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Dragoni. Eugenio Ruberto “ritorna” in campo

Eugenio Ruberto, tredicenne di Dragoni, affronta la sua malattia con esemplare tenacia, grazie alla presenza della sua famiglia, alla fede e al Basket

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Eugenio (il secondo da sinistra) con i suoi compagni di squadra. Foto Facebook

“Ecco, sono io”: tre piccole parole, ma efficaci per presentarsi, capaci di arrivare dritte al cuore di chi le legge. Sono le parole che Eugenio Ruberto sceglie per farsi conoscere e che compaiono sulla home page del suo blog personale. Eugenio, classe 2006, vive insieme a papà Remigio, mamma Pina e la sorellina Francesca a Dragoni, dove le sue giornate scorrono tra le lezioni a scuola, le attività in parrocchia e gli allenamenti di Basket con i compagni di squadra. La quotidianità di Eugenio, spensierata come può essere quella di qualsiasi altro ragazzo della sua età, subisce un’improvvisa battuta d’arresto alcuni mesi fa, a causa di una grave malattia che lo porta a combattere con qualcosa di spaventoso per un ragazzo di 13 anni.

È grazie al suo amato Basket che Eugenio “torna” in campo, vivendo una nuova primavera, è il caso di dirlo in queste giornate di bel tempo che lasciano pregustare la stagione della “fioritura”. È proprio il suo allenatore, Gaetano Santoro, a testimoniare la forza d’animo del giovane Eugenio, raccontandoci il ritorno in campo del ragazzo, un episodio che commuove e sorprende, positivamente e teneramente sorprende.

Eugenio sa che la sua battaglia deve affrontarla sì a piccoli passi, ma con tenacia, col sorriso e con la fede sempre; di ciò è convinto Eugenio, che vive sulla sua pelle le difficoltà connesse alla malattia, ma anche la sua famiglia, consapevoli che condividere con altre persone la sofferenza, le tensioni, le angosce, ma anche la soddisfazione legata ai positivi risvolti dello stato di salute di Eugenio, serva ad infondere speranza in lui, quella speranza di cui tanto ha bisogno per affrontare con dignità una così dura prova. Nasce da qui l’idea di dare vita a una pagina Facebook e al blog eugenioruberto.it, che raccontano la storia di Eugenio; spazi aperti all’interazione, alla possibilità di “tendere la mano” partecipando alla vicenda di Eugenio, come membri della stessa famiglia, e alla donazione. Rientra nelle intenzioni di Eugenio e della sua famiglia, infatti, quella di raccogliere fondi a favore dei piccoli pazienti del Policlinico “Gemelli”, dell’Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù” di Roma e per l’acquisto di attrezzature nuove e tutto ciò che possa rendere l’Oratorio parrocchiale di Dragoni un ambiente ancora più attraente per bambini e ragazzi.

 IL RACCONTO DEL COACH 
“Vi sarete sicuramente affezionati per l’ingiustizia che la vita gli ha riservato, avrete pregato per la sua guarigione, e chi più e chi meno, fatto sentire il proprio amore a lui e ai suoi straordinari genitori. Eugenio, Remigio e Pina, (e non dimentico la piccola Francesca) non sono, però, a caso della persone speciali, dotati di una bontà fuori dal comune, che per l’ennesima volta hanno dimostrato, dandoci una lezione di come si deve affrontare la vita. Non voglio però cadere nella retorica, limitandomi a raccontare solo i fatti.

È un normale sabato mattina, che precede il solito pomeriggio fatto di partite , quando all’ora di pranzo quattro genitori mi comunicano che i loro figli sono stati colpiti dal virus influenzale. Mi restano solo 7 ragazzi a disposizione, situazione che da regolamento ci farebbe perdere la gara a tavolino; a questo punto chiedo sul gruppo dei genitori se qualcuno dei ragazzi è in grado quantomeno di venire in panchina, non passano che pochi minuti, precisamente cinque, che ti arriva la risposta che mai ti saresti aspettato: “Puoi considerare Eugenio!

Resto incredulo, non ci credo, penso che Remigio stia scherzando, invece non è così.
Passano poche ore, e lui e lì, fa il suo ingresso in palestra accompagnato sotto braccio da Pina, piano piano si avvicina al tavolo per fare il riconoscimento, si sbottona il giubbotto e alla domanda dell’arbitro: ‘Ruberto, risponde, ‘Eugenio 28‘.
Poi si accomoda in panchina e con il suo ormai inconfondibile cappellino nero assiste alla gara incitando i compagni in campo e rincuorando quelli in panchina.
I ragazzi lottano, battendosi come mai prima avevano fatto al cospetto di un avversario più forte, perdono (perdiamo), piangono per la sconfitta, ma alla fine per loro è comunque una festa.
Eugenio ha una speranza, ed è l’unica e sola cosa che conta.” (Dal Blog)

 

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