Oggi, 3 febbraio, la Chiesa celebra San Biagio Vescovo e Martire. Gli episodi miracolosi attribuiti al Santo, vissuto a Sebaste in Armenia, sono numerosi, ma quello più noto è legato alla guarigione di un bambino che rischiava di soffocare a causa di una lisca di pesce fermata in gola. È da ciò che nasce il rito della “benedizione della gola“, attraverso l’unzione o la luce di due candele incrociate, che viene praticata in ogni parrocchia. Una devozione sentita in numerose località dell’Italia e anche nella diocesi di Alife-Caiazzo, dove sono varie le comunità parrocchiali che vivono la festa di San Biagio con devozione sincera.
Da Piedimonte Matese a Castel di Sasso, passando per Dragoni, e fino ad arrivare a Formicola, la fede nel Santo, martirizzato al tempo delle persecuzioni cristiane nel 316 circa, è molto radicata. Questa sera, secondo gli orari soliti, in ogni parrocchia i fedeli che parteciperanno alla Messa potranno ricevere l’unzione della gola.
Il legame che avvicina il territorio diocesano a San Biagio viene rinsaldato anche dalle opere architettoniche e artistiche che lo ricordano: basti pensare che a Dragoni si trova una chiesa intitolata al Santo, mentre a Piedimonte Matese (parrocchia di Santa Maria Maggiore) la Cappella monumento nazionale dal 1926, decorata con affreschi del ‘400 che narrano storie tratte dal Vecchio e Nuovo Testamento e la vita dello stesso Santo titolare.
Il culto di San Biagio è dunque parte integrante di una tradizione popolare, che abbraccia luoghi diversi e si basa su una ritualità concreta e su un sentimento di vicinanza a un santo, noto alla Chiesa Cattolica e a quella Ortodossa e vittima di uno degli episodi di martirio più atroci della Storia.
Oggi le reliquie di San Biagio…
Oggi le reliquie di San Biagio sono conservate nella Basilica di Maratea, città di cui è santo protettore: vi arrivarono nel 723 all’interno di un’urna marmorea con un carico che da Sebaste doveva giungere a Roma, viaggio poi interrotto a Maratea, unica città della Basilicata che si affaccia sul Mar Tirreno, a causa di una bufera. Si racconta che la le pareti della Basilica, e più avanti anche la statua a lui eretta nel 1963 in cima alla Basilica, stillarono una specie di liquido giallastro che i fedeli raccolsero e usarono per curare i malati. Papa Pio IV nel 1563, allora vescovo, riconobbe tale liquido come “manna celeste”. Non a caso a Maratea il Santo assume una valenza particolare e viene festeggiato per ben due volte l’anno; il 3 febbraio, come di consueto, e il giorno dell’anniversario della traslazione delle reliquie, dove i festeggiamenti durano 8 giorni, dal primo sabato di maggio fino alla seconda domenica del mese. (Fonte famigliacristiana.it)