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Una presunta congiura antiborbonica in Piedimonte Matese nel 1848

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Malevoli e infondate lingue su alcuni cittadini “sospetti”, poi gli accertamenti sulla loro condotta e la conferma di nessun pericolo. Il timore che una congiura antiborbonica potesse concretizzarsi non aveva di fatto i protagonisti sospettati. 
Singolare e coinvolgente il racconto che viene da “antiche carte” sulle vicende storiche del Matese…
Tra i nomi sotto inchiesta, tuttavia, riemerge a distanza di poco tempo dalle indagini, quello di Pietro Romagnoli, divenuto capo del governo provvisorio a Piedimonte d’Alife. 
Dunque il fiuto di chi lo vedeva avverso all’antica casa reale non era del tutto sbagliato.

 Una presunta congiura antiborbonica in Piedimonte Matese nel 1848

di Armando Pepe

Nel 1848, quando l’Europa era sconvolta dalle Rivoluzioni, anche a Piedimonte una denuncia anonima diede adito ad un’indagine nei confronti di tre facoltosi borghesi al di sopra di ogni sospetto. I funzionari borbonici, temendo che potessero avverarsi circostanze incresciose, attivarono prontamente la macchina burocratica dell’occhiuto regime. Il 22 agosto 1844 dal commissariato di Polizia in Caserta fu inviato uno scarno rapporto al signor intendente [paragonabile all’attuale prefetto] di Terra di Lavoro.

Signore,
Mi è pervenuto per la Posta un esposto anonimo che indica una congiura che si va macchinando in Piedimonte d’Alife. È cosa di non piccolo interesse, come Ella ben vede. Porterebbe non lieve danno alla pubblica tranquillità, pertanto io mi affretto a trasmettergliela. Creda pure di farne quello che stima in sua saggezza.

L’intendente, secondo la prassi, informò il ministero dell’Interno in Napoli, da cui il 24 agosto pervenne un’argomentata e puntigliosa replica:

Ministero dell’Interno e Real Segreteria di Stato
Riservata al solo Intendente della Provincia di Terra di Lavoro (Caserta)

Signor Intendente,
Sebbene persuaso che le cose dedotte nel foglio rimessole da cotesto Commissariato di Polizia abbiano chiamata la sua attenzione, e che perciò sia già intenta a conoscere se sussista la congiura che vuolsi ordita in Piedimonte, credo non pertanto opportuno interessarla a spedir sopraluogo un Funzionario, qualora il credesse convenevole, e ciò nel fine di meglio chiarire la verità, e prendere altresì accurate informazioni sul conto di Don Antonio Onoratelli, Don Luigi Pertusio, e degli altri di cui è parola nel foglio medesimo. Rimango in attenzione dei suoi riscontri in obbietto.

Pel Ministro Segretario di Stato dello Interno
Il Direttore del V Ripartimento
G. Montemarco

Per li rami, procedendo per via gerarchica, il 26 agosto il ministro dell’Interno dispose perentoriamente: «Si faccia un’indagine in Piedimonte». A stretto giro di tempo, un paio di giorni dopo, precisamente il 28 agosto, il sotto-intendente di Piedimonte (sede di un ampio distretto) rispose all’intendente di Terra di Lavoro punto per punto:

«D’accordo con il Commissario Giacinto Orsini, mi sono portato sul posto e, come ero già stato assicurato, la congiura, che volevasi ordita in questo Comune, risultava insussistente. Allego, a ogni buon conto, le biografie dei soggetti indagati. (1) Don Antonio Onoratelli, di anni 50 circa, affamigliato [con famiglia] e bastantemente agiato, 1° Tenente della Guardia Nazionale; trovasi affetto da emottisi, coll’espresso divieto del suo medico curante di fare qualsiasi moto. (2) Don Luigi Pertusio, di anni circa 40, egualmente affamigliato, Capitano della Guardia Nazionale e 1° Sergente della Guardia d’Onore, grado che tuttora conserva. È un ricco proprietario che, avendo la maggior parte delle sue possessioni nel Comune di Dragoni, recasi ivi quasi tutti i giorni, dimorandovi ancora, e dilettandosi particolarmente negli affari di colonia (che brama vedere coi propri occhi), dato che in essi è totalmente immerso. (3) Don Pietro Romagnoli, di anni 37, di professione avvocato, è celibe; 2° Tenente delle Guardie Nazionali, il quale, per tema che gli accadesse qualche sinistro, si è nelle attuali circostanze anche negato di portarsi presso i Tribunali di questa Provincia, ove qualche affare di  sua professione lo chiamava. (4) Don Gennaro Fattore, egualmente affamigliato, dell’età di circa anni 37, tessuto di vilissima complessione; essendo stato da lunghi anni domiciliato in Napoli, non trovavasi a far parte di questa Guardia Nazionale. Per formarsi una grigia idea del suo modo di pensare, basta por mente alla sua istantanea risoluzione di abbandonare la Capitale, restituendosi in questo Comune, appena sorti in quella i trambusti che l’agitavano, e ciò perché teneva caro di conservare la individuale sua tranquillità in seno alla sua famiglia. Dal punto di quanto mi do l’onore di sottometterle pel merito della cosa, Ella vede bene che, se qualche malevolo si è spinto a dipingere una ideale congiura, facendone autori i suaccennati soggetti, è a credersi che qualche inimicizia particolare esistesse tra loro, sia pure che, dipingendoli in tal modo, meritassero di essere espulsi dalla Guardia Nazionale, e così occuparsi i loro posti da altri che forse li ambiscono, e segnatamente nella prossima ricorrenza della parata di Piedigrotta, oppure si è cercato dare una siffatta trista interpretazione a qualche motteggio di niuno conto, che forse si è inteso profferire da taluno dei succitati individui. In ultimo, Le assicuro di essere stata anche salutare la vista del Soldato funzionario in questo Capoluogo, nell’atto che lo spirito pubblico ha serbato, e serba, un regolare andamento.

Il 18 settembre 1848, da Napoli si ordinò di non dare luogo ad ulteriori indagini in quanto il fatto non sussisteva:

Rimango informato essere stata senza fondamento la congiura che si diceva ordita in Piedimonte d’Alife. Ella ha fatto bene che s’indaghi su chi sia l’autore del libello, per adottare severi provvedimenti. Quanto poi a ducati otto e grana cinquanta spesi dal Commissario Orsini per il disimpegno affidatogli in Piedimonte, L’autorizzo a pagarglieli, prelevandoli dai fondi di Polizia della provincia

Pel Ministro dell’Interno, il Direttore del V Ripartimento.

Pietro Romagnoli

Nondimeno, pur avendo constatato l’infondatezza delle accuse rivolte ai tre benestanti cittadini, l’anonimo esposto non era assolutamente scentrato, poiché al tempo dell’unificazione d’Italia, nel fondamentale periodo di transizione a cavallo tra il 1860 e il 1861 l’avvocato Pietro Romagnoli a Piedimonte fu il capo del governo provvisorio. Nel 1867 divenne sindaco pure Luigi Pertusio e poi ancora dal 1873 al 1877. Uomini della Destra storica, che aveva tra i propri leaders Cavour, Ricasoli, Minghetti e Quintino Sella.

Fonte e bibliografia

Archivio di Stato di Caserta, fondo «Intendenza di Terra di Lavoro», serie «Alta Polizia» (Anni 1847- 1859), busta 3, fascicolo 11 «1848. Presunta congiura in Piedimonte d’Alife».

Dante Marrocco, Piedimonte Matese : storia e attualità, Piedimonte Matese, Edizioni ASMV 1999.

Franco Della Peruta, L’ Ottocento : dalla restaurazione alla belle époque, Firenze, Le Monnier 2000.

 

 

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