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San Francesco di Sales. Filotea, “filo rosso” per la vita di ciascuno

Oggi, 24 gennaio, la Chiesa Cattolica celebra la Memoria liturgica di San Francesco di Sales, ispiratore delle Comunità delle Suore Salesie presenti ad Alvignano e a Piedimonte Matese

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Annamaria GregorioOggi (24 gennaio) è San Francesco di Sales, ispiratore della famiglia Salesia, poco noto, però, al comune fedele. Tralasciando le numerose notizie storiche, facilmente consultabili su numerosi siti, l’attenzione è rivolta in particolare ad una sua opera Introduzione alla vita devota, detta anche Filotea (anima che ama Dio), pubblicata nel 1609. Mi è stata regalata, qualche anno fa, da suor Concetta Polimeni, superiora della Comunità Salesia di Piedimonte Matese fino all’agosto scorso, ora trasferita a Padova. Dono-ricordo molto prezioso di una suora davvero speciale, che avrò sempre nel cuore, la Filotea ha rappresentato per me un vero e proprio vademecum spirituale, la cui lettura è stata scorrevole e semplice. Nonostante sia un testo del 1600, in ogni pagina, in ogni passo ho ritrovato tanta attualità! Non potendo fare una sintesi di ben quattrocento pagine, mi limiterò a riportare e descrivere alcuni punti, che possono essere considerati come un “filo rosso” per la vita quotidiana di ciascuno, nella società odierna.

Le suore della Comunità Salesia presente a Piedimonte Matese, che svolgono la loro attività pastorale nella parrocchia Santa Maria Maggiore. Da sinistra: suor Ettorina, suor Celestilla e suor Lucia

Il punto di partenza del percorso tra le righe del testo da cui voglio cominciare è la costante tristezza, che trapela oggi in ogni ambito. San Francesco l’ha affrontata così: “La tristezza che è secondo Dio, dice san Paolo, produce la penitenza per la salvezza; la tristezza del mondo opera la morte. La tristezza può esser insomma buona o cattiva, a seconda dei diversi effetti che produce in noi. Di cattivi effetti ne produce sei, cioè angoscia, pigrizia, indignazione, gelosia, invidia e impazien­za. La tristezza malsana turba l’anima, la getta nell’’inquietudine, provoca timori smodati, fa provare disgusto per la preghiera, fiacca e addormenta il cervello, priva l’anima di saggezza, di risoluzione, di giudizio e coraggio e annienta le forze. Se mai vi accadesse, Filotea, di finire in questa tristezza cattiva, praticate i rimedi seguenti. Se uno è triste… preghi: la preghie­ra è un rimedio supremo, perché fa innalzare lo spirito in Dio… È buona cosa occuparsi di attività esterne e di­versificarle il più possibile, per distogliere l’anima dal motivo della tristezza, purificare e infiammare gli spiriti… Anche la frequenza alla Comu­nione è eccellente; perché quel pane celeste irro­bustisce il cuore e fa gioire lo spirito”.(parte IV-cap. XII).

Busto di San Francesco di Sales (parrocchia Santa Maria Maggiore)
Dunque per sconfiggere la tristezza, ma direi ogni pensiero negativo, bisogna pregare!

San Francesco consiglia: “Siccome l’orazione… espone la no­stra volontà al calore dell’amore celeste, non c’è nulla che meglio di essa purifichi il nostro intellet­to dalle sue ignoranze e la nostra volontà dai suoi attaccamenti depravati… Ma soprattutto vi consiglio l’orazione della mente e del cuore, in particolare quella sulla vita e Passione di Nostro Signore… Lui è la luce del mondo: quindi in lui, da lui e per lui dobbiamo farci rischiarare e illuminare; è l’albero del desiderio alla cui ombra dobbiamo rin­frescarci; è la vera fontana di Giacobbe che lava tutte le nostre sporcizie… restando vicino al Salvatore con la meditazio­ne e osservando le sue parole, le sue azioni e i suoi affetti, anche noi impareremo, con l’aiuto della sua grazia, a parlare, a fare e volere come lui… Non potremmo mai andare a Dio Pa­dre se non attraverso questa porta; perché, come il vetro dello specchio non riuscirebbe a fermare il nostro sguardo se non fosse rivestito sul retro di stagno o piombo, allo stesso modo neppure la Di­vinità si potrebbe contemplare bene, in questo mondo di quaggiù, se non fosse unita alla sacra umanità del Salvatore, la cui vita e morte costitui­scono l’argomento più adatto, soave, delizioso e utile che mai potremmo scegliere per la nostra or­dinaria meditazione… e senza nessun’ansia di recitar­e molte preghiere ma attenta a dire col cuore quel che dite; perché un solo Pater recitato con sentimento val più di molti recitati di fretta e furia”. (parte II – cap.I)

Non basta pregare, bisogna coltivare delle virtù, facendo una scelta

“La regina delle api non parte per i campi se non quando è accompagnata da tutto il suo picco­lo popolo; allo stesso modo la carità non entra mai in un cuore se non tirandosi dietro tutto il seguito delle altre virtù… Dobbiamo essere contenti con chi è contento e piangere con chi piange …  la carità è paziente, benevola, liberale, prudente, accondiscendente. Ci sono tuttavia delle virtù d’uso quasi univer­sale… come la fortezza, la magnanimità, la magnificenza; ma la dolcezza, la temperanza, l’o­nestà e l’umiltà sono virtù che devono impregnare tutti gli atti della nostra vita…. Ognuno deve de­dicarsi in modo particolare a quelle richieste dal genere di vita cui è chiamato…. È utile che ognuno scelga di esercitare in modo particolare questa o quella virtù, non già trascu­rando le altre, ma per tenere meglio il suo spirito pronto e occupato… c’è chi si dedica a servire i malati, chi ad aiutare i poveri, chi a diffondere la dottrina cristiana fra i bambi­ni, chi a recuperare le anime perdute e sviate, chi ad abbellire le chiese e gli altari e chi a metter pa­ce e concordia fra gli uomini…  l’uomo virtuoso che ha cominciato a perfezionarsi nella virtù di cui ha più bisogno per difen­dersi deve continuare a limarla e affinarla con l’e­sercizio delle altre virtù, le quali, mentre affinano quella, diventano a loro volta tutte quante più ec­cellenti e splendide…” (parte III-cap. I)

Le virtù vanno accompagnate anche da uno spirito di povertà

“… cara Filotea, vorrei mettere insieme nel vostro cuore ricchezza e po­vertà, cioè una gran cura e insieme un grande di­sprezzo per le cose temporali… le cose che possediamo non son nostre: Dio ce le ha date perché ci occupiamo di esse, e vuole che le rendiamo utili e facciamo fruttificare; ren­diamo perciò un servizio ben gradito a Dio quando ne abbiamo cura… che la cura dei beni temporali non muti in avari­zia, dovremo molto spesso praticare la po­vertà reale ed effettiva, pur in mezzo a tutte le sostanze e ricchezze che Dio ci ha dato. E allora, date via di continuo una parte dei vo­stri averi, regalandola di buon grado ai poveri; perché donare quello che si ha significa impove­rirsi di quel tanto, e quanto più darete tanto più diventerete povera… Ma se possedia­mo i nostri beni con la cura che Dio vuole e non sono attaccati al nostro cuore, allora, se an­che qualcuno ce li ruba, non per questo perdere­mo la ragione o la tranquillità”. (parte III-cap XV)

Per fare tutto, dobbiamo avere un buon coraggio!

“La luce, per quanto bella e desiderabile ai no­stri occhi, li ferisce tuttavia quando siano stati a lungo al buio … Certamente potrà accadere, mia ca­ra Filotea, che molte agitazioni si facciano sentire nel vostro intimo… Se accade, ab­biate un poco di pazienza… Coraggio, Filotea: quando i piccoli delle api cominciano a prender forma si chiamano ninfe, e a quello stadio non sa­rebbero ancora capaci di volare sui fiori, non dei monti ma neppure delle colline vicine, a racco­gliere il miele; ma a poco a poco, mentre si nutrono del miele che le loro madri hanno preparato, le piccole ninfe mettono ali e diventano forti, di mo­do che dopo vanno in cerca per tutto il territorio. E vero, ancora non siamo che delle ninfe nella de­vozione… nel frattempo di crescere, viviamo con il miele dei tanti insegnamenti che gli antichi devoti ci hanno lasciato e preghiamo Dio che ci dia pen­ne come di colomba, perché possiamo volare non soltanto nel tempo della vita presente ma anche ri­posarci nell’eternità di quella futura. (parte IV-cap.II)

Tutto questo per far comprendere l’amore che Gesù Cristo ha per noi

“Considerate con quale amore Gesù Cristo No­stro Signore ha sofferto tanto in questo mondo, so­prattutto nel giardino degli Ulivi e sul monte Cal­vario: quell’amore vi riguardava, e con tutte quel­le pene e quei patimenti otteneva da Dio Padre buone risoluzioni e buoni propositi per il vostro cuore… Vedete, mia Filotea, è sicuro che dall’albero della Croce il cuore del nostro caro Gesù vedeva il vostro e l’amava, e con quell’amore otteneva per esso tutti i beni che avrete… Non c’è dubbio; come una donna incinta prepara culla, biancheria e pannolini … allo stesso modo Nostro Signo­re, volendo partorirvi alla salvezza e farvi sua figlia, sull’albero della Croce preparò tutto quello che a voi occorreva, la vostra culla spirituale, la vostra biancheria e i vostri pannolini e quanto altro poteva essere opportuno per la vostra felicità … Mi ha amato, dice san Paolo e si è consegnato per me; come se dicesse: per me soltanto, come se non facesse niente per tutto il resto. Questo, Filotea, dovete ben stamparvelo nella vostra anima, per avere ben cara e ben nutrire la vostra risoluzione, che è stata tanto preziosa al cuore del Salvatore”. (parte V-cap. XIII)

Consigliando a Filotea di onorare ed invocare i Santi, emulando il loro esempio di vita ed ad avere una fi­ducia particolare per quello del proprio nome assegnato al Battesimo. (parte II-cap.XVI), Francesco di Sales non avrebbe mai pensato di diventare santo egli stesso e considerato come il Padre della spiritualità moderna. L’amore di Dio fu il costante argomento della sua vita, grande ed unica arma di conversione per i tanti miscredenti del suo tempo. Un modello di Vescovo santo, da emulare anche ai nostri giorni!

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