percorso!
Oggi la Chiesa contempla la Communio sanctorum: noi i santi in cammino nella storia, contemplando quelli che hanno compiuto il loro cammino e sono alla meta, sentiamo con loro una straordinaria cosa in comune: noi e loro apparteniamo a Dio, siamo altro dal mondo, siamo distinti. E questo non in maniera arrogante o elitaria, ma per grazia, per essere seme di santità per il mondo. Santo (in ebraico kadosh) significa “altro”“distinto”“separato” (la kedushà è il taglio del cordone ombelicale!)… Il santo, come Dio (Lv 19,2) è altro rispetto al mondo e alle sue logiche.

La pagina evangelica delle Beatitudini nella versione di Matteo, che oggi si proclama in tutta la Chiesa, è una pagina che certo non risponde alle attese che tanti avevano su Gesù. Dinanzi a Lui c’erano attese domande morali … Gli stessi apostoli, dopo la Risurrezione, ancora mostrano queste atteseSignore, è questo il tempo in cui ricostruirai il regno di Israele? (At 1,6) o altri avevano chiesto Che debbo fare per avere la vita eterna? (Mt 19,16) quasi volendo dei  precetti che potessero instaurare un alto ordine morale.

Gesù con le Beatitudini non intende fare nulla di ciò; non è il proclama di un ordine nuovo nella storia, non è risposta alla “maledetta” ansia di fare degli uomini religiosi. Gesù qui rivela. Rivela l’uomo nuovo e la qualità della vera gioia. Gesù rivela quello che fa di Lui stesso il Santo di Dio (cfr Gv 6,69), in una gioia diversa da quella del mondo, che lo rende l’uomo nuovo in cammino verso Dio (secondo Andrè Chouraqui, nella sua traduzione francese della Bibbia, la parola greca màkarios, “beato”, corrisponde all’ebraico ashrei che evoca il cammino retto che conduce direttamente al Signore). 

Il beato è “in primis” Gesù. È Lui il povero, l’afflitto, l’affamato e assetato di giustizia; è Lui il misericordioso (interessante anche qui la versione francese di Chouraqui che traduce Beati i materni, cioè quelli capaci di un amore viscerale, senza ragioni; un amore tanto grande da essere capace di perdono come quello di una madre. D’altro canto chi è misericordioso dona e custodisce la vita, proprio come una madre!); è Lui il puro di cuore che guarda gli altri non per possederli ma con sguardo trasparente … è Lui il puro di cuore che non ha il cuore diviso; e Lui il costruttore di pace perché con la sua vita e la sua croce ha fatto pace tra cielo e terra; è Lui il perseguitato per la giustizia perché per realizzare la giustizia del Padre (il suo progetto di amore) si è lasciato oltraggiare e inchiodare alla croce.

Le Beatitudini allora, svelando il volto di Cristo, svelano una via di gioia paradossale di cui i mondo ride. Il mondo però non sa che c’è una moltitudine immensa di uomini e donne che, come scrive Giovanni nel testo del Libro dell’Apocalisse che oggi si legge, seguendo Gesù, il Santo di Dio, sono stati resi vittoriosi (hanno le palme nelle mani) e sono stati resi seme di novità per tutta l’umanità da cui provengono e questo senza distinzione di razza, di popolo, di lingua. Il mondo, scrive sempre Giovanni, ma nel passo della sua Prima lettera, che pure oggi la Chiesa propone, non conosce i santi perché non conosce Dio; per questo il paradosso che essi portano per il mondo è incomprensibile: il mondo non può comprenderlo, né conoscerlo.

Il mondo non può immaginare che poveriafflittimitiaffamati e assetati di giustiziamisericordiosipuripacificiperseguitati siano beati, siano gente che avrà la vittoria, siano gente che ha trovato senso … il mondo pensa che la terra è dei ricchi, degli arroganti, di coloro che schiacciano i poveri per i loro interessi, di chi non perdona, di chi è lussurioso, guerriero, persecutore …

Eppure i santi, dice Gesù, possederanno la terra! È lo stesso paradosso che il Crocifisso ha mostrato al mondo con la sua vittoria! Il Risorto, il Signore è il Crocifisso! Lui il Cristo sulla croce ha sperimentato la povertà, l’afflizione, la mitezza; è stato sulla croce perché affamato e assetato di giustizia; lì, sulla croce, è stato misericordioso perdonando ed amando fino all’estremo, lì è stato puro di cuore, con il cuore unificato dall’amore, senza doppiezze o ambiguità; lì, sulla croce, ha operato la pace (cfr Ef 2,15), lì ha sperimentato l’ingiusta persecuzione. Il problema della santità (l’unico serio problema per un cristiano!!) è se crediamo che la via debole della croce sia davvero via di sapienza di Dio, se crediamo davvero che la via debole di Cristo con la sua mitezza ed umiltà, sia una via vincente proprio perché così altra da quelle del mondo. Il problema della santità è se questo mondo con le sue vie tortuose, perverse e mortifere, con le sue vie arroganti e “vittoriose” (sempre ammantate di buon senso) ci stia stretto o se, alla fin fine, ci stiamo comodi perché ci siamo adeguati …

Oggi la solenne memoria di Tutti i Santi ci indica un’altra strada, una strada di compromissione con Colui che chiamiamo Signore, una via che Lui ci indica come beatitudine e che Lui per primo ha percorso … gli prestiamo fede?
Se gli crediamo stiamo nella storia seguendo Lui ed il suo Evangelo, quando sperimenteremo i “no” del mondo che ci porranno ai margini, che ci faranno sentire l’amaro sapore del rifiuto, dell’irrisione quando non quello della persecuzione, allora sapremo che, se per il mondo siamo dei perdenti, per Cristo saremo dei beati perché la storia darà ragione al Crocifisso perché la sua è via umanissima, perché via d’amore. Una via costosa ma umanissima. In fondo, infatti, l’unica cosa che davvero importa all’uomo per essere uomo è amare ed essere amato.

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