Profuma di nuovo l’ultimo lavoro di Daniele Ferraiuolo, archeologo e dottore di ricerca in Scienze del Testo. Edizione, analisi, lettura e comunicazione, nonché docente di Archeologia, Epigrafia e Paleografia presso l’Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Edito da Guida editori, I Vescovi di Caiazzo. Lettere al Capitolo (1474-1749) costituisce una fonte preziosa per la ricostruzione della figura del Vescovo, attraverso una serie di lettere inviate al Capitolo di Caiazzo, nella parentesi temporale presa in considerazione.
All’autore alcune domande…
L’INTERVISTA
Come nasce il progetto del libro?
“L’analisi e l’edizione dei documenti epistolari di ambito vescovile rappresenta l’esito naturale di un lavoro di ricerca portato avanti nel 2016-2017, nell’ambito delle attività di valorizzazione dell’Archivio e della Biblioteca fortemente sostenute da mons. Valentino Di Cerbo. Contestualmente ad una massiccia campagna di digitalizzazione del patrimonio librario e documentario della Diocesi e di relativa regestazione maturò l’idea di rendere ulteriormente accessibile il Corpus di lettere inviate dai vescovi al Capitolo di Caiazzo, considerato l’elevato valore storico-culturale della fonte”.
In che modo è cambiata, nel corso del tempo preso in esame, la “figura” del vescovo?
“A partire dall’età medievale, la figura del vescovo ha assunto diverse sfaccettature. Se si osserva, ad esempio, l’attività dei prelati caiatini vissuti nel XVI e nel XVII secolo, emerge con chiarezza uno stile di vita influenzato dai frenetici impegni diplomatici condotti su diversi fronti politici anche di tipo internazionale. In confronto ai vescovi dell’età contemporanea, gli esponenti delle più alte gerarchie ecclesiastiche dell’Età Spagnola furono distolti molto più spesso dall’attività pastorale per questioni di natura politica, quando non strettamente economica“.
In breve, come si compone il Corpus di lettere analizzato?
“La serie Corrispondenza dell’Archivio Storico della diocesi di Alife-Caiazzo comprende 101 missive cartacee originali spedite dai vescovi al Capitolo caiatino. Il Corpus è composto da testimonianze comprese tra il 1474 e il 1749, raggruppate per vescovo mittente. Le lettere, che contengono disposizioni sul buon andamento della Diocesi e su questioni patrimoniali, sono realizzate su fogli cartacei singoli o su bifogli”.
Quali sono le principali fonti a cui hai fatto riferimento per la stesura del volume?
“Le testimonianze di cui disponiamo al momento offrono numerosi e interessanti spunti per l’identificazione di luoghi, persone o avvenimenti. Al di là delle fonti edite citate di volta in volta nell’apparato critico, quali ad esempio le edizioni di alcune importanti platee caiatine, si è rivelata estremamente preziosa la consultazione dei quaderni e dei registri annuali di introito ed esito redatti dai maestri razionali del Capitolo, custoditi nell’Archivio Storico della Diocesi”.
Come scriveva un vescovo? Esiste uno stile che, in qualche modo, può considerarsi comune a tutti i pastori nel tempo della Storia Moderna preso in esame, o cosa li differenzia?
“L’analisi paleografica delle lettere ha fatto emergere un aspetto molto interessante, che riguarda la distinzione tra lo scrivente e l’autore/sottoscrittore dell’epistola. Si potrebbe parlare non tanto di stile scrittorio comune a tutti i vescovi, quanto di una pratica diffusa su larga scala soprattutto a partire dall’Età Rinascimentale, quella del segretariato. Nelle missive caiatine, infatti, la differenza tra la scrittura del testo e la sottoscrizione ha spinto ad ipotizzare la presenza di segretari personali al servizio dei prelati. In base alle loro caratteristiche grafiche, le scritture dei segretari possono essere distinte in tre tipologie differenti: umanistica corsiva, italica e semplice scrittura corsiva“.
Dallo stile linguistico di una persona si evincono anche aspetti del carattere e della personalità. Qual è il tratto più “curioso” che è emerso dallo studio delle epistole?
“Uno dei tratti più curiosi, e allo stesso tempo comuni, risiede certamente nell’apprensione dei vescovi di fronte ad impegni o obblighi di un certo rilievo. È alquanto rappresentativa, per fare un esempio, una lettera scritta dal vescovo Ottavio Mirto nell’imminenza della partenza per un lungo viaggio di Nunziatura a Colonia nel 1587. In essa il Prelato lascia trasparire tutta la sua preoccupazione per il gregge, che in caso di morte del vescovo si sarebbe trovato sprovvisto di una guida”.
Superando il valore scientifico del volume, quale contributo porta un risultato come questo al territorio?
“Credo che l’Archivio e la Biblioteca siano strettamente connessi, sempre e comunque, al contesto territoriale e sociale di cui fanno parte. Questo legame è fatto in buona sostanza di condivisione: condivisione di storie, origini, cultura, radici. Ogni risultato per l’Archivio è dunque un risultato per il territorio. Tuttavia un contributo come questo non costituisce un punto d’arrivo, bensì un punto di partenza. Solo le azioni di valorizzazione e la corretta narrazione della Storia e delle storie possono favorire realmente lo sviluppo culturale, sociale ed economico di un’intera comunità”.
La tua esperienza sugli scavi di San Vincenzo al Volturno in che modo ha contribuito negli anni ad “affinare” il tuo stile di ricercatore?
“Il mio primo appuntamento con San Vincenzo al Volturno risale al 2001, quando avevo solo 19 anni. Da allora ho avuto la fortuna di collaborare ad una delle missioni archeologiche più affascinanti e complesse di ambito medievistico, giungendo, negli ultimi anni, ad occupare il ruolo di responsabile di scavo. Il confronto con colleghi di diversa nazionalità ed estrazione professionale ha certamente inciso sul mio modo di fare ricerca con un approccio interdisciplinare. Sono stato inoltre molto ispirato dall’ambiente in cui mi sono formato, quello del Laboratorio di Archeologia Tardoantica e Medievale dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, che attualmente ha sede a San Potito Sannitico”.
Il valore della ricerca si coniuga con quale atteggiamento interiore?
“Certamente con la perseveranza e con lo spirito di sacrificio. La vita del ricercatore è tutt’altro che semplice”.
Progetti futuri?
“Sono tanti i progetti e anche i sogni. Ho intrapreso da poco un’attività di collaborazione con un gruppo di ricerca francese, finalizzata all’analisi storico-archeologica di alcuni importanti siti monastici europei. Tra i progetti futuri c’è sicuramente quello di portare avanti un’esperienza di ricerca all’estero”.
Appuntamento con l’autore…
Il volume sarà presentato il 20 dicembre, alle 16.30, presso la Biblioteca diocesana “San Tommaso d’Aquino”. Interverranno il professore Giulio Sodano, Ordinario di Storia Moderna presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, che modererà l’incontro; il prof. Antonio Ianniello, Docente invitato di Storia della Chiesa presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale e mons. Orazio Francesco Piazza, amministratore apostolico diocesano, cui saranno affidate le conclusioni.