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Gesù e Zaccheo, storia di un incontro che è per sempre. Commento al Vangelo di domenica 3 novembre

Commento al Vangelo della XXXI Domenica del Tempo ordinario

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Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano
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XXXI Domenica del Tempo ordinario
 Sap 11,2 -12,2; Sal 144; 2Ts 1,11-2,2; Lc 19,1-10

Eccolo qui il pubblicano della parabola di domenica scorsa … prende carne, identità … si chiama Zaccheo e non è solo pubblicano è addirittura “archipubblicano”, cioè capo dei pubblicani e abita a Gerico …

Alla fine dal capitolo precedente Gesù è entrato a Gerico e ha fatto un miracolo fortemente simbolico, ha aperto gli occhi ad un cieco mostrando che la luce può far irruzione nelle tenebre e ora, attraversando la città, nell’incontro con Zaccheo, mostra come la luce può trasformare anche le tenebre più fitte o quelle che noi crediamo più fitte ed impenetrabili. Zaccheo, come il cieco, desidera vedere Gesù e per vederlo sale su di un sicomoro … Zaccheo è sì un “grande” nella sua città (è archipubblicano!) ma è piccolo di statura e cerca di superare il proprio limite e quello che gli altri (la folla) creano per lui per poter vedere Gesù. I verbi del “vedere” sono centrali in questa narrazione: Zaccheo vuole vedere Gesù e poi scoprirà di essere visto da Gesù, anzi il verbo che Luca qui usa si  può tradurre con  “sollevare lo sguardo osservando”

Il desiderio rozzo di Zaccheo di vedere Gesù certo non è sufficiente per conoscere Gesù ma è sufficiente perché Gesù si faccia conoscere da lui. Il suo desiderio è comunque la porta aperta attraverso cui lo sguardo luminoso di Gesù può giungere a Zaccheo; era lontano e Gesù si è fatto vicino, era estraneo e Gesù desidera entrare nella sua intimità: Oggi devo fermarmi a casa tua. Tutto in questa espressione di Gesù è carico di senso: prima cosa c’è la connotazione dell’ “oggi”, tema carissimo a Luca che ne farà come un filo d’oro in tutto il suo Evangelo. Dall’ “oggi” degli angeli del Natale (Oggi è nato per voi un Salvatore che è Messia Signore 2,11) alla prima autopresentazione di Gesù a Nazareth quando, dopo aver letto il rotolo del profeta Isaia, dice Oggi si sono compiute queste parole che avete udite (4,21) e fino alla scena della croce in cui al ladro appeso accanto a Lui  Gesù dirà: Oggi sarai con me nel paradiso.

Per Luca è un tema teologicamente carico: è l’ “oggi” di Dio in cui, nell’incontro con Lui, la storia di ogni uomo può prendere il sapore dell’eterno, il Regno si fa accessibile in un “oggi” che è svolta del tempo. Alla fine di questo episodio Gesù ribadirà la realtà di questo nuovo tempo per Zaccheo e per chiunque lo accolga: Oggi la salvezza è entrata in questa casa. Nella prima frase che Gesù rivolge a Zaccheo c’è ancora una parola densissima: Oggi devo fermarmi a casa tua“Devo”… è la stessa parola che è usata per annunciare la necessità della passione. La necessità di Dio è stare presso l’amato, è la necessità della croce, della prossimità ai peccatori; questa è cosa essenziale alla missione di Gesù: Devo fermarmi a casa tua. Zaccheo assaggia le “primizie” di questa “necessitas passionis”!

Anche l’ultima parola è bellissima: Oggi devo rimanere a casa tua. E’ il verbo (carissimo all’autore del IV Evangelo) che significa “restare”“dimorare” e che Luca userà per le parole dei discepoli di Emmaus: Rimani con noi perché si fa sera (Lc 24,29) … Non si tratta allora di un semplice fermarsi, di un “far tappa” da lui. Gesù entra in quella casa per rimanervi, per dimorarvi; ecco perché alla fine del’episodio potrà dire: Oggi la salvezza è entrata in questa casa! E’ la vicenda di ogni uomo che, consapevole o inconsapevole, cerca Dio perché cerca  altro e si serve di sicomori più o meno fortunosi; è quella ricerca in cui si fa strada un’altra ricerca, quella di Dio, che, preesistente a quella dell’uomo, finalmente trova una porta aperta attraverso cui far passare il suo sguardo e far sentire la sua voce che chiama per nome: Zaccheo!  Un nome che può avere un duplice significato: infatti può significare “puro” oppure, se diminutivo del nome Zekharyah, può significare “Dio ricorda”… Quando Dio si ricorda di noi ci fa puri, ci dona la possibilità di esserlo per sua grazia. Ed è quanto avviene a Zaccheo!

Quando Gesù alza il suo sguardo su Zaccheo appollaiato sul sicomoro, non gli ha chiesto nulla se non ospitalità nella sua casa, chiedendo di entrarvi e rimanervi; non gli chiesto direttamente una conversione; questa sarà solo il frutto di quello sguardo (dal basso!) e di quelle parole cariche di promessa. Scendendo dal suo sicomoro Zaccheo rinasce; l’archipubblicano muore e nasce il discepolo capace di sentirsi, come ogni vero discepolo, un “peccatore perdonato”; capace di separarsi da ciò che lo rendeva schiavo (il danaro che riscuoteva per Roma e che rubava per sé); capace di non lasciarsi neanche fermare dalle parole malevole della folla che, criticando Gesù, disprezza come sempre lui identificandolo con il suo peccato. Proprio dinanzi a questa folla che mormora e disprezza Zaccheo ha il coraggio di proclamare l’uomo nuovo che è: la sua ricchezza la condivide con i poveri e ciò che ha frodato lo restituirà al quadruplo  La parola di Zaccheo è piena di due cose: di verità e di fiducia in Dio. Benedetta verità! Così rara! Zaccheo non ammanta l’amara  verità delle sue frodi con belle parole e non la copre con la pur lodevole carità per i poveri; ormai lo sa: la carità è una cosa e ripristinare la giustizia è un’altra cosa! Con i suoi atti Zaccheo mostra che si fida di Dio: pensiamoci, gli resterà ben poco se la sua ricchezza era frutto delle sue frodi. Ma ormai Zaccheo è un uomo libero perché ha compreso che Dio si è davvero ricordato sempre di lui, anche nelle sue lontananze e iniquità.

Anche in questo bellissimo episodio Luca ci mostra  che  il cammino del Buon Samaritano prosegue; infatti il Figlio dell’uomo salendo a Gerusalemme trova ancora un povero ferito (ironicamente è un ricco!) e se ne fa carico perché entri luce nelle sue tenebre e pace nel suo cuore. La scena che Luca ci consegna è tutta pervasa da una sottile aria di gioia: Zaccheo accoglie Gesù con gioia e ci pare quasi vedere Gesù afferrato dalla stessa gioia quando coglie l’irrompere della luce e della pace in quell’esistenza carica di possessi ma priva di vita.

Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto. Solo se ci annoveriamo coraggiosamente tra i perduti saremo cercati e salvati; solo se avremo il coraggio di perdere la faccia dinanzi al mondo arrampicandoci su di un sicomoro.

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