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Peppino Capobianco, comunista a narratore acuto della Seconda guerra mondiale nel Matese

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Matese tra moderno e contemporaneo

1943, La Seconda Guerra Mondiale nel Matese

 di Armando Pepe

Peppino Capobianco
Giuseppe Capobianco (1926- 1994), o più familiarmente Peppino, fu un tenace e integerrimo comunista, durante il secondo dopoguerra impegnato nelle lotte agrarie in provincia di Caserta, fiducioso in un futuro migliore per la classe dei lavoratori, dai costumi spartani, sobrio, elegante e, soprattutto, appassionato e grande studioso di storia; visse gli ultimi anni a Caiazzo, occupato a tempo pieno nel riportare alla luce, insieme a Joseph Agnone, la vera dinamica della strage di Monte Carmignano.

Poliedrico, dai vari interessi, portò avanti diversi filoni di studi, per lo più incentrati sull’età contemporanea, riflettendo pacatamente, ma con fermezza di giudizio, sui mali che attanagliano la nostra provincia e le speranze disilluse. Nella vita attiva difese gli ultimi, in quella contemplativa- in una continua e defatigante ricerca archivistica- si appassionò a personaggi marginali, o caduti nel dimenticatoio, quali il socialista originario di Pietramelara Enrico Leone e il comunista piedimontese Antonio Marasco.

L’ultimo libro
Nel 1995 uscì postumo, a Napoli per i tipi delle Edizioni Scientifiche Italiane, il suo ultimo libro «Il Recupero della Memoria», dal sottotitolo chiarificatore «Per una storia della Resistenza in Terra di Lavoro- Autunno 1943».

In riferimento ai fatti accaduti a Piedimonte e dintorni, gli fu estremamente utile un precedente libro di Dante Marrocco, edito nel 1974, «La guerra nel medio Volturno nel 1943», sistematico e denso di triste memoria.

Il 1943 nel Matese
In relazione alla zona del Matese Capobianco scrisse: «Nel piano di [Albert] Kesselring il Massiccio del Matese era escluso dalla tattica delle azioni ritardatrici [rispetto all’avanzata degli Alleati]; solo marginalmente, perciò, la piana Alifano- Telesina è stata interessata dal passaggio della guerra. Anche il numero dei trucidati da noi censiti, 37 in 13 comuni, ne sono la riprova. Spesso i reparti americani, che da Benevento avanzavano lungo le pendici del Matese, liberavano i vari centri urbani senza combattere. Piedimonte viene liberata senza combattere il 19 ottobre [1943], dopo la battaglia del Volturno. Ciò non vuol dire che questa parte di Terra di Lavoro si sia salvata dalle conseguenze dell’occupazione militare tedesca. Un’accurata ricostruzione degli eventi militari e delle conseguenze della guerra sulle popolazioni è stata realizzata da Marrocco: al suo lavoro rimandiamo per più puntuali riferimenti. Nella zona di Piedimonte d’Alife l’attività preminente delle truppe tedesche viene rivolta alle distruzioni degli impianti ed alle spoliazioni delle risorse, un lavoro attuato in modo pianificato.

“Dal cotonificio di Fratta (Salerno)- scrive Marrocco- un’enorme quantità di tessuti era stata portata in quello di Piedimonte, come luogo sicuro. Ma dopo che i tedeschi, il 13 e il 14 settembre, si accorsero dell’importanza del deposito, dal 23 ne cominciò l’asportazione. Obbligarono gli stessi operai, sicché dal 25 cessò la lavorazione. Alcuni ufficiali presidiavano alla sistematica asportazione. Nei giorni seguenti fu saccheggiato l’altro gran deposito di stoffe della Ditta Riselli [a Piedimonte], e dal 1° ottobre il saccheggio fu esteso a tutti i fondachi e le vendite. Il 3 cadde in mano tedesca tutto il deposito agricolo Scorciarini Coppola [a Piedimonte]. Ancora il 4, il saccheggio continuava in tutti i magazzini del paese e, in campagna, nelle masserie. Presso il Lago Matese, oltre 400 bovini e migliaia di quintali di patate furono prelevati dalla Ditta Cirio. Il 26, al mercato [in Piedimonte], ammassamento degli animali: parecchie centinaia, requisiti anche nei paesi vicini (dietro bando del Comando tedesco). Il 7 ottobre fu la volta del Consorzio agrario provinciale [a Piedimonte]: sui 700 ettolitri di olio, e gran quantità di semi e di fertilizzanti”.

All’enorme danno inferto all’economia della zona, anche la beffa: “I tedeschi- scrive Marrocco – distribuirono un po’ d’olio e fotografarono la calca e l’arrembaggio del popolo affamato”. Poi cominciano le distruzioni degli impianti industriali e di vari immobili della città [di Piedimonte]: il 15 ottobre viene fatta saltare la condotta della SME (Società Meridionale d’Elettricità); il 16 vengono distrutte la centralina e la turbina del Cotonificio, e dato alle fiamme il palazzo Merola; il 17 viene fatta saltare la Centrale elettrica e dato alle fiamme il Palazzo ducale; il giorno 19, poco prima di abbandonare la città, “verso le 9- scrive Marrocco-, l’enorme fabbricato del Cotonificio si solleva e scompare nel fuoco con uno scoppio che sembra una scossa di terremoto”; intorno, la gran parte delle abitazioni viene data alle fiamme. Il 24 viene distrutta la Centrale elettrica di Prata Sannita. Un episodio emblematico fu la liberazione dei rastrellati di San Salvatore Telesino (128 uomini), portati a Piedimonte d’Alife ed utilizzati anche per il carico della produzione del Cotonificio; “ad essi- ricorda Marrocco- il maresciallo dei Carabinieri Guerriero, convinto dal vescovo di Alife, monsignor Luigi Noviello, aprì le porte del carcere e poi sparì”.

Ed ancora, i giovani di Raviscanina che disinnescano le mine che i tedeschi in ritirata avevano piazzato sotto le abitazioni per ostruire le strade, la cattura di militari tedeschi da parte di giovani di Sant’Angelo d’Alife, i quali fanno da guida ai reparti americani per la liberazione del paese, la romanzesca vicenda, compiuta da Luigi Mezzullo a Valle Agricola, che si conclude drammaticamente con la fucilazione di due giovani sbandati (Capobianco, pp. 109- 111)».

 Bibliografia
Giuseppe Capobianco,  Il recupero della memoria. Per una storia della Resistenza in Terra di Lavoro-  autunno 1943, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane 1995.

Dante Marrocco,  La guerra nel medio Volturno nel 1943, Napoli, Tipografia Laurenziana 1974.

Giovanni Cerchia,  La seconda guerra mondiale nel Mezzogiorno. Resistenze, stragi e memoria, Milano, Luni 2019.

 

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